“Provo a sovvertire la tendenza che hanno alcune istituzioni, ma anche alcune pratiche, di vedere le città in modo omogeneizzato, valorizzando solo la narrazione dominante,” afferma Phil Smith nel suo libro Counter-Tourism: The Handbook. Il ricercatore, scrittore e performer inglese promuove un metodo di esplorazione che esalta le anomalie di un luogo, provando a far emergere i vari significati che si stratificano nelle città: oggettivi o soggettivi, questi sono tutti degni di curiosità.
Uno approccio simile a quello di Smith lo troviamo nel lavoro di Katerina Papanikolopoulos, fondatrice e direttrice artistica dell’Athens Design Forum, un evento sperimentale che propone un nuovo modo di vivere il design contemporaneo. La manifestazione, che si è tenuta dal 30 settembre al 7 ottobre 2021, porta all’estremo una tendenza recente, cioè quella di legare il design (o l’arte) alla scoperta di luoghi abbandonati o periferici: l’opposto del white cube, un tipo di ambiente immacolato e spesso considerato l’ideale di spazio espositivo.

La giovane storica dell’arte e curatrice, tornata ad Atene dopo i suoi studi negli Stati Uniti, ha modellato la programmazione di ADF seguendo il suo personalissimo modo di concepire il design e vivere la città. Mostre, seminari, laboratori e archivi sono i quattro pilastri su cui è stato costruito il palinsesto di eventi distribuiti in varie parti della città: dal centralissimo e lussuoso Perianth Hotel, progettato dagli architetti di K-Studio, a una fabbrica in dismissione nel quartiere periferico di Moschato, dove per tutto l’evento hanno lavorato i designer Francesco Pace e Stefano Fusani, conosciuti anche come Tellurico e Neostandard.
Il festival è stato concepito come un’esperienza a 360°, in cui il design è un nodo centrale, ma che serve anche a raccontare le complessità di una città complessa, sporca, vitale e gioviale come è Atene. Con l’Acropoli che, per una volta, serve solamente da (magnifico) sfondo.

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