Bag sizer, breve storia dell'oggetto più odiato di tutti gli aeroporti

Tra gli oggetti più odiati dai passeggeri negli aeroporti ci sono i bag sizer, quei telai che servono a verificare se il tuo bagaglio a mano rientra nelle dimensioni consentite. Oggi, sono loro a raccontare più di tutti come cambierà il nostro modo di volare. 

La Commissione Trasporti del Parlamento Europeo ha appena approvato una risoluzione che riporta le valigie sotto i sedili degli aerei. La proposta, che dovrà ancora essere confermata in plenaria, mira a riconoscere il bagaglio a mano — considerato un bene essenziale — come parte integrante del costo del biglietto, senza supplementi. Vieterebbe quindi alle compagnie di far pagare un sovrapprezzo per il trolley da cabina, purché rientri nelle dimensioni massime di 100 centimetri complessivi, accanto ai cosiddetti “personal items” come borsa o zaino.

Insomma, mentre Ryanair celebrava il suo quarantesimo compleanno, l’Unione Europea ha fatto da guastafeste. La risoluzione obbliga tutte le compagnie a fare un passo indietro nel tempo, verso la felice anarchia del trasporto aereo pre-11 settembre: un flashback in cui il low cost muoveva i primi passi e poche valigie sgraziate si accostavano alle eleganti ventiquattrore. 

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Ma cosa cambia davvero se cambia il bagaglio? È davvero la fine di un certo immaginario un po’ “brat”, quello che ci ha visti arrivare in aeroporto con i vestiti sottovuoto e le mutande infilate nei cuscini da viaggio, trasformando la partenza in un momento di puro caos entropico? Potrebbe essere almeno la messa in discussione di un oggetto di design che, silenzioso e implacabile, si è imposto come le moderne Colonne d’Ercole degli aeroporti di tutto il mondo: la rastrelliera, o più precisamente il bag sizer, quel limite fisico che dagli anni 2000 ha separato il conosciuto dall’ignoto, il gratuito dal pagato, l’ordine dal disordine.

Ma quando sono comparsi i bag sizer?

In metallo, a forma di “U” o di gabbia, con struttura modulare, ruote e — nei modelli più recenti — persino bilance digitali incorporate, il cosiddetto bag sizer compare per la prima volta nelle aree low cost degli aeroporti all’inizio degli anni 2000 per rispondere alla logica commerciale dei “pacchetti”: prima si trovava solo alle porte d’imbarco o ai banchi check-in, poi inizia a comparire ovunque, a ogni passo.

Le prime a implementarle in modo sistematico sono Ryanair, easyJet e Wizz Air. Seguono poi le compagnie di bandiera che, anche se più “tolleranti”, sono finite anche loro ad avere schemi rigidi sui bagagli da portare in cabina. Ma è soprattutto Ryanair a dargli la vera brandizzazione: le gabbie blu in acciaio serigrafato diventano un simbolo visivo immediato della compagnia e fissano un modello — e una nuova estetica — dell’aeroporto low cost, che si fa più spartano, funzionale e standardizzato.

Le linee guida per i bagagli di Ryanair

Non esiste però un brevettatore unico né un unico standard di misura: le dimensioni del bagaglio a mano e dell’ “oggetto pesonale da riporre sotto al sedile” variano da compagnia a compagnia (40×20×25 cm, 45×36×20 cm, 40×30×20 cm, ecc.). Ed è proprio questa giungla di regole e formati a spingere oggi l’Unione Europea a occuparsi del caso con una risoluzione che punta a fissare dimensioni comuni. 

Finora ogni compagnia aveva il suo modello di bag sizer personalizzato. E mentre il design di base, ispirato ai misuratori dell’industria manufatturiera, è rimasto quasi immutato, i produttori si sono moltiplicati (tra i principali ci sono aziende specializzate in arredi aeroportuali e forniture per la logistica come Usm Airportsystems, Adelte, Airport Seating Alliance), e così anche le grafiche super colorate e “a prova di scemo”: icone semplificate e istruzioni paternaliste che ricordano che l’aeroporto è, in fondo, un luogo di educazione dei corpi e delle valigie, un rituale collettivo che forma viaggiatori docili e bagagli regolamentari. Insomma, un controllo qualità, ma applicato alle persone. 

Molte sono le storie che li riguardano — ultima in ordine il breakdown social di una turista cinese che a Malpensa si accascia sconfitta da questi totem aeroportuali — e ognuno di noi ne ha almeno una da raccontare.


In redazione, per esempio, ci è capitato di vederci rifiutato l’imbarco perché avevamo ripreso con l’iPhone uno dei bag sizers cadere sotto la spinta di un passeggero che aveva utilizzato troppo entusiasmo nel misurare i propri bagagli. Tutti abbiamo assistito a lunghe discussioni e talvolta furibondi litigi al gate. Episodi come questi non fanno altro che confermarci che questi oggetti sono più importanti di quanto pensiamo: le rastrelliere per il bagaglio a mano non sono solo il vero varco di accesso all’aeroplano, ma anche l’ oggetto di design industriale che più di altri racconta come è cambiato, nel tempo, il nostro modo di volare. Leggeri, leggerissimi, come su un autobus. Tanto che ora, sempre su disposizione europea, per imbarcarsi in Area Shenghen non servirà più neanche mostrare il documento.  

Una storia di business (ma in breve)

L’installazione dei bag sizers nei “non luoghi” più conosciuti del Pianeta racconta perciò un passaggio storico ben preciso: la trasformazione dell’aeroporto da “palazzo monumentale” per pochi privilegiati – ti ricordi di Pan Am e del concetto di volo = lusso? – a “macchina logistica” progettata per smistare flussi di massa. È la storia di una democratizzazione che passa però anche per la standardizzazione e la dissoluzione, come in una catena di montaggio in cui ogni passaggio è misurato, codificato e quantificabile.

La storia del volo low cost inizia tanti anni fa, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, quando negli Stati Uniti viene approvato il Airline Deregulation Act del 1978, che spalanca la porta a nuovi operatori più flessibili e aggressivi, tra cui Southwest Airlines, fondata in Texas nel 1971, considerata la prima vera compagnia aerea low cost della storia. Oggi resta un player importante nei voli negli Usa, insieme a Spirit, l’altra grande low cost a stelle e strisce.

Le compagnie europee seguono a ruota circa un decennio dopo, con Ryanair (fondata nel 1984, ma “reinventata” nel 1997 con il modello low cost puro) ed easyJet (nata nel 1995). Il nuovo paradigma è l’opposto del vecchio modello “full service”: al posto del biglietto tutto incluso – con bagaglio, pasti e scelta del posto – subentra una tariffa base ridotta all’osso, spesso inferiore al costo operativo, cui si aggiungono supplementi per ogni servizio accessorio.


Per contenere i costi e mantenere basse le tariffe, tutto viene ottimizzato (o ridotto): i modelli di aeroplano si standardizzano, le flotte volano con ritmi serrati, le attrezzature si fanno essenziali, il personale è meno coccolato di quanto l’aviazione civile faccia solitamente. Se vuoi bere o mangiare, te lo devi pagare. Il low coast in Europa comporta tante le criticità, mai pienamente regolamentate, che riemergono ciclicamente nel dibattito pubblico: come nel caso delle recenti proteste dei controllori di volo francesi, che all’inizio di luglio hanno paralizzato decine di aeroporti europei e riacceso i riflettori sul sistema logorato dell’aviazione continentale. 

Il bagaglio dentro, il mondo fuori

Insomma, mentre i nostri bagagli si preparano a tornare in cabina “gratis”, il mondo fuori si complica. Le conseguenze della direttiva europea potrebbero non essere banali: dalle compagnie low cost che minacciano di alzare i prezzi per recuperare le perdite derivanti dall’obbligo di includere il bagaglio a mano nel prezzo base, agli scontri tra lobby di consumatori europei e quelle di ben diciassette compagnie aeree che si dividono sul tema dei diritti dei passeggeri.

Intanto Ryanair ha già annunciato un cambiamento che suona quasi epocale: l’aumento del 20% delle dimensioni consentite per il “personal bag” da sistemare sotto il sedile. L’aggiornamento entrerà in vigore nelle prossime settimane, giusto il tempo di adeguare i bag sizers alle nuove misure.

Eppure, alla nostra generazione questo importa poco. A farci tremare più dei ritardi, degli scioperi e delle cancellazioni è trovarci davanti quella piccola ghigliottina metallica che decide se voleremo leggeri o con cento euro in meno. Poco importa del mondo fuori, basta che il bagaglio ci stia dentro. 

Immagine di apertura: Foto Stolbovsky da Wikimedia Commons 

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