Jean-Michel Frank. Un décorateur dans le Paris des anées 30
Sous la direction de Pierre-Emmanuel Martin-Vivier
Norma Éditions, Paris 2009 (pp. 140 s.i.p.)
Si entra volentieri e quasi accompagnati
in questo catalogo a più mani che celebra la
mostra a cura della Fondation Bergé/Saint
Laurent in corso a Parigi ancora fino al gennaio
2010.
Una grafica che rinuncia alle celebrazioni
pompose tipiche delle monografie preannuncia
con i suoi salti di colore e i suoi cambi
di ritmo un personaggio piuttosto 'speciale'
che ha cambiato anche più volte scena
fino alla prematura scomparsa nel 1941 per
mano sua. Figura poco spiegabile se non nella
Francia tra le due guerre dove le punte
tradizionaliste della nobiltà si toccano con
l'avanguardia sperimentale, Frank è il decoratore per eccellenza, il continuatore di una
tradizione almeno bicentenaria che rivisita
Percier e Fontaine e tutti i Luigi di Francia
con una rarefazione insolita nel restante déco
francese. Arcaismo e anonimato sono i poli
tra cui si muove la sua modernizzazione soft
ma il surrealismo bussa alla porta e non si
può negare l'ingresso a una così prepotente
umanizzazione dell'oggetto.
Così mentre egli coltiva una certa neutralità
del contenitore foderandolo con pergamena
come con fibra di paglia, con foglia
d'oro come con pannelli di quercia decapata
che ne suggeriscono quasi la sua ideale
sparizione, egli prepara contemporaneamente
quel basso tono dell'interno perfetto per
ospitare l'estro del nuovo oggetto surrealista
che accenderà diversamente la scena. In
questo sdoppiamento di ruolo egli è da una
parte progettista quando si prende carico del
perimetro murario e rivisita le tipologie di un mobile più "di base", mentre si fa imprenditore
(o editore o piccolo produttore) quando
vuole spingere sulla accelerazione modernista
lasciando la parte del leone a Dalí, a
Giacometti, a Christian Bérard che entrano
in successione nella sua scuderia. La sua
vetrina pubblica sarà il negozio aperto in rue
Faubourg Saint Honoré nel 1935 che resisterà
fino al 1939: due vetrine simmetriche
dove consolle esilissime e di poca profondità
rivestite in pelle di squalo possono trovarsi
sormontate da grandi riflettori industriali
in metallo producendo piccoli contrasti di
modernità che lo collocano lontano da Le
Corbusier così come altrettanto lontano dal
mondo delle arti decorative dei Ruhlmann o
dei Leleu. In un percorso tutto suo, il mondo
di riferimento si colloca a livello dello
straordinario dove straordinari sono i suoi
mecenati come i visconti di Noailles con il
loro hotel particulier straripante di Rubens,
Goya o Balthus, straordinaria la scatenata
Marie Laure infaticabile sponsor di perfomance
interdisciplinari, straordinari clienti
come Elsa Schiaparelli, Nelson Rockefeller,
Jean-Pierre Guerlain o l'industriale agro-alimentare
argentino Jorge Born.
Frank chiede all'interno di rappresentare
non tanto se stesso in prima persona (di
qui quell'abbassamento iconico che qualcuno
vede come proto-minimalismo) quanto una
poetica come prodotto di una cerchia intellettuale,
di una congregazione di più menti
sotto un unico spirito manifatturiero. Senza
l'apporto di più sensibilità, senza una sinfonia
dove è ammesso e coltivato il contrasto,
si rischia visibilmente ancora una volta lo
'stile'.
Non c'è stile ma sottile attenzione a
lasciar protagonisti i Matisse, i Léger e i
Picasso nel salone di Rockefeller a New
York (1939) dove una pannellatura in acajou
nasconde armadi e ripostigli nelle curve di un
rettangolo stondato. Non c'è stile ma drastico
annientamento del mobile nell'arredo
fisso della pannellatura a Parigi nel soggiorno
Artaud (1936) dove il bianco su bianco del
perimetro della stanza si alimenta di una
minima quadrettatura a rilievo (ne consegue
un arredo altrettanto squadrato). Nel 1939
l'addio a Parigi per motivi razziali destinazione
New York. Poi Buenos Aires nel 1940 per
tornare a New York l'anno successivo dove
deraciné, costretto all'emisfero occidentale e
senza speranze di bissare un ambiente come
quello parigino che ora gli appare come storicamente
irripetibile, si getterà da un grattacielo.
Manolo de Giorgi
Jean-Michel Frank
Figura poco spiegabile se non nella Francia tra le due guerre dove le punte tradizionaliste della nobiltà si toccano con l'avanguardia sperimentale.
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- Manolo De Giorgi
- 15 gennaio 2010