Adriano Olivetti domani

Nelle immagini e nel video di Francesco Mattuzzi, in mostra nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia, il tempo è immobile, la presenza umana è rarefatta: minuscole forme di vita si animano in uno scenario da Atlantide ritrovata.

Quattro sequenze attraversano luoghi che s'ispirano a un viaggio spaziale. Un viaggio che incontra volumi, forme ispirate alla natura e che dalla natura stessa sono fagocitate. Il tempo è immobile in un'atmosfera cristallizzata e fantascientifica. La presenza umana è rarefatta: minuscole forme di vita che si animano in uno scenario da Atlantide ritrovata. La colonna sonora e il sound design, sono affidati alla musicista Chiara Luzzana, la quale attraverso le registrazioni ambientali e dei singoli macchinari Olivetti, ha rielaborato ogni suono originale, attraverso l'utilizzo di sintetizzatori modulari e altri processori analogici, per tessere un percorso sonoro, in grado di restituire con il solo "viaggio uditivo", sensazioni e atmosfere del posto. Ogni suono contenuto in questa colonna sonora, infatti, è un suono reale, "catturato" con microfoni di precisione, e successivamente trasformato in musica. Francesco Mattuzzi



Gli scatti qui proposti fanno parte di un reportage commissionato a Francesco Mattuzzi dalla Fondazione Adriano Olivetti. Il lavoro, realizzato tra il 2011 e il 2012, fa parte delle iniziative di sensibilizzazione e valorizzazione del patrimonio architettonico della città di Ivrea, che la Fondazione ha condotto nell'ultimo decennio. Il 9 maggio scorso, le architetture di Ivrea sono state ufficialmente inserite nella lista propositiva italiana dei siti candidati a diventare Patrimonio UNESCO grazie all'impegno congiunto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del Comune di Ivrea e della Fondazione Adriano Olivetti. Ivrea, città industriale del XX secolo costituisce un esempio eccezionale per la storia dell'industria della seconda metà del XX secolo. La città rappresenta la realizzazione un modello di città industriale, voluto da Olivetti, basato su un sistema sociale e produttivo ispirato dalla comunità e alternativo a quello proposto dallo sviluppo industriale del XX secolo. Le immagini sono esposte fino al 25 novembre nella sezione di apertura del Padiglione Italia Adriano Olivetti. Nostalgia di futuro nella 13. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia.

In apertura: stabilimenti Olivetti I.C.O., copertura cortile, Nuova I.C.O., 1958 c.a. Architetto: Eduardo Vittoria. Courtesy Francesco Mattuzzi e Fondazione Adriano Olivetti. Qui sopra: Unità Residenziale Est, 1967/1975. Architetti: Iginio Cappai, Pietro Mainardis. Courtesy Francesco Mattuzzi e Fondazione Adriano Olivetti

Adriano Olivetti domani
Adriano Olivetti è morto cinquantadue anni fa, e mai come ora il suo nome e la sua storia vengono evocati come un modello per affrontare la crisi che il nostro Paese sta attraversando e, più in generale, per un nuovo modo di guardare alla relazione tra mondo produttivo, società civile e cultura. L'articolazione del suo pensiero e le attività attraverso cui questo si espresse sono talmente complesse e apparentemente irregolari che individuare un motivo preciso, circoscritto, per il quale è utile, direi inevitabile, ripercorrere oggi quell'esperienza, diventa un compito difficilissimo. Adriano Olivetti è stato un grande imprenditore: ha sviluppato la fabbrica ereditata da suo padre Camillo facendone un'impresa internazionale di primissimo livello; ha avuto l'intuizione dello sviluppo dell'elettronica nei primissimi anni cinquanta, perseguendo quella strada d'innovazione tecnologica con determinazione e successo; ha, primo fra tutti, acquistato una grande fabbrica di macchine per scrivere negli Stati Uniti, e ancora si potrebbero ricordare tante iniziative che ormai sono diventate tessuto della storia industriale italiana.

Asilo Nido a Borgo Olivetti, 1939/1941 (part.). Architetti: Luigi Figini e Gino Pollini. Courtesy Francesco Mattuzzi e Fondazione Adriano Olivetti

Adriano Olivetti è però ricordato anche come urbanista, poliedrico uomo di cultura, e come politico: un pensatore, un intellettuale organico che attraverso il suo Movimento Comunità ha reso concreta l'idea di una comunità coesa attorno alla consapevolezza dell'inalienabilità dei valori spirituali dell'esistenza dell'uomo e capace di volgere a favore di questi le sfide portate dall'affermarsi della civiltà industriale e le infinite opportunità del progresso tecnologico. La comprensione profonda di questa identità tra forze spirituali e forze materiali, rappresentate da Olivetti in un modello politico capace di garantirle in modo sintetico, è la chiave di volta per comprendere e accogliere oggi l'esperienza olivettiana nella sua complessa interezza, la scientifica precisione organizzativa, davvero unica, con cui tale opera di sintesi venne perseguita, e, infine, la consapevolezza di fini che la guidavano, come i due passi seguenti testimoniano: "Parlando di forze spirituali, cerco di essere chiaro con me stesso e di riassumere con una semplice formula le quattro forze essenziali dello spirito: Verità, Giustizia, Bellezza e soprattutto Amore. Una società che non crede nei valori spirituali non crede nemmeno nel proprio avvenire e non potrà mai avviarsi verso una meta comune".

Case per impiegati Olivetti, 1940/1942. Architetti Luigi Figini, Gino Pollini. Courtesy Francesco Mattuzzi e Fondazione Adriano Olivetti

E ancora: "La fabbrica di Ivrea, pur agendo in un mezzo economico e accettandone le regole, ha rivolto i suoi fini e le sue maggiori preoccupazioni all'elevazione materiale, culturale, sociale del luogo ove fu chiamata ad operare, avviando quella regione verso un tipo di comunità nuova ove non sia più differenza sostanziale di fini tra i protagonisti delle sue umane vicende, della storia che si fa giorno per giorno per garantire ai figli di quella terra un avvenire, una vita più degna di essere vissuta. [...] Questa fabbrica si è elevata, nell'idea dell'architetto, in rispetto della bellezza [...], fu quindi concepita alla misura dell'uomo perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza". Mentre il primo scritto serve a perimetrare il limite escatologico della proposta olivettiana, il secondo, pronunciato per l'inaugurazione della fabbrica Olivetti di Pozzuoli nel 1955, introduce in modo convincente uno tra gli architravi essenziali sul quale si costruisce l'intera proposta olivettiana: il territorio, l'intreccio senza recinti tra questo e il mondo della produzione materiale, allora era la fabbrica, la configurazione urbanistica che deve regolare tale complessa relazione e, infine, il suo aspetto architettonico.

Centro Residenziale Ovest, 1968/1971. Architetti: Roberto Gabetti, Aimaro Isola. Courtesy Francesco Mattuzzi e Fondazione Adriano Olivetti

L'architettura, come ogni altro elemento operativo di riforma olivettiana, non doveva, infatti, assolvere solo una funzione estetica. Seguiva piuttosto la convinzione che questa rappresentasse la forma dentro la quale esprimere un'idea di società e di civiltà, ed era quindi organica agli altri sforzi imprenditoriali messi in atto da Adriano Olivetti, a Ivrea e altrove. Nel rispetto di questa esigenza di organicità e di coesione, la Biennale ha inteso dedicare una sezione del Padiglione italiano a Adriano Olivetti, mostrando non solo il committente di edifici industriali all'avanguardia e di moderni complessi architettonici per i servizi sociali, ma anche l'urbanista, l'editore, il politico. Così, nell'articolazione espositiva di tale indirizzo interpretativo, le discipline attraversate da Olivetti, le esperienze, il laboratorio comunitario, se così si può dire, sono divise e sezionate solo per ragioni di opportunità divulgativa. Una scelta che la Fondazione che presiedo non ha potuto far altro che incitare e supportare. Laura A. Olivetti, Presidente della Fondazione A. Olivetti

Centro Studi ed Esperienze Olivetti, 1951/1955. Architetto: Eduardo Vittoria. Courtesy Francesco Mattuzzi e Fondazione Adriano Olivetti
Complesso di costruzioni Olivetti lungo Via Jervis a Ivrea (Dalla prima fabbrica in Mattoni Rossi al primo e secondo ampliamento degli stabilimenti Olivetti I.C.O.). Courtesy Francesco Mattuzzi e Fondazione Adriano Olivetti
Complesso di costruzioni Olivetti lungo Via Jervis a Ivrea. (secondo ampliamento degli stabilimenti Olivetti I.C.O). Courtesy Francesco Mattuzzi e Fondazione Adriano Olivetti
Mensa Aziendale Olivetti , 1953/1959. Architetto: Ignazio Gardella. Courtesy Francesco Mattuzzi e Fondazione Adriano Olivetti
Palazzo Uffici 1, 1960/1964 (interno). Architetti Gian Antonio Bernasconi, Annibale Fiocchi, Marcello Nizzoli. Courtesy Francesco Mattuzzi e Fondazione Adriano Olivetti
Stabilimenti Olivetti I.C.O., Copertura cortile, Nuova I.C.O., 1958 c.a. Architetto: Eduardo Vittoria. Courtesy Francesco Mattuzzi e Fondazione Adriano Olivetti