di Roberto Gamba
Il design parla italiano - Vent’anni di Domus Academy/Design Speaks Italian - Domus Academy Story Gian Luigi Falabrino Libri Scheiwiller, Milano 2004 (pp. 328, € 30,00)
I corsi di Domus Academy non guidano alla semplice progettazione del prodotto, ma fanno arrivare a esso giovani di ogni parte del mondo, attraverso studi di ecocompatibilità, di servizio e di funzione, con una visione innovativa, che li ha resi celebri.Nel 1983, mentre il design italiano si imponeva nel mondo, ma non lo si insegnava in nessuna particolare istituzione, se non nelle ‘botteghe’ dei designer e negli studi di architettura (soltanto nel 1997 il Politecnico di Milano si è dotato di una Facoltà di design), essa è stata fondata per un’intuizione di Maria Grazia Mazzocchi con Pierre Restany, Alessandro Mendini, Alessandro Guerriero, Valerio Castelli.
Questo libro ne celebra vent’anni di insegnamento: moda, design industriale, urban management, interactive design; si offre a una lettura piacevole e gratificante e in un certo senso consente sensazioni positive non solo di tipo intellettuale. È ben stampato, con caratteri tipografici chiari e ben impressi (Goudy per i testi, Franklin Gothic per i titoli); offre una distribuzione grafica degli scritti e delle immagini varia e armonica; una carta ben patinata, una rilegatura in brossura, robusta, ma non ponderosa.
Elegante è la sua confezione; i testi sono su due colonne, da una parte l’italiano e, a destra, in caratteri blu, la traduzione inglese; le immagini, il più delle volte di piccole dimensioni, hanno le didascalie raggruppate nelle ultime pagine. Nella prefazione, Gillo Dorfles conferma l’impegno, l’intuito e, circa i futuri sviluppi della disciplina, la preveggenza con cui fu fondata Domus Academy.Dopo, il libro si articola in due parti: la prima raggruppa in capitoli, intervallati da brevi dichiarazioni di personalità che testimoniano diversamente l’esperienza vissuta con la scuola, gli scritti di Gian Luigi Falabrino, che è giornalista, saggista, docente di storia della comunicazione.Vi si fa la storia dell’Editoriale Domus e poi quella di Domus Academy; poi si citano le carriere e i successi conseguiti dai fondatori, in giro per il mondo.In un capitolo si definisce Domus Academy “molto più di una scuola”, vale a dire “un centro dal quale si irradia cultura anche non specialistica” e si elencano le sue iniziative: edizioni di volumi (saggi, lavori in corso, traduzioni), coedizioni, il periodico DA Agency, mostre, convegni, concorsi.
In altri si spiegano le attività specifiche, i master, i corsi tematici e specialistici, il Centro ricerche, perno fra aziende e didattica, distintosi per gli studi pionieristici sulla scomposizione e il riutilizzo di materiali come la plastica e per i progetti di design dei servizi e delle funzioni informatiche. La seconda parte, a cura di Gian Luigi Falabrino e Maria Grazia Mazzocchi, è composta da “colloqui e pensieri”, sviluppati da ventisei collaboratori, riportati secondo l’ordine alfabetico dei loro cognomi. I testi possono risultare di gradevole lettura, anche a coloro che non abbiano conoscenza diretta degli autori, per la varietà delle esperienze umane e professionali riportate. Francesco Binfarè ricorda una lezione/esercitazione del suo master, svolta come un’allegra scampagnata, che diede risultati progettuali carichi di umanità, energia e fascino creativo.
Dopo Guido Borelli che racconta i motivi e le ragioni che hanno portato al progetto di un master in Urban management & city design, dedicato ai temi della città; Roberta Boscotrecase ne spiega il programma di lavoro, nei quattro anni svolti quale coordinatrice di esso. Andrea Branzi ripercorre la storia del design con illuminanti considerazioni su razionalismo e radicalismo; quindi riporta la vicenda di Domus Academy con gli occhi di chi ne ha vissuto la fondazione.Ampelio Bucci affascina il lettore, raccontando le origini agricole della sua carriera intellettuale, imprenditoriale e di esperto di programmazione aziendale.
Giulio e Valerio Castelli sono intervistati da Maria Grazia Mazzocchi e espongono il ruolo che hanno l’industria e il sistema produttivo italiano, rispetto all’ambito scolastico e culturale del design. Dante Donegani propone i temi del master in design da lui diretto.Gianfranco Ferrè, architetto e designer di grande successo, giustifica e valorizza il rapporto che si è creato nel suo lavoro tra l’esperienza tecnica e culturale e quella creativa. Emilio Genovesi sintetizza i due decenni di Domus Academy dal suo punto di vista di direttore, venuto dalle esperienze politico sindacali e di marketing aziendale: è stato messo ai vertici, per curare l’organizzazione della scuola; è succeduto a Ezio Manzini e, con lui la scuola, che era stata, nei primi dieci anni, espressione di una tendenza, è diventata un grande contenitore – produttore di atti progettuali. Giovanni Lanzone invita a “progettare la soglia tra desiderio e creatività”, invece che la “centesima versione di una sedia”.
Riconosce che Domus Academy ha reso la sua Milano migliore alimentandone la capacità di invenzione e innovazione.Ezio Manzini elenca i temi affrontati nella scuola: i nuovi materiali; i processi produttivi; i prodotti interattivi, tema questo davvero anticipatore.Nancy Martin rievoca gli anni passati a insegnare l’arte e il linguaggio del materiale tessile, nel master in fashion design. Stefano Marzano definisce compito del design quello di creare visioni realizzabili e di preoccuparsi della sua esecuzione: è necessario prefigurare un futuro migliore, ma con professionismo maturo e realismo. Alessandro Mendini si dichiara non insegnante, ma enuncia in ordine di importanza le scuole milanesi di design, il Politecnico, gli studi professionali, Domus Academy, poi Brera e le altre scuole.
Claudio Moderini spiega il significato della progettazione interattiva, quale ricerca di soluzioni che integrino tecnologie digitali e che ne sfruttino le potenzialità, sincronizzandole con la realtà fisica.Francesco Morace, che insegna socioeconomia previsionale – disciplina trasversale, utile a tutte le tendenze – espone esperienze e significati delle analisi sociologiche a contatto con gli sviluppi dei vari settori del design.Elena Pacenti giustifica la sua scelta di continuare a fare ricerca nell’ambito dei servizi tradizionali, ove negli anni passati si sono verificati un ampliamento del mercato e una domanda di una progettazione consapevole. Antonio Petrillo, nella dettagliata rassegna sull’opera di ricerca della scuola, sottolinea l’importanza del design strategico (per l’industria). Pierre Restany riferisce i motivi che hanno portato alla fondazione di Domus Academy, il prendere corpo di una nuova filosofia del design, basata su di una cultura realista dell’individuo e della fattibilità produttiva. Rodrigo Rodriquez celebra e loda il design italiano, il sistema produttivo e lo stimolo dato alla loro evoluzione da Domus Academy; di questa critica la generosità, senza ritorno, con cui ha diffuso nel mondo la propria cultura del progettare.
Marco Susani riporta le definizioni attribuite al Centro ricerca, che ha sostenuto l’evoluzione della cultura del design, attraverso la concretezza di progetti sperimentali. Barbara Trebitsch ammette l’importanza formativa, per la sua vita personale e professionale di fashion designer, degli anni trascorsi quale studente della scuola, poi quale responsabile di progetto per il settore moda. Clino Trini Castelli espone i contenuti educazionali del design primario: il colore, la qualità, la capacità di suscitare emozione. Per ultima Maria Grazia Mazzocchi libera l’entusiasmo, accumulato in questa non breve esperienza didattica e imprenditoriale, e confessa che essa continua a essere un’avventura, permeata dall’utopia necessaria a chi prefigura un mondo migliore.
Roberto Gamba Architetto
Una bella avventura
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- 24 gennaio 2005