La favola dimenticata della LMX Sirex

Prodotta in pochi esemplari e presto caduta nell’oblio, la Sirex era una sportiva di rango, che annoverava il contributo di personaggi del calibro del car designer Franco Scaglione.

Tutto iniziò degli anni Sessanta quando Giovanni Mandelli e Michel Liprandi decisero di trasformare un sogno comune in realtà. Il primo, meneghino doc, era il direttore di un famoso negozio di giocattoli in Galleria Manzoni, nel pieno centro di Milano; il secondo, francese di nascita con origini argentine, era un ingegnere specializzato nella lavorazione della vetroresina e, benché sconosciuto al grande pubblico, aveva già collaborato con marchi del calibro di Abarth, De Tomaso, OSCA e Panhard. I due si erano conosciuti in un night club di Milano e proprio da quell’amicizia nacque il desiderio di realizzare una granturismo.

Definite le principali linee guida, fondarono la LMX Automobile Srl — acronimo di Linea Moderna Executive — e, inizialmente, in omaggio alla città, scelsero come logo un dragone alato — a metà strada tra il cane sputafuoco di AGIP e il biscione sforzesco. La Sirex era un concentrato di soluzioni tecniche innovative, a partire dal telaio disegnato dallo stesso Liprandi sulla stregua di un progetto di Gioachino Colombo.

Renato Montalbano negli Anni '70 con la sua prima LMX Sirex Coupé
Renato Montalbano negli Anni ’70 con la sua prima LMX Sirex Coupé

A firmare la leggerissima carrozzeria dalla Sirex ci pensò Franco Scaglione, designer già celebre per aver stilizzato capolavori come l’Alfa Romeo 33 Stradale, la Maserati Tipo 64 “Birdcage” o la Lamborghini 350 GTV. Ne risultò un corpo filante, dove le sinuosità della Stradale si erano evolute verso soluzioni più tese che poi si sarebbero viste nell’Intermeccanica Indra del 1972. L’esecuzione venne affidata alla Eurostyle di Torino, una carrozzeria industriale diretta da Ivo Barison che allestiva esemplari unici e prototipi per facoltosi clienti.

Il tutto venne inserito nel solco della miglior tradizione motoristica, in modo da abbinare le peculiarità estetiche a componenti meccaniche affidabili, prestazioni di rilievo e ridotti costi d’uso. Sotto il cofano trovava infatti posto un collaudato propulsore 6 cilindri da 2.3 litri preso in prestito dalla Ford Taunus RS, abbinato ad un cambio manuale 4 rapporti. Grazie al peso inferiore alla tonnellata — il telaio ulta light pesava solo 74 kg — la Sirex raggiungeva con facilità i 200 km/h. Ad alcuni esemplari, su richiesta, fu installato un sistema di sovralimentazione con compressore volumetrico Constantin che portava la potenza da 126 a 180 cavalli. In seguito, questo verrà sostituito con un turbo May-Bosch, facendo lievitare il dato fino alla ragguardevole cifra di 210 cavalli. La modifica era stata messa a punto dall’ingegnere elvetico Michael May, ex pilota, celebre per il suo lavoro in Ferrari sulle 158, le monoposto vittoriose nel campionato del 1964 di Formula 1.


La Sirex venne presentata, in mancanza di uno stand ufficiale, nella exhibition hall del Salone dell'Automobile di Torino 1968. Nei quattro anni a venire la LMX produsse circa trenta unità — di cui due in versione spider. Già nel 1973, nonostante il discreto successo ottenuto — linea e rapporto peso/potenza tra i pro, il prezzo pari a quello di una Dino 206 GT tra i contro — l’azienda finì in liquidazione. I venti telai restanti vennero quindi allestiti dalla SAMAS di Ricca di Diano d’Alba. Quest’ultima, specializzata in fuoristrada personalizzati, completò le vetture — che vantavano tutte il May-Bosch e interni differenti — per poi piazzarle sul mercato svizzero con il nome di Sirex LMS.

Una favola dal triste epilogo, che vide Liprandi e Mandelli tornare alle loro precedenti attività e la SAMAS non interessata a proseguire la produzione. Delle cinquanta LMX Sirex vendute in Italia, Svizzera, Belgio Lussemburgo, Germania e Spagna oggi ne rimangono in circolazione poco più della metà, in mano ad appassionati collezionisti

Uno di questi, Renato Montalbano, all’inaugurazione della mostra dedicata alla favola di questa fastback italiana — allestita al MAUTO di Torino fino al 20 novembre — ha dichiarato: “Questa è una rassegna che, attraverso queste vetture, vuole ricordare degli uomini. Sì, perché quella della LMX è soprattutto una storia di uomini, personaggi di eccezionale professionalità che, nonostante avessero dato vita a un'avventura caratterizzata da genialità, coraggio e grande spirito imprenditoriale, erano stati dimenticati come le auto che avevano creato”.

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