Ci sono tre livelli da superare, varcata la soglia di Laboratorio V I.P., nei confronti della mostra Cemento.
Il primo è che – tautologicamente – ci si trova davvero in un laboratorio e non in una galleria. A parte le istantanee "temporanee" dell'opera di Umberto Agnello, qui infatti la fanno permanentemente da padroni mobili, modelli e strumenti di lavoro di Francesco Rivolta, modelmaker e fondatore dello spazio multifunzionale di via Menabrea 6 a Milano. Liutaio di professione, restauratore e ricercatore, questo gallerista in erba è in realtà un virtuoso cultore del legno, molto vicino ai più interessanti studi di architettura di Milano, per i quali da anni realizza plastici di progetti che nel suo laboratorio rimangono in forma di traccia, ma materica, calda e plasmabile.
Il tema della serie di immagini esposte (fino al 10 giugno) è il cemento, nella sua freddezza asettica e trascendentale; contraltare del legno. Ed ecco il secondo scarto logico.
I volumi ripresi dai quadri di Umberto Agnello sono dei monoliti architettonici anonimi, immortalati nella sua città natale, come sarebbero potuti essere in qualunque altro luogo, in qualunque momento del giorno. Lo sfondo è una luce perenne da scenario post-umano; e infatti non si intravede nessuna comparsa vivente. Solo cemento, drammatizzato nella presenza dal gioco di luci e ombre che, dice Agnello, deriva dall'architetto neoclassico francese Étienne-Louis Boullée.
In realtà, pare un altro il riferimento immediato che guida l'osservatore e che, guarda caso, avvicina questa mostra alla precedente di Ieva Petersone: si tratta dell'immaginario pittorico di Marco Petrus – maestro di Ieva e non così distante anche da Agnello – con le sue inquadrature dal basso, i suoi temi architettonici e le sue atmosfere immobili.
Umberto Agnello: Cemento
Chiara Alessi propone un'interessante lettura della nuova serie di fotografie "pittoriche" dell'artista ragusano, originali e sorprendenti, fino a farci dimenticare la natura economicamente e politicamente pesante del cemento.
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- Umberto Agnello
- 12 giugno 2012
- Milano
Quello che veramente impone un salto di terzo livello è però che qui ci troviamo di fronte a fotografie, tra l'altro in bianco e nero, ma è come se ce ne si accorgesse solo a cose fatte, dopo la netta impressione pittorica che le atmosfere immobili imprimono. Cemento arriva come seconda "monografia" del fotografo ragusano, dopo quella dedicata a Botanica che inquadrava sulle stesse corde un tema diversissimo, e si impone come corollario di un'attività professionale che vede l'autore quotidianamente impegnato in scatti di moda e più recentemente di architettura. L'architettura è, in effetti, ciò che aiuta a mantenere una felice coerenza nell'attraversamento di questi livelli di avvicinamento alla mostra e che lega il laboratorio di Rivolta all'opera di Agnello, le sue immagini a quelle di Petrus e la fotografia al cemento.
Ora, c'è stato un momento nella storia dell'architettura, o almeno così narrano certe cronache di costume, in cui gli architetti usavano presentare i propri progetti con acquerelli raffinatissimi, colte prospettive pittoriche e disegni a mano libera con cui gli studenti negli anni hanno perso confidenza. Poi c'è stata un'impennata della specializzazione del genere "fotografia di architetture" praticata indistintamente da fotografi e o da architetti prestati alla disciplina, che hanno utilizzato il media fotografico come mezzo piegato alla resa volumetrica degli spazi ritratti, appropriandosi di una gamma di effetti specifici e maggiorativi offerti dalla macchina. Infine, dall'impiego come mezzo di servizio, le immagini prodotte sono diventate col tempo un prodotto d'arte a sé e in sé: fotografie architettoniche, da non confondere con la fotografia di architettura (specialmente d'interni) che popola, anche nobilmente, le riviste del settore.
Ci troviamo di fronte a fotografie, tra l'altro in bianco e nero, ma è come se ce ne si accorgesse solo a cose fatte, dopo la netta impressione pittorica che imprimono le atmosfere immobili e i ritocchi a china.
Come per il precedente lavoro dedicato alle piante, Agnello sfrutta quindi un topos già cavalcato da illustri predecessori e gli dedica una collezione di immagini realizzate nell'arco di un'ossessione relativamente breve, appartenendo tutte al 2012. Ma l'effetto complessivo è un'impressione di originalità e sorpresa. Sarà lo spazio del laboratorio e quel senso di familiarità che contrasta con l'anonimia ascetica dei soggetti di Agnello; un sollievo di certo sta nella libertà di dimenticarsi della natura economicamente e politicamente pesante del cemento, per riviverlo qui a uno stato quasi "aereo". Bello anche il catalogo. Chiara Alessi