L’energia dell’imprevisto nella “nuova stanza” di Andrea Branzi

L'architetto e designer racconta la sua mostra “La nuova stanza”, allestita non in galleria, ma all’interno di uno showroom milanese.

Di solito, le mostre vengono prodotte per le gallerie: collezioni inedite, realizzate per un’occasione sono presentate negli spazi algidi e prestigiosi della galleria di design. Questa volta non è andata così e alcuni lavori recenti di Andrea Branzi sono stati esposti nello showroom milanese di Pianca. Non si tratta di lavori omologati ma di materiali che nascono da intuizioni, sperimentazioni e ispirazioni diverse. È qui, tra gli arredi Pianca, che la collezione degli Archetipi creata per la galleria Antonia Jannone convive accanto agli oggetti in plexiglas fatti da Giovanni Scacchi e alle ceramiche dei Portali, micro-ambienti con vasi e fiori che fanno parte di un’altra serie ancora. Il ritmo della mostra è scandito dalla presenza insistente dei Buratti e dei Pinocchio. Questa complessità di contraddizioni non fa urtare i lavori l’uno con l’altro ma esprime un’energia improvvisa e luminosa che nutre e dà vitalità.

Foto Andrea Martiradonna
Andrea Branzi, La nuova stanza, Pianca & Partners. Foto Andrea Martiradonna

Lo spazio inedito dello showroom sembra aver liberato opportunità inaspettate. Che riflesso ha avuto lo spazio sulla mostra?
È come se ci fosse stato un catalizzatore che ha trovato una localizzazione nello spazio dello showroom. Le opere convivono bene in questo contesto e si è creata una condizione espressiva nuova: una contaminazione tra logiche diverse. L’occasione è stata quella di mettere insieme disegni e progetti nati recentemente, in gran parte durante l’isolamento dovuto al coronavirus che ha determinato una condizione creativa interessante. L’ho trovata una mostra poco prevedibile che corrisponde anche al momento che stiamo attraversando.

In questa mostra prevale l’idea di un progetto imprevedibile, non previsto, non finalizzato. Come l’arte: non serve a niente però diventa indispensabile.
Marusco. Burattino in feltro, stoffa e legno, 2019, Pianca & Partners.

Parliamo del titolo della mostra: cosa rappresenta l’idea di “La nuova stanza”?
Mi sembra che stiamo progressivamente terminando questo periodo d’isolamento e questo mi ricorda quella condizione di quando si è bambini e si ha avuto magari una bronchite o un’influenza, poi però poi ci si riaffaccia alla finestra e si rivede il mondo che è completamente rinnovato. Mi ricordo che Giorgio De Chirico, a proposito della nascita della corrente della Metafisica, parla proprio di questa condizione: quando, dopo una convalescenza, si ha una capacità nuova di vedere le cose, di farsi sorprendere e di scoprirle come se fosse la prima volta. Questa è una convinzione che credo dovesse essere rappresentata in questa mostra che è una mostra diversa: una stanza nuova.
“Una stanza nuova” vuol dire non uno spazio progettato in maniera complicata ma un ambiente domestico che cambia di significato ed è invaso da molti altri messaggi creativi. La presenza dei burattini, dei Pinocchio, di queste cose che sembrano appartenere all’infanzia, sono una forma creativa che in questo momento m’interessa molto. Un design che è un po’ una sorpresa anche per me stesso. Non è quel design che cerca di risolvere le cose ma piuttosto che apre nuove domande. Non dà delle risposte ma apre a spazi nuovi, non funzionali.

Andrea Branzi, La nuova stanza, Pianca & Partners. Foto Andrea Martiradonna

Ci spieghi cosa intende.
Cosa sono i burattini, i Pinocchio? A me, sembrano oggetti sorprendenti che non hanno una funzione precisa. A cosa serve il burattino? Apparentemente il burattino non serve a niente. Le cose che non servono a niente sono oggetti che appartengono alla poesia, alla letteratura o all’invenzione. Sono come occasioni di un racconto che m’interessa molto perchè spesso, invece, i racconti sono premeditati, mentre nel progetto deve esserci anche una sorpresa inattesa. Molte volte io ho delle sorprese rispetto al mio lavoro. Chiunque produca musica, arte o letteratura inizia il lavoro senza sapere dove andrà a parare poi, alla fine, conclude con una sorpresa. Quindi questi giocattoli sono sempre delle sorprese eleganti oppure non eleganti o letterarie. Non m’interessa sapere esattamente quello che deve fare: lo faccio e poi sono sorpreso di averlo fatto. 

Quindi è un processo creativo indipendente, non un’esigenza che spinge a realizzare una forma che veicoli un concetto.
Io ho fatto anche molti progetti industriali ma in questa mostra prevale l’idea di un progetto imprevedibile, non previsto, non finalizzato. Come l’arte: non serve a niente però diventa indispensabile. È una modalità tipica del design che non risolve i problemi ma li apre.

Esiste anche la produzione di serie che ha una sua grande nobiltà ma poi c’è la necessità di creare eccezioni, diversità, contaminazioni.

Cosa avviene dal punto di vista del fruitore?
Nella cultura, non c’è una corrispondenza precisa a delle necessità: uno scrive un romanzo perché lo vuole scrivere. È un procedimento che non è mai razionale o preciso, dove tutto funziona per risolvere questioni. Fa l’inverso: apre delle questioni. Si fa un dono inatteso a qualcuno che non se l’aspettava perché magari quell’oggetto gli piace, lo capisce, guarda un Pinocchio e pensa alla propria infanzia oppure pensa che sia inutile – ma questo succede anche se uno pensa di fare dei progetti funzionali e razionali, dove tutto torna. Poi invece c’è la sorpresa, c’è l’incidente, c’è l’imprevisto. E questo è molto importante.

Pinocchio 10. Tecnica mista su carta, 2020, 29,7 x 21 cm.

In che modo le opere esposte intrecciano un dialogo con il quotidiano?
Lo intrecciano nel senso che sono delle sorprese, delle presenze impreviste e in qualche maniera è un presente continuo, non c’è un confronto con il passato o con il futuro. Nel mio lavoro c’è sempre la ricerca di un presente continuo che stringe la sorpresa e crea un’energia conoscitiva, in certi casi fortunati. E questo è un dato importante nel progetto. In architettura e nel design, si è fatto troppo in risposta a una domanda chiara, esplicita e prevedibile di sistemare le cose. Invece, poi, nella vita conta anche il metterle in contrapposizione, creare un’energia che non è prevedibile, è un’energia di linguaggi diversi, di materiali diversi. Quindi non sono prodotti di serie. Esiste anche la produzione di serie che ha una sua grande nobiltà ma poi c’è la necessità di creare eccezioni, diversità, contaminazioni. Questo fa parte dello scenario umano e quindi fa parte della natura.

Chi:
Andrea Branzi
Cosa:
La nuova stanza
Dove:
Pianca & Partners
Indirizzo:
via di Porta Tenaglia 7N3, Milano
Quando:
fino al 2 aprile 2021

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