Biennali, laboratori di design

A seguito di una visita alle Biennali del Design di Gwangju e di Lisbona, Domus traccia una mappa del fenomeno, emergente e in crescita esponenziale, delle biennali nell'epoca del global design.

Questo articolo è stato pubblicato su Domus 952, novembre 2011

In fatto di biennali e di festival, l'architettura e il design, quanto a numeri, stanno rapidamente guadagnando terreno sull'arte contemporanea. Le biennali (ce ne sono oltre 150, che abbracciano i settori culturali dell'arte, dell'architettura e del design contemporanei) spesso fioriscono in luoghi come Venezia, Istanbul e Gwangju, dove esiste una tradizione d'arte radicata; inoltre più di 60 città oggi ospitano fiere commerciali e 'settimane del design' di vario genere. Data la vocazione culturale della biennale, che si contrappone alla formula dei saloni, è pratica sempre più diffusa in queste manifestazioni chiamare un gruppo di curatori internazionali a cercare di spezzare i concetti angusti e strettamente disciplinari di design e di architettura. Una biennale, in altre parole, è un campo di prova in cui il progetto (inteso come forma di prassi culturale) sfida i suo stessi dogmi, trascende i suoi limiti e affronta nuove e inedite problematiche sociali. La quarta edizione della Biennale del Design di Gwangju inaugurata il 1° settembre, diretta da Ai Weiwei e da Seung H-Sang, è eccezionale proprio per questi motivi: è al 100% libera dalle lampade, dalle sedie e dai divani che occupano tanta parte delle riviste di design ed è profondamente politica.

La cosa interessante della mostra è che l'interpretazione del noto principio 'tutto è progetto' non ha nulla da spartire con i banali elogi della creatività a tutto campo ("evviva, genio e invenzione si trovano anche nella scopa e nella panchina disegnata per i barboni") e non riguarda l'inutile, il laterale, il poetico, in altre parole quella sfera del design concettuale che produce milioni di progetti effimeri, emozionali, per lo più cattive imitazioni di opere d'arte o derivazioni infinite da Munari (vasche a tre stanze per i pesci rossi, posate in plastica di lusso e altri gadget da bookshop di museo).
Foto di apertura: L’ingresso della sesta Biennale di Design di Gwangju, diretta da Seung H-Sang e Ai Weiwei. Qui sopra: EXD'11/Lisboa. Al Museu do Design e da Moda di Lisbona, nella mostra <i>Useless? An exploded view</i>, Jonathan Olivares ha creato una biblioteca di oggetti, disposti su un lungo tavolo, suddivisi in capitoli, ma collegati l’uno all’altro secondo una precisa narrativa, per farci riflettere sul concetto di inutilità
Foto di apertura: L’ingresso della sesta Biennale di Design di Gwangju, diretta da Seung H-Sang e Ai Weiwei. Qui sopra: EXD'11/Lisboa. Al Museu do Design e da Moda di Lisbona, nella mostra Useless? An exploded view, Jonathan Olivares ha creato una biblioteca di oggetti, disposti su un lungo tavolo, suddivisi in capitoli, ma collegati l’uno all’altro secondo una precisa narrativa, per farci riflettere sul concetto di inutilità
La scelta dei direttori è stata quella di censire come design tutti i fenomeni essenziali che danno forma alla nostra vita e di metterli in questione: lo sport, la chirurgia plastica, la rete, l'open source, il lavoro, la biotecnologia, l'abitare, le rivoluzioni, la guerra, il denaro, il vestire, la cura, la morte, la rappresentazione, il sesso, la politica stessa. Ma, nel bene e nel male, tra casi inquietanti e straordinarie manifestazioni d'intelligenza, le cose e i progetti esposti sono pezzi di realtà, mai metafore, paradossi o utopie, come nel nostro radical design degli anni Settanta o nel contemporaneo critical design.
Biennale di Gwangju. Time covers di Lev Manovich e Jeremy Douglass / Software Studies Initiative 
è un’analisi di 4.535 copertine di Time Magazine, dal 1923 al 2009
Biennale di Gwangju. Time covers di Lev Manovich e Jeremy Douglass / Software Studies Initiative è un’analisi di 4.535 copertine di Time Magazine, dal 1923 al 2009
Nelle sale di questa Biennale non avrebbe trovato posto, tanto per fare un esempio, lo spiritosissimo Suited for Subversion di Ralph Borland (cfr. Paola Antonelli, Domus 949, luglio/agosto 2011), un capo d'abbigliamento imbottito a forma di cuore che para le manganellate e riprende con una telecamera le cariche della polizia. Vi sono invece ricostruite le non meno surreali, ma vere e documentate, tenute improvvisate dai ribelli di piazza Tahrir (caschi fatti di bottiglie di plastica, di polistirolo, di pentolame fissato alla testa con mezzi di fortuna) accompagnate da istruzioni strategiche per la protesta non violenta tratte da un pamphlet distribuito per le strade dagli attivisti egiziani.
Una biennale è un campo di prova in cui il progetto affronta nuove e inedite problematiche sociali
EXD'11/Lisboa. Sulki & Min: intervento urbano <i>site-specific</i> all’interno della mostra <i>Redundância</i>
EXD'11/Lisboa. Sulki & Min: intervento urbano site-specific all’interno della mostra Redundância
Questo processo di 'selezione ed estrazione' dal mondo reale dei processi e delle pratiche caratterizzate dal più alto tasso di rilevanza politica e di organizzazione (= progetto, design) è stato spinto all'estremo nella sezione Unnamed, curata da Brendan McGetrick. Il design anonimo, raccolto, illustrato e spiegato per lo più dal collettivo Unnamed Design Team, assume qui un senso molto diverso dai secchi, dai cavatappi, dai tram e dagli altri oggetti d'uso di cui nessuno conosce o ricorda l'autore. L'obiettivo dei curatori è di portare alla luce quanto pensiero sistematico, quanti protocolli e quanti perturbanti strumenti siano necessari per eseguire una condanna a morte (Execution Design, istruzioni e utensili per lapidazioni, iniezioni letali, impiccagioni, sedie elettriche e fucilazioni), fabbricare un corpo perfetto da atleta (Athletic Body Design, Professional Fighting Cosmetic surgery), falsificare denaro o scoprire le banconote false (Counterfeit Currency e Anti-counterfeit Currency), creare un virus informatico (Computer Virus Design, dove compare il codice di Stuxnet, utilizzato per sabotare il nucleare iraniano), condurre un'azione terroristica (ied Equipment, rassegna dei materiali fondamentali per confezionare i principali tipi di bombe artigianali), o sferrare un attacco aereo senza rischiare nulla, attraverso un velivolo a controllo remoto (Predator Drone Command Station); o ancora, per risolvere il problema della proiezione bidimensionale della superficie terrestre, per modificare il corpo (straordinarie le fotografie di Chris Rainier di scarificazioni, colli allungati, tatuaggi tribali), per rendere la masturbazione più attraente di un rapporto sessuale (Male Please Item, con gli ultimi gadget della casa giapponese Tenga).
EXD '11/Lisboa. L’intervento urbano <i>Re(x)ursion</i> di Thomas Castro (Lust) in Praça da Figueira a Lisbona. Photo © Luís Rocha
EXD '11/Lisboa. L’intervento urbano Re(x)ursion di Thomas Castro (Lust) in Praça da Figueira a Lisbona. Photo © Luís Rocha
Min-Suk Cho e Anthony Fontenot, i curatori della sezione Named, hanno invece 'prelevato', sempre dal mondo reale, progetti firmati. Ma al di là di Diller e Scofidio, Atelier Bow-Wow e Herzog & de Meuron (di cui viene presentata non un'architettura, ma la ricerca On Smells: una sorta di biblioteca degli odori che costituiscono l'aura di un luogo, come la pioggia sull'asfalto bollente o il cemento liquido), molti sono i nomi estranei al mondo del design: dalla scenografa coreana Eun-Me Ahn alla scienziata Temple Grandin, che grazie a una particolare sensibilità derivante da una forma di autismo è riuscita a progettare dei labirinti per i macelli in grado di rendere meno crudele la morte delle bestie. Transparent Camouflage, il progetto di Metahaven su Wikileaks, analizza la contraddizione tra la mission di Assange, la trasparenza radicale dell'informazione, e l'opacità necessaria all'esistenza stessa dell'organizzazione.
Biennale di Gwangju. Temple Grandin lavora con le aziende agricole per alleviare le sofferenze degli animali prossimi al macello. Qui, l’edificio progettato per la Cargill Corporation. Photo Kyungsub Shin
Biennale di Gwangju. Temple Grandin lavora con le aziende agricole per alleviare le sofferenze degli animali prossimi al macello. Qui, l’edificio progettato per la Cargill Corporation. Photo Kyungsub Shin
A fornire la chiave politica della mostra sono però due lavori molto diversi: l'Academy of Work di Partizan Publik e il video su Gregory Ain, uno dei più bravi architetti che abbia mai costruito a Los Angeles, rimosso dall'immaginario collettivo con l'accusa di comunismo. Entrambi costituiscono una riflessione inusuale sul social engineering, la scienza aborrita del plasmare la società attraverso un'accurata progettazione di spazi, tempi, comportamenti e modi di lavorare, spesso associata al modernismo e alle dittature. Partizan Publik (un collettivo che si autodefinisce come un gruppo di 'ingegneri sociali') ha avviato, insieme a Arne Hendriks, una ricerca parallela su Alexei Gastev, chiamato da Lenin a trasformare in operai una società di contadini, e l'appello del presidente della Commissione Europea Manuel Barroso, alla transizione dal lavoro fordista alla creatività postindustriale. Quali sono le forme di condizionamento comportamentale negli uffici, nelle scuole, negli ambienti urbani, a cui siamo sottoposti, come lo furono a suo tempo gli operai di Ford? Quante smart pill, energy drink e quanta clorofilla, ci costringono ad assumere i facility manager, gli uomini del marketing, gli ingegneri sociali del neoliberismo? Nel paragonare la Biennale di Design di Gwangju a EXD'11/Lisboa ci si rende conto immediatamente di quale vasta varietà di esposizioni venga ricompresa nel termine 'biennale'.
Mappa delle biennali di arte, architettura e design. Infografica Crilo
Mappa delle biennali di arte, architettura e design. Infografica Crilo
Mentre Gwangju, come Venezia, destina un edificio (o più d'uno) a ospitare di anno in anno mostre d'arte e di design, exd/Lisboa ha adottato per tradizione la disseminazione delle manifestazioni nella città, usandole come dispositivi per attrarre il pubblico in interessanti e sconosciuti spazi urbani che di norma trascura. Il programma di exd/Lisboa ha sempre messo in primo piano, oltre alle mostre, gli Open Talks, tavole rotonde con importanti personaggi del mondo del progetto, tra cui quest'anno Hans Ulrich Obrist, Enzo Mari, Pedro Gadanho, Zoë Ryan e altri, e lo scenario dei dibattiti di quest'anno era particolarmente significativo: l'ex tribunale in cui venivano processati i dissidenti sotto la dittatura di Salazar e in cui più tardi fu processato lo stesso dittatore. Dato il tema della sesta edizione della Biennale, Useless (Inutile), non si poteva fare a meno di pensare che il progetto stesso, in questo momento di crisi disciplinare, fosse sotto processo. Ciò in cui i dibattiti e le mostre sono ben riusciti è l'analisi del pervasivo dogma della produttività, l'obbligo del progettista di essere sempre utile, sottoposto alla disamina individuale di ciascuno dei curatori. La mostra di Emily Kings, Sidelines (Attività collaterali), articolata in interventi minimi in sette 'istituzioni singolari' sparse per il centro di Lisbona, fruga nell'irrazionale ma profondamente umano impulso a collezionare. In Useless? An Exploded View (Inutile? Un esploso), ospitata nella sede sventrata di una banca oggi utilizzata come museo della moda, il designer Jonathan Olivares conduce una lettura tassonomica degli oggetti quotidiani, trovando tracce di inutilità in una gran quantità di cose. Come a dire: l'inutilità, come la bellezza, è nell'occhio di chi guarda. Rosanna Ambrosetti, Critico
Mappa delle biennali di arte, architettura e design. Infografica Crilo
Mappa delle biennali di arte, architettura e design. Infografica Crilo
Mappa delle biennali di arte, architettura e design. Infografica Crilo
Mappa delle biennali di arte, architettura e design. Infografica Crilo

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