Pur percependo che queste tavolette contengono un mondo di segni iconici e messaggi cognitivi, continuiamo a non afferrarne la vera natura, forse perché si tratta di oggetti lontani dal mondo condiviso dalla "gente comune". Si tratta infatti di una piccolissima parte delle illustrazioni tattili progettate e realizzate nell'Istituto dei Ciechi di Milano, che vanta 170 anni di attività e un bagaglio di materiale didattico particolarmente ricco, che produce nel proprio laboratorio curato da Aurelio Sartorio. Questa enorme "enciclopedia per immagini", che costituisce il compendio di un lavoro sviluppato con pazienza e metodo sulle illustrazioni tattili, è stata un'arma straordinariamente preziosa per i non vedenti. Se infatti il Braille, il sistema di scrittura a rilievo messo a punto da Louis Braille nella prima metà del XIX secolo, ha assolto l'importante scopo di traghettarli dalla cultura orale a quella scritta, le rappresentazioni tattili realizzate su tavole o libri hanno avuto sicuramente il merito di aver fatto loro ampliare la gamma sperimentabile di sensazioni e informazioni, di aver fatto raggiungere ai non vedenti livelli di conoscenza particolarmente significativi e gratificanti, e quindi una maggiore autonomia nello spazio extra-domestico. Non si tratta di un traguardo da poco, ed è anche uno strumento potenzialmente disponibile per una buona fetta della popolazione: nel mondo sono 50 milioni i non vedenti e 135 milioni gli ipovedenti.
Il materiale didattico tattile si è cominciato a costruire in parallelo alla diffusione della scrittura Braille, ma è negli ultimi cinquant'anni che si è verificata una svolta che ha determinato una sorta di accelerazione verso la sistematizzazione di quello esistente e la creazione di veri e propri percorsi educativi (ludici, geografici, scientifici, storico-artistici) sviluppati tramite materiale tattile sofisticato. La decisione di integrare i bambini non vedenti nelle scuole comuni, nel 1975, ha dato a tutti gli istituti specializzati un'occasione di rinnovamento della propria formula educativa, la possibilità di adeguarla al nuovo scenario e di dare il via a un "progetto industriale" centrato proprio sugli strumenti della didattica. Bisognava crearne di nuovi, ideati per essere condivisi anche da bambini vedenti – con una diversa cura estetica che facesse da volano all'integrazione in classe –, che fossero riproducibili velocemente in un buon numero di copie e che consentissero di contenere i costi senza depauperare il materiale di contenuti e qualità. Una sfida economica legata alla distribuzione che ha fatto dell'Istituto dei Ciechi di Milano uno di centri di eccellenza europei. Dagli esemplari unici realizzati nella falegnameria interna si è passati alla produzione di una matrice in legno o resina riprodotta poi in più copie tramite la tecnica della termoformatura e distribuita nelle scuole di tutta Italia, agli studenti in carico all'Istituto, alle loro famiglie e ai docenti.
La sfida progettuale che sta alla base del lavoro sulle tavole tattili è ancora più affascinante di quella produttiva, perché lavora sul presupposto che anche una persona minorata della vista possa acquisire una cognizione della forma, e cerca così di abbattere la maggior parte dei fattori che ne condizionano la libertà espressiva e interpretativa. Se è infatti la vista il senso che più degli altri indaga, misura, colloca nello spazio e offre al sistema percettivo delle indicazioni per organizzare le osservazioni, fare confronti ed esprimere valutazioni, ci si chiede come possa un non vedente sopperire a una tale mancanza con il tatto. L'esplorazione con le mani, infatti, si estende su un campo percettivo ristretto e procede per sequenze su frammenti di spazio, tutte 'mancanze' che vengono compensate però con la rilevazione della sensazione termica, della qualità, della consistenza della superficie di un oggetto, compensazioni possibili grazie all'acquisizione di specifiche tecniche esplorative. Un non vedente può quindi riconoscere la forma, la dimensione, la significatività e il valore estetico di un oggetto, ma solo a patto che la sua esplorazione venga istruita dall'esperienza, che acquisisca cioè quella particolare intelligenza aptica che solo l'aver 'mappato' l'oggetto in precedenza con il tatto può dare. Può quindi ricostruire con "mani intelligenti" le raffigurazioni mentali di oggetti che non sono stati percepiti con la vista. Una conferma di questa teoria arriva anche dalla scienza: già negli anni Novanta, una serie di studi basati sulla risonanza magnetica ha rivelato che la corteccia visiva (che costituisce più del 20% del cervello) dei non vedenti non rimane inutilizzata, ma che si attiva quando passano la mano su una riga di scrittura Braille.
Dato che la lettura della realtà parte dal tatto, che fa assumere alla parola quel collegamento al significato che la vista non può dare, è importante educare il bambino non vedente sin da piccolissimo: ci sono percorsi didattici già per le fasce da 0 a 3 anni. Oltre ai libri e ai materiali ludici – realizzati con materie prime reali, concrete, assemblate in collage materici – la proposta didattica comprende illustrazioni e schede che trasmettono elementi reali che si trovano nel mondo famigliare, suddivisi per generi e arricchiti da brevi testi in Braille, ma anche tavole tematiche su elementi e argomenti che per dimensione o lontananza dalla vita di tutti giorni possono essere 'comprensibili' solamente su un supporto in altorilievo.
La ricerca sulla qualità della tattilità ha un ruolo fondamentale, perché deve seguire regole che ne garantiscono la corretta lettura. E qui entra in gioco tutta l'esperienza di esperti come Sartorio, che sanno come le immagini debbano essere essenziali, schematiche e significative, sfrondate dagli elementi che possono essere confusivi nella lettura (c'è un problema di soglia percettiva, di saturazione dell'informazione). Devono avere anche caratteristiche di solidità, per permettere una adeguata manipolazione, oltre che essere organizzate spazialmente rispetto alle coordinate del piano per essere facilmente rintracciabili, e con indicazioni di proporzione tra un elemento e l'altro. Devono anche essere riprodotte scegliendo il giusto "punto di vista" – o proponendone più di uno, come nel caso della visione frontale e laterale di persone, animali e oggetti, non trascurando anche la rappresentazione di piani spaziali grazie allo studio di spessori differenti – e costruite nel rispetto delle modalità dell'esplorazione tattile.
La scelta delle texture riveste un ruolo importante: devono essere contrastanti, per consentire una maggiore identificazione e denominazione delle parti. Il colore, che sembrerebbe essere un elemento non necessario a manufatti per non vedenti, è invece importante come elemento di integrazione nelle classi miste, oltre che utile fattore distintivo per chi è ipovedente (i colori primari, che catturano la luce, sono indicati perché più facilmente distinguibili). Sono tanti e sofisticati i fattori in gioco per rendere le immagini tattili utili, oltre che belle. Perché un'immagine corretta, ma anche esteticamente interessante, può essere meglio capita da tutti, vedenti e non. E riuscire a fare in modo che, anche per i non vedenti, la parola diventi la casa dell'essere.










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