LAN Architecture: Traces

Nel volume Traces, elegante e corposo, lo studio parigino LAN Architecture celebra e documenta un decennio del suo percorso nel mondo dell’architettura.

LAN Architecture: Traces
LAN Architecture, Traces, Barcelona, Actar, 2013, pp. 623
“In questa professione non si trova mai pace.” Con queste parole l’architetto francese Jean Nouvel esprime la bellezza essenziale ma anche la problematicità dell’essere architetto: un paradosso chiaramente sotteso a questo libro di LAN.
Nella sua passione l’“architetto” spesso intreccia lavoro e piacere, in un continuum che è la realizzazione concreta di un particolarissimo appetito per la vita. Questa condizione pressoché inevitabile rappresenta al meglio l’essenza di Traces, il libro di 623 pagine di LAN Architecture di recente pubblicazione: un alternarsi di brevi narrazioni di riflessione, che si dispiegano in una varietà di esperienze urbanistiche, e di progetti o sezioni tematiche di carattere più informativo. In altri termini una versione piacevolmente nuova del genere costituito dalle monografie d’architettura.
LAN Architecture: Traces
LAN Architecture, Traces, Barcelona, Actar, 2013, pp. 623
Ma la monografia d’architettura è davvero un genere a sé? Se Le Corbusier reinventò la categoria nel 1923 con Vers une architecture (trad. it. di Pierluigi Cerri e Pierlugi Nicolin, Verso una architettura, Milano, Longanesi, 2004) molti, prima e dopo di lui, hanno messo le loro capacità di scrittura al servizio di altrettanto delicate operazioni di autopromozione. In Raisons d’écrire. Livres d’architectes, 1945-1999, pubblicato nel 2013, Pierre Chabard e Marilena Kourniati analizzano le ragioni che spingono gli architetti a scrivere, meravigliandosi di quanto l’architettura possa estendersi oltre la costruzione e nell’ambito librario. (Cfr. Pierre Chabard, Marilena Kourniati, a cura di, Raisons d'écrire - Livres d'architectes (1945-1999), Paris, Éditions de la Villette, 2013.)
Analizzando opere come L’immagine della città di Kevin Lynch (1960), Imparare da Las Vegas di Steve Izenour, Denise Scott Brown e Robert Venturi (1968), L’architettura della città di Aldo Rossi (1966) e perfino Metacity/Datatown del gruppo MVRDV (1999) i saggi raccolti in questo volume riflettono su come – privilegiando l’articolazione tra testo e immagine, e quella tra discorso e percorso – le monografia d’architettura siano fondamentalmente differenti da altri generi editoriali.
Un’altra tradizione architettonica storicamente si intreccia a quella del libro d’architettura: il Grand Tour. È noto che il Grand Tour, il tradizionale giro d’Europa diffuso fin dal Seicento, per gli europei benestanti fosse un rito di passaggio formativo. La tradizione si spense con la diffusione del trasporto ferroviario e oggi, nell’epoca della Ryan Air, i giovani europei possono spezzettare il loro percorso turistico in numerosi, più brevi viaggi aerei. È tuttavia è questa tradizione che spira nella pagine di Traces, per quanto il percorso sia mischiato e sparso in un certo disordine.
LAN Architecture, Traces, Barcelona, Actar, 2013, pp. 623
LAN Architecture, Traces, Barcelona, Actar, 2013, pp. 623
LAN (ovvero Local Architecture Network), studio parigino fondato nel 2002 dal francese Benoît Jallon (1972) e dall’italiano Umberto Napolitano (1975), si è fatto un nome nel corso degli anni con progetti come la residenza per studenti di rue Pajol, nel XVIII Arrondissement di Parigi (2007), le Neue Hamburger Terrassen in Germania (2009) e il liceo e la piazza di Chelles, subito fuori Parigi (2012). Più di recente ha vinto il prestigiosissimo concorso d’architettura per la ristrutturazione e l’ampliamento del Grand Palais sugli Champs Elysées.
In certo qual modo esponente della “generazione Erasmus”, LAN (che ha partecipato alla mostra Erasmus Effect, a cura di Pippo Ciorra, al MAXXI di Roma, 2013-2014) ha raggiunto il compimento del suo primo ciclo vitale e quindi ha sentito il bisogno di “definire l’architettura e il [suo] modo di praticarla, soprattutto come sforzo comune, nel quale le idee e le esperienze di ognuno entrano a far parte di una visione e di un progetto comuni”.
Per LAN la città è tanto il punto di partenza quanto il punto d’arrivo dell’architettura, cosa chiaramente avvertibile nell’organizzazione interna del libro, che oscilla tra ordine rigido e caos creativo. Traces, che non è un catalogo di progetti, è una raccolta di episodi scollegati. “Ora tutto va definito per parole chiave, tracce che dobbiamo necessariamente seguire”, dichiara Napolitano nella prima parte del libro. Oggetto di pregio, Traces è fatto di ‘taccuini” bianchi e neri ritmicamente alternati. Quelli bianchi contengono scritti, riflessioni, osservazioni, e costituiscono una raccolta di brevi saggi intitolati con il nome delle città che hanno loro dato vita (da Barcellona a Mosca, Istanbul, Roma, Oporto, Beirut ed Helsinki, passando per Atene, Dublino, Capri, Rotterdam e Friburgo), che illustrano una serie di domande e di ipotesi. Quelli neri, invece, sono più strettamente legati ai progetti e alle ricerche di LAN, comunque presentati in vari modi originali (attraverso temi come la densità, architettura e potere, i progetti urbanistici, il clima e così via). Nessun ordine cronologico o geografico, solo la netta regolarità dello schema bianco e nero della scacchiera. Uno schema che inizia a disintegrarsi solo verso la fine del libro con un capitolo dedicato non a una città reale ma alla “città di H” e che propone H, poetico racconto di fantascienza realizzato da Napolitano e da Jallon come progetto di laurea, nonché atto costitutivo di LAN.
Il libro ha un tono molto personale. La sequela delle città viene raccontata dalla voce di Napolitano, voce che talvolta può apparire un po’ troppo intima e quindi a volte fastidiosa. Consapevole di questo modus operandi vagamente narcisista Napolitano – prima di prenderci per mano e accompagnarci in una serie di cene mondane, convegni e concorsi – inizia ammettendo che a tutti piace vedere il proprio nome sulla copertina di un libro. Ma, nonostante questo filo conduttore, attraverso le pagine del libro si affronta una miriade di temi e di idee affascinanti: la frammentazione della città, l’importanza della comunicazione, la fotografia d’architettura, l’insegnamento e perfino l’Italia (attraverso gli scritti di Roberto Saviano e la mozzarella di bufala).
LAN Architecture, Traces, Barcelona, Actar, 2013, pp. 623
LAN Architecture, Traces, Barcelona, Actar, 2013, pp. 623
In termini di contenuto Traces potrebbe essere giudicato un insieme eterogeneo. Ma in termini formali va visto come un’affermazione: un oggetto scandalosamente corposo per il mondo dematerializzato di oggi. E quindi non è una sorpresa che LAN abbia scelto Actar, l’editore catalano divenuto famoso nei primi anni 2000 per aver realizzato bei libri oggetto come Mutations di Rem Koolhaas (2001), Domesticity at War di Beatriz Colomina (2006) e il libro-rivista Verb con la relativa collana. E, come altri titoli di Actar, Traces è molte cose contemporaneamente: una raccolta di saggi, un ampio sommario, un album di immagini, un progetto di archivio e di portfolio, un diario retrospettivo, una critica della condizione contemporanea e via di questo passo. Nonostante una certa tendenza alla strategia comunicativa autopromozionale Traces è una godibile testimonianza e una lucida presentazione di un mondo che è al contempo strano, difficile e incantevole.

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LAN Architecture, Traces, Barcelona, Actar, 2013, pp. 623
LAN Architecture, Traces, Barcelona, Actar, 2013, pp. 623

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