Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1067, aprile 2022.
Pensata per i bambini tra gli otto e i dieci anni, Pono è una sedia fai-da-te che gli studenti possono montare da soli all’inizio dell’anno scolastico e poi smontare prima delle vacanze estive, lasciandola “in eredità” a chi frequenterà dopo di loro. Idea di vaga matrice steineriana, il progetto di Alessandro Simone è frutto del master di Product design all’ECAL di Losanna, frequentato nel 2020 e organizzato in collaborazione con l’azienda danese di arredi per ufficio Flokk che – lanciando il brief generico “disegnare le sedie per la scuola del futuro” – intendeva sondare la possibilità di aprirsi a nuovi mercati.
“Come prima cosa ho cercato di capire come cambiano le abitudini di un bambino di quell’età mentre cresce”, spiega il designer multidisciplinare, classe 1996, laureato con un master in Design del Prodotto all’ECAL e una triennale in Design e comunicazione visiva al Politecnico di Torino, e oggi impegnato come creative producer presso On Running, azienda di attrezzatura sportiva con base a Zurigo. “Ho constatato che i bambini imparano a usare iPad e computer ben prima di saper costruire qualcosa con le loro mani. Il mio approccio voleva bilanciare gli aspetti pratici e umani dell’apprendimento”.
Ispirandosi all’autoprogettazione di Enzo Mari, Alessandro si trova a risolvere alcuni temi pratici, come il comfort e l’ergonomia (garantiti dalla curvatura della seduta e dello schienale) e la riduzione al minimo dello scarto di materiale (scegliendo il solo legno). Il progetto si sviluppa attorno a quattro elementi uniti come un puzzle a grandezza bambino, con incastri resistenti e reversibili. Due viti sullo schienale bastano a rendere stabile il sistema. La seduta, poi, è impilabile fino a cinque pezzi e sullo schienale c’è lo spazio per scrivere il proprio nome (“un modo per rendere il bambino orgoglioso della propria creazione”, spiega), che a fine anno si può cancellare. Le forme poco spigolose, infine, lo rendono un oggetto tra arredo e gioco.
“Enzo Mari resta per me un punto di riferimento importante”, prosegue. “Mi riconosco nel suo approccio radicale. È importante essere essenziali: non servono nuovi oggetti, ma piuttosto un nuovo metodo per usare quello che si ha già”.