Ero a Città del Messico solo da poche ore, un sabato dell'anno scorso, e il primo posto che ho voluto visitare era El Chopo. Il nome completo è Tianguis Cultural del Chopo o "mercato culturale all'aperto di Chopo": dove Chopo sta per Museo Universitario del Chopo, il nome dell'edificio nei pressi del quale si trova il mercato. A Città del Messico i mercati sono situazioni molto aperte, non del tutto ufficiali, non del tutto informali, e spesso mettono in vendita beni che non sono proprio nella legalità. Ogni mercato si orienta a una specializzazione: alimentari, video, mobili usati, stregoneria, scarti urbani.
La specializzazione di El Chopo è la controcultura. Dalle centinaia di venditori di El Chopo i clienti comprano gli oggetti di un pantheon di movimenti legati alla musica: punk, postpunk, goth, prog rock, psichedelico, grunge, emo, death metal, grindcore eccetera. Benché la malattia del giorno sia una specie di pluralismo selvaggio, a El Chopo il colore preferito è il nero, con le tendenze più morbose (punk, goth, emo, death metal) a fare la parte del leone. Nella parte posteriore del mercato dei gruppi si esibiscono, mentre gli anarchici distribuiscono opuscoli alla folla. È un fenomeno curioso, El Chopo, e in più di venticinque anni è diventato una specie di istituzione underground, un luogo deputato della controcultura messicana nel suo insieme.
Come in molti mercati di qui la maggior parte degli articoli che si trovano a El Chopo sono piratati. Le T-shirt sembrano più o meno autentiche ma è raro trovare un solo CD o un DVD senza i segni rivelatori della copia illegale. Più tardi mi sono reso conto che tutta la musica che avevo visto a El Chopo la si poteva trovare in rete a un prezzo inferiore (cioè gratis), compresi i titoli più rari. I venditori, probabilmente, i loro titoli li scaricavano – insieme con le copertine approssimativamente riprodotte da una stampante a getto d'inchiostro – da qualche decina di blog di MP3. E come in questi blog la scelta dei CD è molto permissiva, ma proprio molto. Accanto ai CD degli Slayer e dei Gwar si trovano album dei Kraftwerk e degli Eagles; punk rock e prog rock si dividono i banchi; e, per colmo di sconcerto, gli album di Eric Clapton sono onnipresenti. L'effetto è anche più sconvolgente quando si osserva chi ci fruga in mezzo. Ma davvero questi punk e questi goth stanno cercando i Pink Floyd e i Beatles? È come se tutti partecipassero a una recita in costume in cuisi suona musica dell'epoca sbagliata. Ma ben presto si ha la sensazione che il commercio non sia la cosa principale. C'è un sacco di gente che guarda, ma non guarda i CD taroccati. Si guardano tra loro. Sono qui per lo spettacolo. Sono lo spettacolo.
Se il catalogo dei CD di El Chopo è onnicomprensivo, la moda è esclusiva. Il giorno che ci sono stato ero uno dei pochi, tra le centinaia di presenti, senza piercing, senza vinile, senza anfibi, senza capelli colorati e senza indumenti di cuoio. Nemmeno a New York, a St. Marks Place – la buona vecchia St. Marks zeppa di punk, di fattoni e di negozi di CD – ho mai visto una simile, epica, militaresca uniformità. Qui ci sono solo cinque o sei gruppi, e se non si appartiene a uno di questi, come me, non si appartiene a nulla.
Lo stile dei neoadepti è il metalhead. A causa della sua semplicità è anche il più popolare: jeans neri stretti, magliette con l'emblema del teschio e del fuoco con il nome del gruppo, capelli lunghi, anfibi con la punta d'acciaio, magari scarpe da skate, il tutto con il corredo finale di una faccia da duro. Al di là del ceto sociale e del sesso è lo stile più versatile, che si mescola promiscuamente con lo ska, il goth e l'emo. I metalhead, concedendosi qualche segno di vita civile, scendono anche loro a patti con El Chopo; per la maggior parte di loro lo stile è solo una superficiale vernice di morbosità. È facile pensare che la maggior parte di questi metalhead siano solo guerrieri della domenica: quando arriva il lunedì mattina se ne vanno tutti quanti in ufficio, lasciando i giubbotti di cuoio e gli anelli col teschio al sicuro nel comò.
Gli altri due look popolari, i goth e i punk, richiedono molto più fanatismo. Tra tutte le subculture di El Chopo i goth e i punk sono quelli che fanno spettacolo. Se restassero a casa ci resteremmo anche noi. A livello di ideologia la cosa più significativasonole ore che un goth passa a occuparsi del suo stile personale: i principi di un goth sono radicati in una specie di senso dell'aristocrazia sopravvissuto a se stesso; lo stile è volutamente fuori dal tempo e dallo spazio. Un punk, al contrario, nutre aspirazioni di contemporaneità. Occasionalmente gli capita anche di pensare che la cosa abbia un significato politico. Ovviamente non è vera né una cosa né l'altra. Come il personaggio di un film sentimental-soprannaturale passato a miglior vita senza accorgersene, il punk è l'ultimo ad accorgersi di essere morto. Il goth, con più intelligenza, ci tiene a dire che lui è effettivamente morto e che gli va benissimo di restare in quello stato.
La prima volta che ho visitato il mercato mi è venuto da pensare che l'uniformità è una scommessa di atemporalità. Le subculture non solo costruiscono un passato fittizio (per esempio un distorto romanticismo gotico) ma congelano anche questa finzione in un'armatura inalterabile di atteggiamenti e di credenze. Le subculture vengono di solito considerate una risposta agli avvenimenti contemporanei, ma quando la loro aura di novità si affievolisce hanno bisogno di trovare nuovi adepti nelle generazioni più giovani. Questa proliferazione di zombie in Messico ha una duplice dimensione, tale da collocarla saldamente all'interno della sfera culturale e contemporaneamente lontano da essa. In Messico la morbosità dei goth si mescola senza soluzione di continuità con la morbosità locale. È l'ultima aggiunta a una cultura celebre per il Giorno dei Morti e per la Santa Muerte. Ma c'è anche un moto opposto, che si allontana dalla cultura, una specie di estraneità al di là di ciò che si va cercando nella moda in sé. Negli Stati Uniti i frammenti delle mode di controcultura (i tatuaggi, i gioielli morbosi, le teste rasate) sono tutti diventati tendenza dominante. Negli Stati Uniti inevitabilmente la subcultura viene cannibalizzata dalla cultura in senso lato. Ma in Messico la distanza tra i clienti di El Chopo e la massa è maggiore. È segno che la controcultura non solo aspira a una specie di atemporalità, ma anche a una non-appartenenza di classe. Una subcultura va a El Chopo allo scopo di trovare tutela, lontano dal Messico di tutti i giorni, perfettamente in mostra in un museo di elegante ribellione.
John Menick, newyorchese, è artista e saggista.
In mezzo ai Goth: annotazioni su El Chopo
Una camminata attraverso uno dei mercati ufficiali-non ufficiali di Città del Messico dove la controcultura è spettacolo.
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- John Menick
- 10 febbraio 2011
- Mexico City