Raffinata designer di gioielli—con il marchio Anthias (fondato con la designer giapponese Natsuko Toyofuku), prima, da sola poi—Monica Castiglioni coltiva da sempre anche la passione per la fotografia. Al servizio dell'attività di designer, ma anche come espressione artistica personale. Una passione che, negli ultimi anni, l'ha portata a posare il suo sguardo, curioso e sperimentale, sulla città di New York e sul suo spazio pubblico. I suoi soggetti poi non sono frutto di una meticolosa ricerca, ma piuttosto una scoperta accidentale, fatta camminando per le strade del quartiere di Tribeca, a sud di Canal Street, tra vicoli e strade desolate, vecchie fabbriche e palazzi storici. Attraverso il suo obiettivo, però, la metropoli forse più fotografata del mondo è ritratta in modo singolare, grazie allo sguardo attento e sempre puntato verso il basso (e non verso l'alto come succede di solito) e fatto di frammenti, che in modo spontaneo e quasi casuale, finiscono per ricomporsi nel ritratto fedele ed esauriente di un quartiere—downtown, dove Monica abita quando è a New York—che sta profondamente cambiando. Tiene a precisare che tutte le sue fotografie non sono state ritoccate con Photoshop né tagliate: sono né più né meno quello che l'obiettivo ha catturato in un determinato momento. Nella galleria milanese Francesco Zanuso, Monica Castiglioni presenta oltre 40 scatti selezionati tra le più di cento fotografie del volume A Glimpse in the Puddle (Charta, 2008).
Monica Castiglioni: un riflesso nella pozzanghera
Dal 12 al 25 ottobre la Galleria Francesco Zanuso di Milano ospita la prima mostra fotografica di Monica Castiglioni curata da Francesca Alfano Miglietti.

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- 12 ottobre 2011
- Milano
Elena Sommariva: Ci racconti come hai cominciato la tua attività di fotografa?
Monica Castiglioni: Scatto fotografie da sempre: per le mie cartoline, per i cataloghi dei miei gioielli… Le foto le ho sempre fatte. Ho fatto una mostra a Williamsburg e una anche a Milano, diversi anni fa. Ho sempre portato avanti sia l'attività di fotografa sia quella di designer di gioielli. Ultimamente, la fotografia si è un po' liberata, ha trovato una sua strada autonoma.
Com'è New York vista attraverso le sue pozzanghere?
Mi è difficile descrivere il mio lavoro. Faccio le foto proprio per non doverne parlare. Questi scatti hanno però un'origine anche più lontana: ho iniziato, qualche anno fa, fotografando le strisce pedonali. Ho scelto le strisce pedonali perché le considero una delle cose più pubbliche che esistano. Stavo facendo un lavoro sulle strade, su suggerimento di Cindy Allen, la direttrice di Interior Design, e per il Design Trust for Public Spaces di New York e avevo partecipato con le mie foto a un evento benefico. È stato allora che casualmente sono "caduta" in una pozzanghera e da lì non ho più smesso. Nel caso delle pozzanghere, la cosa buffa è che le vedi, le noti, anche se di solito le eviti. A New York, poi, il tempo è molto variabile, le pozzanghere ci sono sempre.

Questo delle pozzanghere è un lavoro un po' meno astratto dei precedenti (le strisce pedonali, le strade), perché grazie agli edifici che vi si riflettono i luoghi sono spesso riconoscibili. Si può dire che sia un modo diverso di osservare lo spazio pubblico.
Sì, e tra l'altro si tratta di uno spazio pubblico che ci stanno portando via, stanno demolendo molti edifici storici per costruire dell'altro. La direzione comune è quella di preoccuparsi sempre meno dello spazio pubblico. In questo senso, le mie immagini racchiudono una visione un po' nostalgica per una New York che sta scomparendo, sono gli ultimi riflessi di qualcosa che tra poco non ci sarà più.
Forse il dettaglio è la cosa che mi interessa di più. Mi è sempre piaciuto il particolare più del generale.
C'è stata una ricerca in questo senso?
No, non c'è ricerca, il mio lavoro nasce sempre in modo molto casuale. Soltanto in un secondo momento sviluppo le cose in cui mi sono imbattuta casualmente. Nell'ultimo anno e mezzo trascorso a New York ho avuto modo di verificare personalmente quanti palazzo venissero abbattuti. C'era il dolore sonoro e il dolore di non vedere una ricostruzione gratificante. Anzi, direi abbastanza terrificante. A New York tutto muta con una velocità incredibile, ma non vedo alcun cambiamento in meglio. Questo è l'ultimo vagito di memoria di una cosa che per me è molto bella.
E il problema non riguarda soltanto New York. Succede lo stesso in tutto il mondo. Stanno snaturando delle realtà che avevano il loro fondamento, a favore dei soldi e di un mondo effimero. A Soho stanno chiudendo tutti i piccoli negozi che erano la cosa bella del quartiere.
Il tuo è un lavoro fatto di dettagli.
È un po' quello che faccio anche nei gioielli, o più in generale. Forse il dettaglio è la cosa che mi interessa di più. Mi è sempre piaciuto il particolare più del generale. Puoi eliminare più facilmente quello che non t'interessa o non ti piace e concentrarti su un dettaglio.
Da tanti dettagli emerge un'immagine piuttosto omogenea e completa del quartiere che hai fotografato.
Giocando sui dettagli riesci a trovare dei soggetti interessanti. Bastano questi vecchi palazzi, una certa luce… Downtown la riconosci a occhi chiusi. M'interessa dire che ho usato soltanto una piccola compatta, una Canon G9 e che non c'è nessun intervento di Photoshop. Anche l'inquadratura non viene tagliata: ogni scatto è definitivo.
12—25.10.2011
New York—A glimpse in the puddle
Galleria Francesco Zanuso
Corso di Porta Vigentina 26, Milano
Monica Castiglioni vive tra Milano e New York. Nel suo studio-laboratorio di Milano disegna e espone gioielli—in bronzo, argento, perle, quarzo e ambra—apprezzati in tutto il mondo. Ha pubblicato due libri editi da Charta: Anthias, con prefazione di Paola Antonelli e A Glimpse in the Puddle, con introduzione di Uscha Pohl. Ha esposto il suo lavoro alla Milk Gallery e al Rafael Vinoli Studio di New York e a al Walker Art Center di Minneapolis.