Il tema della serie di immagini esposte (fino al 10 giugno) è il cemento, nella sua freddezza asettica e trascendentale; contraltare del legno. Ed ecco il secondo scarto logico. I volumi ripresi dai quadri di Umberto Agnello sono dei monoliti architettonici anonimi, immortalati nella sua città natale, come sarebbero potuti essere in qualunque altro luogo, in qualunque momento del giorno. Lo sfondo è una luce perenne da scenario post-umano; e infatti non si intravede nessuna comparsa vivente. Solo cemento, drammatizzato nella presenza dal gioco di luci e ombre che, dice Agnello, deriva dall'architetto neoclassico francese Étienne-Louis Boullée. In realtà, pare un altro il riferimento immediato che guida l'osservatore e che, guarda caso, avvicina questa mostra alla precedente di Ieva Petersone: si tratta dell'immaginario pittorico di Marco Petrus – maestro di Ieva e non così distante anche da Agnello – con le sue inquadrature dal basso, i suoi temi architettonici e le sue atmosfere immobili.
Ci troviamo di fronte a fotografie, tra l'altro in bianco e nero, ma è come se ce ne si accorgesse solo a cose fatte, dopo la netta impressione pittorica che imprimono le atmosfere immobili e i ritocchi a china.
