Un futuro per l'architettura portoghese

È sbagliato pensare che non ci sia più lavoro per gli architetti nei Paesi che in questo momento sono in crisi. In Portogallo l'architettura può avere un futuro solo se si comprende che nei prossimi anni si dovrà lavorare fuori dal mercato e al di là di esso.

Il premio al "Miglior giocatore mondiale dell'anno" conferito dalla FIFA è il più importante riconoscimento individuale destinato ai giocatori di calcio. Da quando il premio è stato istituito, nel 1991, è stato vinto due volte da calciatori portoghesi – Luís Figo (2001) e Cristiano Ronaldo (2008) —, record superato solo dal Brasile (con otto riconoscimenti) e dalla Francia (con tre, tutti andati a Zinedine Zidane). Chi come me ritiene che la capacità non dipenda dalla nazionalità o da doti naturali limitate dai confini di un paese deve concludere che in qualche modo in Portogallo esistono condizioni favorevoli a produrre bravi calciatori. Ma questo articolo non parla di calcio.

In Portogallo questa incredibile capacità di produrre professionisti di livello mondiale in settori fortemente competitivi trova un corrispondente solo in architettura. Se si guarda agli ultimi vent'anni del Premio Pritzker gli architetti portoghesi sono stati insigniti del più alto riconoscimento dell'architettura due volte: nel 1992 Álvaro Siza Vieira e, l'anno scorso, Eduardo Souto de Moura.

Ma di recente questi due architetti hanno formulato dichiarazioni allarmate sulla devastazione economica del Portogallo. Álvaro Siza ha concluso che avrebbe dovuto chiudere il suo studio di Oporto per mancanza di lavoro, Bienal Iberoamericana de Arquitectura y Urbanismo Siza ha inoltre dichiarato che gli pare di vivere sotto un'altra forma di dittatura. Fatto sta che il paese è sottoposto a un'estrema pressione.

Da quando il Portogallo è entrato a far parte dell'Eurozona ha sempre sofferto di difficoltà finanziarie. L'anno scorso, dopo una massiccia operazione speculativa sul debito pubblico, il governo ha chiesto un salvataggio: un intervento straniero a opera della troika costituita dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), dall'Unione Europea e dalla Banca Centrale Europea (BCE). Il prestito richiesto, di 78 miliardi di euro, finora è stato usato per pagare interessi e commissioni (35 miliardi di euro) e per ricapitalizzare banche d'affari (12 miliardi di euro), ma ogni trasferimento di fondi viene preceduto dall'annuncio di nuovi tagli, di misure d'austerità e dalla privatizzazione di quote profittevoli di società pubbliche.

Ma non è una novità. Ciò che sta accadendo al Portogallo e alla Grecia – e probabilmente alla Spagna e all'Italia – è ben descritto nella ricerca di Naomi Klein [1] sugli interventi dell'FMI nel corso del secolo scorso.

Nel 2000 il tasso di disoccupazione del Portogallo era di circa il 4 per cento, ma secondo l'ultimo rapporto Eurostat ha raggiunto nell'agosto scorso il 15,9 per cento. Il governo ritiene che l'anno prossino possa arrivare al 16,4 per cento, cifra considerata oggi eccessivamente ottimista dalla maggior parte degli economisti. Contemporaneamente, secondo l'Observatório das Desigualdades, (l'Osservatorio sulle diseguaglianze) [2], nel 2009 il 18 per cento della popolazione viveva già al di sotto del livello di povertà (con meno di 385,00 euro al mese) e un percentile di reddito dell'1 per cento (sul totale del reddito nazionale) trovava paragoni solo negli Stati Uniti e in Brasile, ben al di sopra delle classi agiate cinese e indiana. La forbice tra poveri e ricchi da allora si è ampliata.

Le affermazioni di Siza e di Souto de Moura sono state espresse in un momento in cui la maggioranza della popolazione sta iniziando a capire che questo percorso sta portando il paese in un vicolo cieco. Una posizione espressa da massicce manifestazioni e da scioperi indetti recentemente in tutto il paese. La recente pubblicazione del bilancio di previsione dello Stato per il 2013, negoziato dal governo con la troika, aggrava la tassazione sui ceti più bassi e sulle pensioni, e appesantisce i tagli al sistema del welfare (per esempio il ministero della Salute subirà uno spettacolare taglio della spesa del 20 per cento), confermando contemporaneamente l'extraterritorialità dell'isola di Madera e il rifiuto di aumentare la tassazione sulle transazioni finanziarie e su stipendi e pensioni più alti. L'opinione condivisa del sistema politico al potere è che il pagamento del debito pubblico sia l'unica priorità, anche se un altissimo numero di cittadini sarà costretto a emigrare e i più poveri e gli anziani moriranno senza assistenza sanitaria. Il principale messaggio politico è chiaro: solo dopo aver pagato — come se esistessero paesi avanzati senza debito pubblico — il Portogallo può cominciare a pensare a se stesso.

In queste condizioni i settori professionali che cercano di progettare il futuro (come l'architettura, il design e l'urbanistica) sono nel mirino. Le istituzioni, malgrado il riconoscimento internazionale tributato all'architettura portoghese, si limitano a ignorare il settore. La maggior parte della popolazione, molto più occupata a conservare o a cercare un lavoro, a pagare il mutuo della casa o a procurarsi il denaro per mangiare due volte al giorno, lo considera secondario. E neppure i drammatici appelli di categoria lanciati dai rappresentanti del settore e le dichiarazioni autoreferenziali dei singoli architetti sembrano aver peso.

L'architettura è quindi condannata? Gli architetti portoghesi sono condannati a emigrare o, se restano, a rimanere senza lavoro? Durante una crisi finanziaria gli architetti servono a qualcosa?

Secondo le statistiche ufficiali dell'INE (Instituto Nacional de Estadística) nel primo semestre del 2012 18 famiglie al giorno sono state costrette ad abbandonare la propria casa perché non riuscivano a pagare il mutuo alla banca. Alla fine dell'anno si prevede che il totale arrivi a 8.000. Alcuni si trasferiranno in un'abitazione più piccola, altri suddivideranno la loro abitazione attuale o forse la daranno in affitto… Una parte considerevole di questi processi di transizione richiede la collaborazione di un architetto. Il problema è che queste persone non se lo possono permettere.

D'altra parte, come ha già sottolineato André Tavares su Domus [3], alcuni importanti monumenti dell'architettura portoghese del secolo scorso sono già in silenziosa decadenza. Dall'assenza di manutenzione alla rovina. Ma ciò non accade solo agli edifici importanti. Nel corso degli ultimi anni i territori a edificazione intensiva, a causa del collasso demografico (diminuzione del tasso di natalità più emigrazione) hanno dato origine a nuove aree costruite vuote.

Da questi due esempi appare chiaro che è sbagliato affermare che non ci sia lavoro per gli architetti in Portogallo o in qualunque altro paese attualmente sottoposto alla devastazione della finanza. Si può immaginare quanto danno faccia alla maggior parte della popolazione affermare che ci sono più architetti di quanti non ne servano al paese.

C'è molto da fare. C'è molto da fare insieme con i cittadini che non hanno denaro per pagare i servizi dell'architettura. C'è molto da fare con chi vive nelle condizioni peggiori.

Nella sua ricerca Naomi Klein ha già indicato quanto la situazione sociale possa peggiorare. Ma molte esperienze latinoamericane dimostrano che gli architetti possono rivestire un ruolo importante per migliorare la vita della popolazione.

L'architettura portoghese avrà un futuro se capirà che nei prossimi anni non sarà solo questione di costruire. Non può dipendere dal mercato per svolgere il proprio lavoro.

Per l'architettura portoghese il futuro sarà questione di processo, di condivisione, di confronto e di resistenza. Gli architetti dovranno essere dove c'è bisogno di loro.

Tiago Mota Saraiva è uno dei partner di Ateliermob, una piattaforma multidisciplinare, con sede a Lisbona, che sviluppa progetti, idee e ricerche intorno all'architettura, al design, all'urbanistica. Tiene una rubrica settimanale sulla testata portoghese i, e il suo Working with the 99 per cent a participatory project in Lisbon è stato recentemente scelto tra i vincitori del premio Future Cities 2012 alla Biennale architettura di Venezia.

NOTE
1. Naomi Klein, The Shock Doctrine, New York, Metropolitan Books, 2007 (trad. it. di Ilaria Katerinov, Shock Economy, Milano, Rizzoli, 2007).
2. V. http://observatorio-das-desigualdades.cies.iscte.pt/index.jsp?page=indicators&id=236〈=pt [consultato il 20 ottobre 2012].
3. André Tavares, "Rovine laureate", Domusweb, 14 marzo 2012, v. http://www.domusweb.it/it/architecture/rovine-laureate/ [consultato il 20 ottobre 2012].

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