Maria Cristina Didero: Perché una mostra su suono e design e quale la base su cui si fonda questa progetto curatoriale?
Domitilla Dardi: Perché il design è troppo spesso associato al solo primato della vista, ovvero a oggetti utili ma soprattutto belli da vedere. Quando a questo si unisce un altro dato sensoriale, come quello sonoro, ecco che si genera una sorta di sinestesia percettiva, l'attenzione si attiva e la fruizione diviene più consapevole. Molti sono infatti i designer che si sono rivolti a questa possibilità fruitiva per fare una ricerca e una sperimentazione sensoriale pur non nascendo come sound designer, anzi, spesso provenendo da campi differenti. Quello acustico è poi un senso più primordiale e quindi capace di evocare una memoria istintiva e profonda: gli studiosi dicono infatti che la vista è il senso della cultura alfabetica, capace di portare la nostra attenzione sul mondo in direzione centrifuga; l'udito, il tatto (ma anche gusto e olfatto) vanno all'opposto, portano il mondo dentro di noi e non a caso sono sensi riscoperti e potenziati dall'attuale cultura del prodotto digitale - pensiamo alle interfacce touch screen, ad esempio.

Il design non riguarda secondo me tanto le categorie tipologiche quanto il processo e il modo di fare le cose. Da questo punto di vista tutto ciò che preveda un ragionamento progettuale articolato, che tenga in considerazione ragioni ed effetti, è design.
Molte opere sono state concepite appositamente per questa mostra: quali e perché?
La mostra da un lato espone oggetti conosciuti cercando di metterne in risalto il processo produttivo tramite prototipi e componenti, e dall'altro ha ispirato a diversi autori nuovi progetti. E' questo il caso, per esempio, dei Mischer Traxler che realizzano un'installazione composta da un insieme di calici di vetro nei quali è intrappolata una piccola mosca (ovviamente meccanica) che produce un brusìo quasi musicale; oppure Tobia Repossi che ha creato delle pistole con un puntatore laser nel quale i visitatori potranno pronunciare una parola la cui vibrazione verrà 'sparata' sul muro creando una forma irregolare che ne è una sorta di impronta sonora resa visibile.

Il suono viene progettato dai sound designer ma è anche un fenomeno che guida molti ragionamenti dei progettisti. In mostra abbiamo suddiviso tre principali vie del progetto sonoro: quella dell'Ascolto, con mezzi pensati per lasciare il suono nella sua purezza assoluta; quella della Musica, con strumenti scelti per la loro sperimentazione su nuovi modi di suonare basati su ergonomia, gestualità e divertimento; quella degli Oggetti Sonori, ovvero oggetti d'uso comune che associano a una funzione pratico-utilitaria un elemento acustico, come avviso, sottofondo o ispirazione al mondo musicale.

Assolutamente sì, la presenza del suono attiva l'interazione e risveglia la consapevolezza delle azioni di cui gli oggetti sono strumento. Che sia una nota musicale, un allarme, un segnale d'avviso, una voce o una vibrazione leggera, l'elemento sonoro non può lasciare passivo il fruitore e lo 'costringe' ad attivarsi in modo differente, spesso regalando buonumore.
Quali sono, nello specifico, le attività collaterali che andranno ad arricchire il progetto?
Ci sarà un calendario di performance e la possibilità di interagire con diverse opere. I Quiet Ensemble, per esempio, propongono con Natura Morta un "concerto per frutta e vegetali" che si basa sulle proprietà elettromagnetiche di elementi che di solito consideriamo inanimati. Luca Ruzza poi creerà una speciale Isola Sonora, uno spazio all'interno del quale sarà il corpo dei visitatori nella sua interezza a trasformarsi in uno strumento musicale e a comporre musica con il suo movimento.

Yuri Suzuki è un talento dell'interaction design che si è spesso concentrato sul suono come elemento per le sue ricerche sperimentali. All'interno di DOS presenterà un workshop che si intitola "Colour Chaser" particolarmente coinvolgente per i bambini - ma anche gli adulti sono certa non mancheranno). Si tratta di un dispositivo elettronico capace di leggere i colori traducendoli in suoni. In altre parole, i partecipanti potranno disegnare con speciali pennarelli su un foglio e poi un piccolo robot leggerà segni e colori seguendo i percorsi del disegno ed emettendo suoni alti o gravi a seconda della tonalità cromatica incontrata. Non è infatti un caso che si parli di 'toni' sia per i colori che per i suoni. Pare che questo progetto sia nato perché Suzuki è dislessico e cercava un modo alternativo al classico pentagramma per leggere la musica. Il risultato è un modo più giocoso e di forte coinvolgimento per comprendere toni, ma anche ritmo e tempi musicali.




Per una nuova ecologia dell’abitare
L’eredità di Ada Bursi si trasforma in un progetto d’esame del biennio specialistico in Interior Design allo IED di Torino, in un racconto sull’abitare contemporaneo, tra ecologia, flessibilità spaziale e sensibilità sociale.