Marco Sammicheli

Torna 1+1+1 all’Assab One

A Milano, l’originale progetto espositivo di Elena Quarestani ospita nomi del calibro di Johanna Grawunder, Christoph Hefti e Antoni Malinowski. Lo racconta il curatore Marco Sammicheli.

Christoph Hefti, "That horse, slamming doors" a AssabOne, 2018. Foto Giovanni Hänninen

Lo spazio dell’Assab One, di per sé, sembra avere molto da dire. Il cortile invaso dalla luce, le piante disseminate ovunque, esplosive in questi primi giorni di primavera, gli ambienti post-industriali dove venivano stampati libri. Nel 2002 Elena Quarestani ha riconvertito l’ex azienda di famiglia in un progetto di supporto per l’arte contemporanea, e dall’anno scorso, insieme a Marco Sammicheli in veste di curatore, ha dato il via a 1+1+1: un format espositivo che prevede di invitare un architetto, un artista e un designer a rispondere all’identità di questo luogo unico, di riferimento per la città. I nomi selezionati per la seconda edizione sono Johanna Grawunder, Christoph Hefti e Antoni Malinowski. Nel mese di maggio, le opere dialogheranno con i due danzatori Yong Min Cho e Sarah Taylor (6 maggio), il violoncellista Mario Brunello (18 maggio), e la soprano Olivia Salvadori con il musicista elettronico e dj Coby Sey (28 maggio). Ne abbiamo parlato con il curatore Marco Sammicheli.

Chi sono gli artisti scelti per 1+1+1?
Christoph Hefti ha una grande esperienza nel mondo del tessile, ha lavorato per anni con Dries Van Noten. Negli anni si è un po’ allontanato dal mondo della moda e la sua ricerca si è concentrata sugli oggetti d’arredo. Johanna Grawunder è un architetto statunitense che ha completato la sua formazione in Italia, prima con Superstudio, Cristiano Toraldo di Francia e Gianni Pettena, e dopo con Ettore Sottsass. Antoni Malinowski è un artista di origine polacca che vive a Londra e insegna all’Architectural Association School of Architecture come utilizzare il colore, non tanto per dare una qualità a una superficie quanto proprio per costruire lo spazio.

Parlaci dei lavori in mostra, accompagnaci lungo il percorso dell’allestimento.
“That horse, slamming doors” presenta dei tappeti annodati a mano in Nepal, prodotti dalla galleria Maniera di Bruxelles. Come da tradizione di 1+1+1, Christoph Hefti è stato invitato a intervenire nello spazio con qualcosa di inedito, e così ha cominciato a fare una serie di disegni, con i pastelli a cera o le biro da cui sono emerse queste creature tipiche del suo immaginario. Sono nate così le ceramiche, volti di maschere o carcasse di animali. Costruita come una sorta di accampamento, questa mostra comprende anche il suono e una grande tenda, prodotta dall’azienda francese Bucol e cucita da una cooperativa milanese direttamente nella sede espositiva. L’idea è che l’ambiente sia abitato da un cavallo, quando non ci sono i visitatori. Per questo c’è anche il fieno.
Con “Almost seen”, Antoni Malinowski si è appropriato dello spazio attraverso il perimetro. Le sue pitture cambiano a seconda del punto di vista e della rifrazione della luce. Se passi del tempo e ti muovi attorno alle opere, ti accorgerai che mutano i colori e emergono strati. Malinowski crede che attraverso il colore si possa ricavare e plasmare uno spazio architettonico ulteriore. In questo caso, poi, non è intervenuto con illuminazioni artificiali perché si è accorto che la luce naturale di questo posto interferiva in una maniera tale che non necessitava altro.
Le due grandi installazioni luminose di “Alone Together”, di Johanna Grawunder, sono due pieni con un vuoto funzionale in mezzo. L’esperienza di un labirinto da attraversare e due mandala (uno molto grande e uno molto piccolo), attorno ai quali danzare.

Chiediamo agli autori prescelti non solo di presentare la loro opera, ma anche di venire a stare qui, a vivere questa esperienza con noi.

Come funziona la formula 1+1+1?
L’invito arriva tra l’autunno e l’inizio dell’inverno. Chiediamo agli autori prescelti non solo di presentare la loro opera, ma anche di venire a stare qui, a vivere questa esperienza con noi. Mangiamo insieme, lavoriamo insieme. Un aspetto importante, di accompagnamento quasi goliardico, che integra la curatela del progetto.

Che criterio di selezione adottate?
Scegliamo artisti, designer e architetti che non sono emergenti, e al contrario hanno una lunga carriera e una ricerca importante alle spalle. Come curatore, è bello lavorare con persone che hanno grande consapevolezza e curiosità, che poi si traduce in generosità. C'è un bellissimo scambio.

Qual è il ruolo dell’Assab One?
Quando dico 1+1+1, penso sempre che c’è un altro +1 sottointeso, che è questo posto stesso: una presenza molto forte, anche carica di memoria. In cantiere c’è il nuovo spazio di Studio Mumbai, che aprirà a breve, e altre due location verranno assegnate. Assab One è sempre più la sede di una comunità.

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