Llove Temporary Hotel, Tokyo

Coordinati da Jo Nagasaka e Suzanne Oxenaar, otto designer (olandesi e giapponesi) interpretano i temi dell'ospitalità e dell'amore.

Vivere circondati dal design è un desiderio di molti. È anche un sogno a prezzi abbordabili grazie al Lloyd Hotel di Amsterdam, progettato da MVRDV e arredato da oltre 50 designer internazionali, che dal 2004 propone stanze a prezzo e comfort su misura da 1 a 5 stelle.

Per un mese, il Lloyd raddoppia ed esporta la sua filosofia a Tokyo, dove in occasione di DesignTide ha da pochi giorni inaugurato il Llove Hotel, nella lussuosa e centralissima Daikanyama, quartiere di Shibuya. Parte mostra e parte vero albergo, al Llove di Tokyo è possibile entrare per una visita, ma anche prenotare e fermarsi a dormire una notte. Il progetto è curato dal direttore artistico del Lloyd Suzanne Oxenaar (che da tempo sognava di aprire una filiale in Giappone) e da Jo Nagasaka (Schemata Architecture Office) che ha lavorato invece sul concetto di yurui (in giapponese, informale). Concetto che, applicato a un albergo, significa prezzi ragionevoli e ambiente accogliente.

Otto designer – quattro olandesi (Scholten & Baijings, Pieke Bergmans, Richard Hutten e Joep van Lieshout) e altrettanti giapponesi (Yuko Nagayama, Hideyuki Nakayama, Ryuji Nakamura e Jo Nagasaka) – hanno lavorato in completa libertà e hanno interpretato il tema della stanza d'albergo nei modi più diversi. Così, il Llove Hotel – otto stanze, un caffè e uno shop – finisce per offrire anche una visione d'insieme sui diversi approcci progettuali.

Lo sguardo olandese è – come sempre – ironico e concettuale. Come la stanza a 7 stelle (3 per il comfort e 4 per l'esperienza) e a righe colorate di Richard Hutten che con il suo altissimo letto multistrato è "poco adatta agli uomini d'affari, ma perfetta per turisti rilassati, coppie innamorate e per chiunque si voglia godere la vita", come spiega il designer. Fiabesca e "innamorata", nella stanza creata della regina del "design virus" Pieke Bergmans, il letto si arrampica fin sul soffitto, la sedia si allunga per avvicinarsi al tavolo, mentre la luce è un groviglio. Il duo Scholten & Baijings si è concentrato, invece, sul tema della fertilità.

Altrettanto concettuali, ma decisamente più essenziali e sperimentali, le stanze "giapponesi" invitano gli ospiti all'interazione e giocano con la tradizione. Ryuji Nakamura, per esempio, ha aggiunto un piano alla tipica stanza giapponese, dividendo lo spazio in due (sopra e sotto). Il pavimento elastico è il vero elemento di sorpresa: lo si può infatti tirare e allungare fino ad attraversarlo. Gli ospiti sono invitati a cercare nuovi modi di usare questo materiale. Spoglio e desolato, lo spazio di Yuko Nagayama è coperto di ciottoli bianchi. "Sarà un po' come campeggiare nella natura: bisogna adattarsi all'ambiente", spiega Nagayama. L'ospite si adatta alla stanza e non viceversa, dunque. La stanza di Hideyuki Nakayama è una perfetta replica – in grande – di un'antica stanza giapponese, ma quasi fatiscente. Ancora un rimando alla tradizione nel progetto di Jo Nagasaka, che parte da un pezzo di storia (quella di una fabbrica olandese costruita nel 1641 sull'isola di Deshima) per creare uno spazio illusionistico.

Ideato per celebrare 4 secoli di scambi culturali e commerciali tra Giappone e Paesi Bassi, il temporary hotel sarà aperto fino al 23 novembre. Elena Sommariva

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