Milano Design Week

Salone del Mobile e Fuorisalone 2024


Salone del Mobile

Werner Aisslinger: “Milano non è la capitale del design per caso”

Abbiamo intervistato il designer tedesco, ormai veterano del Salone del Mobile. Non abbiamo parlato solo dei suoi nuovi prodotti presentati per la Milano Design Week, ma anche (anzi, soprattutto) della fiera, del suo passato e del suo futuro.

Werner Aisslinger by Steffen Jänicke Kopie

Per preparare le interviste, solitamente uso l’archivio di Domus come strumento di ricerca: una storia del design che si aggiorna ogni mese e che secondo me crea un legame unico tra magazine e designer. Ho trovato che la prima pubblicazione di un suo progetto sulla rivista risale al 1995 (Domus 769, marzo 1995), con la Libreria Endless per Porro, seguita dalla poltroncina Julie per Cappellini, pubblicata l’anno successivo (Domus 784, luglio 1996). Non so però quale sia stata la sua prima apparizione al Salone.
Nel 1988. Magari non sai che in quegli anni il Salone si teneva settembre, come quest’anno. Poi nel 1991 lo spostarono ad aprile. (Nel 1990, dopo decenni di attività, chiude la Fiera Campionaria e il COSMIT, Comitato Organizzatore del Salone del Mobile Italiano, decide di spostare da settembre ad aprile ’91 il Salone del Mobile. ndr) Questo periodo è sempre stato un po’ problematico perché in Italia per l’intero mese di agosto si chiudeva tutto per ferie. Era quindi difficile organizzare la fiera. Oggi questa usanza è meno forte e c’è più flessibilità nel lavoro.

Immagino fosse uno studente al tempo…
Sì, lo ero. Sono arrivato dalla Germania con un furgone, dormendo in macchina. Già ai tempi Milano era un importante hub internazionale per il design e sin da giovane avevo capito che le cose succedevano qui. In quel periodo lavoravo a Londra per Jasper Morrison e Ron Arad, e anche da lì si percepiva il fatto che Milano fosse al centro dell’attenzione. Molte persone non capiscono che il successo del Salone non è una questione di hype degli ultimi anni. Milano non è considerata la capitale del design per caso. La cultura italiana porta con sé secoli di storia di artigianato e qualità.

Prima ho menzionato la sedia Julie di Cappellini. La vostra collaborazione continua ancora e quest’anno si rinnova con altri prodotti. Vorrei che mi parlasse della vostra relazione.
Giulio Cappellini è stata una figura importante per molti designer di varie generazioni, come Tom Dixon, Jasper Morrison e i fratelli Bouroullec. Tantissimi designer (tra cui ci sono anche io) sono stati scovati da Cappellini, che non promuoveva soltanto il brand ma anche molti giovani talenti. Lo faceva anche per un’idea ben precisa. Se sei una piccola azienda e non hai la possibilità di investire enormi quantità di denaro in marketing e pubblicità devi pensare a strategie alternative. Collaborare con designer internazionali permette di creare delle storie e nuove connessioni con il loro paese d’origine (e il suo mercato). In questo modo è riuscito a rendere il marchio riconosciuto a livello internazionale. Giulio Cappellini è stata tra le primissime persone a capire questo meccanismo.

Tornando al mio rapporto con loro: sono felice di essere ancora in contatto con Cappellini. È bello avere una relazione che va avanti da oltre 20 anni e che è quasi un’amicizia. Per te che sei italiano, questo modo di interagire è normale, ma in Germania le relazioni di lavoro sono più razionali. In generale, quella con i marchi italiani è il tipo di legame che prediligo. La vita scorre veloce, perché dedicarci esclusivamente al lavoro e tenere solo rapporti formali? Poi io vado al Salone ogni anno dal 1988. Passare una settimana all’anno a Milano è diventata un’abitudine che è parte della mia vita.

Parliamo dei prodotti che presenta quest’anno?
Al Fuorisalone presento il tavolo 1140 per Thonet (che è quello su cui siamo poggiati, ndr). Il prodotto è stato presentato qualche mese fa online, ma è la prima volta che viene esposto al pubblico. Al “supersalone” presento un nuovo piatto doccia in metallo per l’azienda tedesca Kaldevei. Si tratta di un progetto che per me è stato molto sfidante, perché per raggiungere un risultato minimale abbiamo dovuto indagarne a fondo gli aspetti tecnologici del prodotto. Per me questo aspetto è fondamentale: il designer non è più la figura che si occupa solo del concept e della forma. Deve immergersi nei problemi di produzione e indagare l’intero ciclo di vita dell’oggetto. Infine, presento una lampada per Cappellini: Cord Lamp è composta da una sfera bicolore realizzata abbinando due calotte di vetro rigato, soffiato a bocca.

Ha visto il “supersalone”? Come le è sembrato?
Sono stato in Fiera e mi è piaciuta, anche se l’ho vissuta da visitatore. Per me guardare tante cose diverse a una certa velocità è importante. Passare dagli stand e vedere la successione di marchi e prodotti è piacevole. È un modo veloce di assorbire una mostra, mentre dover entrare in stand mastodontici e articolari rende l’esperienza più lenta e complessa. Gli espositori comunque non sembrano molto contenti. Ho parlato con alcuni di loro e mi hanno detto che non amano molto l’allestimento, perché le persone passano ma in pochi si fermano. Per loro è comunque importante la presenza del brand. Molte aziende poi hanno uno showroom in città, quindi possono invitare persone, socializzare e creare contatti più diretti con i clienti. Per gli altri questa disposizione della fiera non funziona bene per vendere. Mi sembra comunque che il concept ideato da Stefano Boeri risolva brillantemente la complessa situazione e le limitazioni che stiamo vivendo, considerando la necessità di ripartire, l’esigenza del distanziamento fisico e le dinamiche economiche della fiera.

Previsioni per il prossimo anno?
Si tornerà probabilmente al formato degli altri anni. Il problema per gli espositori sarà di business: senza compratori internazionali – asiatici, americani, arabi, ecc. – c’è meno mercato. Tutto dipenderà quindi dal Covid e dalle possibilità di movimento a livello globale. Il “supersalone” è un evento europeo, interessante da alcuni punti di vista, ma critico per gli espositori, che non so se potranno permettersi un altro anno in questo modo. Però magari in futuro svilupperemo gli strumenti digitali sperimentati in questi ultimi mesi per presentare e vendere i prodotti. Questi potrebbero cambiare il modo in cui le manifestazioni come Salone e Fuorisalone sono concepite. Ma questo è un discorso troppo grande da affrontare in questa sede…

Immagine di apertura: Werner Aisslinger. Foto Steffen Jänicke Kopie

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