Gli arredi Ikea che oggi valgono migliaia di euro sul mercato dell'usato

Ikea è l'azienda del design democratico, con ottima qualità e prezzi abbordabili. Ma oggi, alcuni suoi pezzi storici e molto desiderati raggiungono cifre incredibili, soprattutto sulle piattaforme online.

È ormai un dato acclarato che le aziende nell’era della globalizzazione non si limitino a produrre beni materiali e offrire servizi. La concorrenza commerciale tra produttori non si muove più esclusivamente sui binari di prezzo e qualità, ma si irradia nell’universo immateriale della “narrazione” sfociando nella fabbricazione di idee, immaginari, sentimenti e significati. L’uso dello storytelling nella costruzione dell’identità di un’azienda, dei suoi valori e caratteristiche, non può essere considerato un elemento secondario, specialmente se si vuole comprendere il successo di un marchio come Ikea che su questa scelta strategica ha fondato la propria cultura aziendale. 

Skopa
Poltrona Skopa, progettata per Ikea da Ole Gjerløv-Knudsen e Torben Lind, 1969. Prezzo di partenza 5,50€, oggi può arrivare a valere anche 1000€. ©Stockholms Auktionsverk

Dopo quasi trent’anni dalla sua fondazione, nel 1943, Ikea ha cercato di allinearsi sempre più nettamente a una particolare immagine del design scandinavo, associato a concetti di egualitarismo, sostenibilità e giustizia sociale, sostanziando in questo modo la propria estetica funzionale ed essenziale. Come ha raccontato Sara Kristoffersson nel suo libro Design by IKEA : A Cultural History, principi cardine come “Design per tutti” e “Design democratico” alla base della filosofia progettuale di Ikea nascono dai valori di comunità condivisi dallo stato sociale svedese, molto interessato alla casa come grado zero del diritto di ogni cittadino e all’educazione del gusto popolare al senso del bello. 

Sebbene non si trattò mai di un processo di costruzione unilaterale – anche la Svezia ha cercato di plasmare la propria immagine come nazione attraverso il design – Ikea ha saputo enfatizzare strategicamente la “svedesità” dei propri prodotti per comunicare i suoi valori a livello globale, mantenendo al contempo convenienza e accessibilità per il grande pubblico. Ikea è sempre stata, per certi versi, un marchio ideologico dal linguaggio comprensibile: non ha mai venduto solo mobili, ma modi di vivere e pensare allo spazio domestico. 

Grazie a una narrazione che ha saputo tramandarne lo spirito originario, insieme all’idea che prezzi più bassi potessero consentire a chiunque di creare la casa dei propri sogni, in ogni parte del mondo il brand Ikea è ancora oggi largamente associato a prezzi economici e a un’esperienza d’acquisto diretta e fisicamente coinvolgente. Il costo ridotto e l’interior design degli store hanno sempre costituito il suo marchio di fabbrica, perché concepiti per dare una forma pragmatica a fantasie e aspirazioni. Le presentazioni scenografiche dei mobili nei negozi e l’accuratezza dei suoi cataloghi sono stati per intere generazioni un primo vero punto di contatto con il mondo del design, a lungo percepito come un privilegio di pochi e non un diritto di tutti. 

Poltrona Impala
Poltrona Impala, Gillis Lundgren, 1972. Prezzo di listino 37 €, venduta sui mercati online a circa 4.800 €. Courtesy Ikea

Eppure da qualche anno, in una sorta di doppio ribaltamento concettuale e culturale, molti dei modelli Ikea più celebri sono diventati degli oggetti-simbolo; pezzi dal valore di poche decine di euro finiscono per costarne anche migliaia sul mercato dell’usato online. I social (soprattutto TikTok e Instagram) hanno riportato l’attenzione del pubblico su vecchi cataloghi, collezioni fuori produzione e complementi di arredo oggi considerati “retro”. Altri arredi anni '80 e '90, come la sedia Vilbert di Verner Panton o la poltrona Hasslo appartenenti a una fase di ridefinizione del brand, sono diventati ambiti dai collezionisti di tutto il mondo. Cavalcando questo interesse ritrovato per alcuni dei prodotti che l’hanno resa celebre, la stessa Ikea ha rimesso sul mercato delle versioni aggiornate e riattualizzate dei propri classici

Quando il “design democratico”, però, diventa oggetto di culto, si innescano dinamiche interessanti; si aprono voragini paradossali tra narrazioni sociali e circostanze reali. Ikea è stata indubbiamente in grado di cucirsi addosso l’immagine di un’azienda lontana dal tradizionale universo consumistico della multinazionale e vicina alle necessità dei suoi consumatori, ma forse il cuore del suo intramontabile successo risiede più nel legame con la storia personale di ciascuno che nella sua definizione “low cost”. Individuare nei prezzi contenuti l’unica forza motrice della sua popolarità sarebbe anacronistico. Così come sarebbe ingiusto ascrivere il suo trionfo commerciale esclusivamente a mode e collaborazioni con designer di fama internazionale

In questo cortocircuito, risaltano in egual misura lo spirito di adattamento di Ikea per rimanere associata a valori positivi e diversi modi di interpretare culturalmente il nostro rapporto con gli oggetti e con il tempo che passa. Ciò che diventa importante sottolineare, in quella che è forse una fase di riconfigurazione semantica del suo immaginario, è il fattore emotivo di questi pezzi di design e il ruolo che ricoprono nel generare sentimenti di appartenenza intergenerazionali, identità e nostalgia. Mobili in apparenza “scontati” che, quando riguardano noi, riflettono il più banale dei bisogni, che forse così banale non è: la volontà di riconoscersi in qualcosa che abbiamo avuto tutti. 

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