Steve Jobs, 1955–2011

Dopo la morte del fondatore di Apple, una cronistoria e alcune considerazioni pubblicate su Domus a novembre.

La vita di Steve Jobs solleva alcune perplessità riguardo all'affermazione di Fernand Braudel secondo cui le vite e gli eventi di un singolo individuo rappresentano mere 'increspature della superficie, sbuffi di schiuma che le maree della storia portano sulla loro solida schiena'. Per chiunque abbia meno di cinquant'anni, è quasi impossibile infatti pensare a un'altra persona che abbia avuto un ruolo così importante nel dare una forma al design o all'esistenza urbana nella nostra vita.

Nel luglio 1976, insieme a Steve Wozniak, Jobs presenta uno dei primi personal computer, l'Apple I. Semplice scheda a circuiti stampati, l'Apple I richiese parecchio lavoro per essere trasformato in un computer utilizzabile, tanto che ne furono prodotte solo alcune centinaia di esemplari. Un anno più tardi, la coppia annuncia la nascita di Apple II, una macchina più potente, dotata di una tastiera integrata nell'alloggiamento scatolato frontale. In quindici anni, la Apple ne ha prodotti circa cinque milioni. Dal punto di vista del design, l'Apple II costituisce il prototipo del personal computer. Contrariamente al System/370 ibm di Elliot Noyes, l'Apple II ammicca docile all'environmental design degli anni Settanta, mentre il suo voluminoso involucro di plastica beige indica la natura amichevole e accessibile del prodotto. L'Apple II ha preparato la strada a una nuova idea di computer.

Accessibile a tutti, ha esteso l'utilizzo dell'informatica portandola dai mainframe, i grandi sistemi centrali, fino alle scuole e alle abitazioni, concretizzando in tal modo la visione 'mcluhaniana' di un accesso democratico alla tecnologia. La facilità di programmazione e la scelta di non includere pacchetti di software dedicati hanno contribuito alla nascita del movimento hacker. Per la mia generazione, questo rappresentava una forma di libertà. Mentre i rampanti avevano il rock e le droghe, noi avevamo l'Apple II. Con un computer in camera tutto sembrava possibile. Jobs dimostrò ben presto che l'accessibilità era più che una semplice questione di beige.

In visita allo Xerox Palo Alto Research Center (PARC) nel 1979, vide il prototipo di una Graphic User Interface (GUI) controllata da un mouse e capì che quello era il futuro del computer. Il pc della Apple basato sul GUI, il Macintosh, fu presentato nel 1984. Anche se di nuovo beige, rappresentava una presa di distanza radicale dal comune pc: in contrasto con l'originale Apple II e con i prodotti che lo scimmiottavano, il Mac rendeva difficile l'accesso al suo interno e al suo sistema di codifica. E ammansire la macchina, rendendola meno complessa, non ne fece solo un giocattolo per hobbisti, quanto uno strumento produttivo per tutti.

Primo computer sul mercato con caratteri tipografici multipli, il Mac rese possibile il desktop publishing, rivoluzionando il mondo della grafica. Realizzò la visione di Ettore Sottsass, che disegnando la Valentine per Olivetti voleva una macchina con cui poter scrivere una lettera d'amore oppure un romanzo. E quando Jacques Derrida aggiornò la dichiarazione di Friedrich Nietzsche ('sono il primo filosofo che usa la macchina da scrivere') sostenendo di essere il primo filosofo a usare il computer, si riferiva al suo 'piccolo Mac'.

Cacciato dalla Apple per aver investito troppo nello sviluppo del Mac, Jobs fondò la NeXT Computer, una start-up che produceva una nuova generazione di macchine capaci di unire potenza e facilità d'uso con un ambiente di programmazione flessibile. Disegnato dalla Frogdesign di Hartmut Esslinger, il computer NeXT era una sublime scatola nero opaco, potente e minacciosa. Tuttavia NeXT si dimostrò incapace di competere in un mercato dominato dai computer di consumo su cui girava Microsoft Windows.

Mentre costruiva la NeXT, Jobs acquistò la Pixar, una branca della Lucasfilm che si occupava di rendering tridimensionale. Il software RenderMan della Pixar portò per la prima volta le immagini generate a computer (CGI) nei film di grande distribuzione. Nel 1988 il cortometraggio animato Tin Toy della Pixar fu il primo film generato a computer ad aggiudicarsi un Oscar. Nel 1995 la Pixar produsse Toy Story, la prima pellicola interamente realizzata a computer. Inoltre, la possibilità di utilizzare programmi come RenderMan per simulare fotorealisticamente ambienti in 3d su un computer dai costi contenuti aprì la strada alla rivoluzione del rendering computerizzato nel design.

Jobs fece ritorno alla Apple nel 1997, quando la società acquistò la NeXT per usarne la tecnologia come base per il Mac OS X, il suo futuro sistema operativo, e presto si ritrovò al timone della compagnia. Lavorando con Jonathan Ive quale Senior Vice President of Industrial Design, Jobs ha prodotto una serie di computer e di dispositivi elettronici personali, iniziando nel 1998 con iMac, una macchina trasparente e colorata. Un mese dopo l'11 settembre, Jobs presentava l'iPod, il lettore musicale portatile che permetteva a tutti di dipingere di suoni la città. L'iPod disponeva di una memoria sufficiente a consentire di portare con sé una sostanziosa collezione musicale. All'arrivo del 2011, nel mondo sono stati venduti oltre trecento milioni di iPod, ciò che ha contribuito a una trasformazione dell'industria musicale.

Presto l'Apple ha aperto una catena di punti vendita ultramoderni per commercializzare la sua linea di computer e iPod. Il fiore all'occhiello è il negozio sulla Fifth Avenue a New York, uno spazio sotterraneo sormontato da un cubo di vetro di dieci metri di lato, che è stimato essere il quinto sito più fotografato della città. Nel 2007 l'iPhone ha introdotto presso il pubblico l'idea di un potente microcomputer digitale interconnesso e, con l'uscita dell'iPhone 3g, assistito dalla rete gps, ha trasportato un dispositivo di localizzazione dalla fantascienza alla realtà. Nel 2010, l'iPad ha allargato l'interfaccia Multi-touch dell'iPhone, digitalizzando ulteriormente il consumo dei media, in particolare di libri e riviste.

L'ultima apparizione in pubblico di Jobs risale al 7 giugno scorso, quando, di fronte al Cupertino City Council, ha presentato il nuovo quartier generale della Apple, un gigantesco anello progettato da Foster + Partners, collocato in un lotto boschivo di centocinquanta acri intorno al quale attualmente sorgono numerose palazzine per uffici. Sempre ottimista, Jobs ha sostenuto che l'edificio, destinato a essere completato nel 2015, sarà essenziale per il futuro della compagnia. Ottimista anche riguardo al valore architettonico della struttura, ha detto alle autorità locali: "Penso veramente che gli studenti di architettura verranno qui solo per vederla".

È difficile sovrastimare l'impatto di Steve Jobs sul nostro ambiente. La natura decentralizzata del lavoro moderno sarebbe impossibile senza il computer. Mentre navighiamo il paesaggio con i nostri smartphone, ascoltando una colonna sonora di nostra scelta pur rimanendo costantemente collegati con i nostri amici, dobbiamo dedicargli un ringraziamento. Di certo, la maggior parte di questi prodotti sarebbe comparsa in ogni caso.

La vita di Steve Jobs è stata uno sbuffo di schiuma sul mare della tecnologia. Per giunta, senza collaboratori come Jonathan Ive, Andy Hertzfeld o Susan Kare, ben poco sarebbe stato possibile. Ma senza Steve Jobs, tutto sarebbe stato meno elegante, meno accattivante, meno divertente.

Kazys Varnelis è direttore del Network Architecture Lab alla Columbia University, Graduate School of Architecture, Art and Planning dal 2006. Con Robert Sumrell, coordina il collettivo non-profit di architettura audc. Sta scrivendo Life After Networks: A Critical History of Network Culture. Il suo blog è www. varnelis.net

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