La cromia poetica delle lampade di Mandalaki Design Studio

La ricerca dello studio milanese sulla collezione di lampade Halo combina cromie precise e mira a creare una seconda dimensione, che va oltre la realtà fisica.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1053, gennaio 2020.

Disegnare la luce per Mandalaki Studio significa espandere la percezione della realtà stessa. La nostra ricerca si concentra sulla combinazione di precise cromie e mira a creare una seconda dimensione, che va oltre la realtà fisica. Progettare la luce significa andare a risvegliare sentimenti arcaici e originari: avremo sempre più bisogno di prodotti che ci disconnettano da smartphone o computer, come quando ci fermiamo a osservare un tramonto o a guardare un fuoco che arde.

La collezione di lampade Halo nasce proprio dalla volontà di portare dei grandi soli, dei tramonti personali, all’interno delle case: paesaggi cromatici capaci di allargare la percezione degli spazi e d’illuminare delicatamente gli ambienti. Riteniamo che sia sempre più importante avere oggetti domestici che riescano a evocare un aspetto meditativo, che rilassino l’animo e ci riconnettano alla vastità della natura. La novità è rappresentata dal disegno della luce stessa, oltre che della lampada. Abbiamo dedicato ore per mettere a punto le nostre ottiche. Rispetto a una normale lampada, Halo ha la peculiarità di proiettare sfumature analogiche di diverse tonalità tutte insieme, come in natura. Una lampada standard a LED consente invece di scegliere solo la temperatura del colore o il colore stesso, uno per volta. Per sviluppare ulteriormente il progetto, abbiamo pensato a un’installazione, Origin, che s’ispira all’origine della vita e dell’universo.

Dettaglio del corpo dissipante di Halo Giga, proiettore di alluminio anodizzato, che integra al suo interno una sorgente LED ad alta potenza e un sistema ottico appositamente studiato per ottenere un un cerchio cromatico perfetto. Foto Marco Menghi

È il primo passo di un’indagine sulla percezione della luce negli spazi naturali estremi. Abbiamo scelto una cava di marmo a Carrara perché la presenza di vene di pietra millenarie ci riporta in un luogo primigenio. Qui proveremo a indagare come la luce possa generare sicurezza e infondere calore anche in luoghi remoti e arcaici dove, milioni di anni fa, l’uomo trovava conforto solo nel calore del fuoco e del sole.

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