Quando la sostenibilità si chiamava “ecologia”: un percorso dalle pagine di Domus

La ricerca di un rapporto bilanciato col pianeta, tra utopie comunitarie e rivoluzioni sistemiche del design, in 60 anni del nostro archivio.

Arcologia

Domus 474, maggio 1969

Arcologia

Domus 474, maggio 1969

Auroville

Domus 556, marzo 1976

Auroville

Domus 556, marzo 1976

Solar Energy

Domus 556, marzo 1976

Solar Energy

Domus 556, marzo 1976

Solar Energy

Domus 556, marzo 1976

Domus 789, gennaio 1997

Domus 789, gennaio 1997

Schema della “Connected Community”, I.McWilliam, Philips PCD - M.Susani, Domus Academy - R.Kolli, Meru Research

Domus 789, gennaio 1997

Domus 789, gennaio 1997

Roland Gnaiger, azienda agricola organicobiologica a Lustenau

Domus 789, gennaio 1997

Ciudad Abierta, Valparaiso

Domus 789, gennaio 1997

Ciudad Abierta, Valparaiso

Domus 789, gennaio 1997

La sostenibilità, su Domus, si può dire sia nata due volte. Fortunatamente, perché oggi è quasi più facile applicarla che non definirla, isolarne una definizione nell’ipertesto mediatico contemporaneo – nei 2305 record legati alla parola in archivio Domus, per esempio. 

Domus ha da subito dato voce a quei segnali, inizialmente di allarme, che richiamavano l'attenzione sul bisogno di tutelare un pianeta che stavamo inopinatamente sfruttando e rapinando, e sulle prime azioni che volevano dare risposta a questa emergenza. Solo, ha usato negli anni parole differenti per esprimerli.

Domus 474, maggio 1969

Fin dagli anni ‘60, su Domus la sostenibilità è ecologia, la risposta all'emergenza passa per la conoscenza della casa globale, per la scienza, che va molto vicina alla fantascienza: non a caso la prima volta “ecologia” la pronuncia – tramite Agnoldomenico Pica – Richard Buckminster Fuller (Domus 435, Febbraio 1966). Arriverà poi Christo, più tardi, a rivendicare l’ecologia come una priorità politica degli artisti (Domus 549, agosto 1975).  

Ecologia è la scienza dell’insediamento dell’uomo nel mondo, anzi nell’universo, che non è entità separata dall’uomo, ma, con esso, costituisce i due ‘aspetti complementari e interattivi di un unico processo’.

Richard Buckminster Fuller. Domus 435,1966

Auroville. Domus 556, marzo 1976

In generale però è un approccio ancora in parte esoterico, da utopie costruite, quello delle risposte che atterrano su Domus: è l’Arcologia (architettura + ecologia)  di Paolo Soleri che prende forma nell'insediamento di Arcosanti in mezzo al deserto dell'Arizona; è il bilanciamento tra “territorio umano interiore” e “territorio fisico ambientale”, su cui nel 1968 viene fondata Auroville nel sud dell'India.
E più tardi, subito di seguito ad Auroville, sviluppata come galassia spirale in armonia con i vortici della brezza oceanica, autosufficiente nel coltivare un terreno che allo stesso tempo viene rigenerato, compare una ricerca di 10 pagine dedicate all’energia solare (Domus 556, marzo 1976). 

Domus 556, marzo 1976

Se gli anni ‘80 sono una pausa, lo sono solo in apparenza perché all'arrivo del decennio successivo i tempi sono maturati, e Domus esordisce in un dibattito ormai globale senza la minima esitazione: il numero 789 del gennaio 1997 si intitola Progettare la sostenibilità, segna il debutto della parola sulla rivista e contiene tutte quelle traiettorie che, nemmeno troppo sorprendentemente, sono temi centrali ancora oggi nel progettare il nostro rapporto con il pianeta. “Per arrivare a uno stadio avanzato di ‘coscienza ecologica’ occorre raggiungere un accordo fra ricercatori, produttori e collettività: un risultato che si può ottenere solo attraverso il coinvolgimento e la partecipazione di tutti” scrive in apertura François Burkhardt: la awareness è la stessa degli anni ‘60, ma questa volta irrompe nella realtà, nei progetti. Col rischio, in questa fase di assestamento semantico, di sbandare a tratti nella troppa tecnica, sostenibilità esce dal dominio dell'utopia ed entra nelle filosofie, nelle pratiche del progetto. 

Se si vuole veramente progettare la sostenibilità, occorre tenere conto anche di altri aspetti e mantenere costantemente in equilibrio il sistema generale delle funzioni portatrici di armonia e di progresso, sociale, economico, politico e culturale.

François Burkhardt. Domus 789, 1997

Progettare la sostenibilità. La copertina di Domus 789, gennaio 1997

Trova spazio il progetto politico di nuovi interi stati, come la Repubblica Ceca di Václav Havel che cerca un nuova via agricola durevole dopo un passato di forzature estrattiviste.

Trova spazio soprattutto il design; le parole del design sostenibile di inizio millennio si allineano: il leapfrog, la discontinuità sistemica evocata da Ezio Manzini per cui “le società industriali mature dovranno ‘saltare fuori’ dal sistema di produzione e consumo fin qui praticato e indicato come modello da seguire per quelle in via di sviluppo, e queste ultime dovranno ‘saltare oltre’(...) e arrivare direttamente a sistemi sociali e produttivi più avanzati e sostenibili”; il controllo delle filiere di produzione degli oggetti, e del loro ciclo di vita; le tecnologie e i materiali eco-performativi; la mobilità, ancora in termini di mezzi individuali ma già elettrici, di veicoli che sono oggetti riciclabili.

Rientra anche quell’ecologia della mente abbozzata ad Auroville, ma nella visione globale di rinuncia al modello capitalistico di sfruttamento che la studiosa Kapyla Vatsyayan associa ad un essere umano “...che vive e si comporta secondo uno spirito d’umiltà, come uno solo tra i molti organismi viventi del pianeta Terra".

Il dibattito sullo sviluppo sostenibile deve diventare un principio filosofico (...), la coscienza che l’uomo sarà in grado di sostentarsi solo se l’ecosistema autoregolato dell’universo si perpetuerà e non verrà distrutto dall’intervento umano.

Kapyla Vatsyayan. Domus 789, 1997

Domus 789, gennaio 1997

L’architettura si esprime in questo contesto per progetti – aziende agricole bio, case contemporanee in paesaggi da tutelare, “ecosistemi” industriali – che cercano la sostenibilità nelle soluzioni tecnologiche ma soprattutto in una nuova sensibilità ad un contesto che è naturale e anche culturale.

Ed è proprio qui che il cerchio delle “due nascite” della sostenibilità su Domus si chiude, per immettersi nel dibattito globale: la novità di fine millennio è l'accento sulla sostenibilità sociale, un intervenire sullo spazio che è anche intervenire sulle diseguaglianze già esistenti che lo percorrono: la Ciudad Abierta di Valparaiso fatta di un abitare fluido più di soglie che di case è sì una comunità “altra” come Arcosanti, ma nella sua fase post-utopista, lanciata ormai verso i trent’anni di vita, vuole essere un modello per le città che oggi si stanno sviluppando. La sostenibilità ha ormai assunto la sua componente di science per trasformare la fiction in un mezzo di trasformazione del reale, e di tutela del pianeta. 

Ciudad Abierta/Open City. Domus 789, gennaio 1997
Domus 474, maggio 1969

Arcologia

Domus 474, maggio 1969

Arcologia

Domus 556, marzo 1976

Auroville

Domus 556, marzo 1976

Auroville

Domus 556, marzo 1976

Solar Energy

Domus 556, marzo 1976

Solar Energy

Domus 556, marzo 1976

Solar Energy

Domus 789, gennaio 1997

Domus 789, gennaio 1997

Domus 789, gennaio 1997

Schema della “Connected Community”, I.McWilliam, Philips PCD - M.Susani, Domus Academy - R.Kolli, Meru Research

Domus 789, gennaio 1997

Domus 789, gennaio 1997

Roland Gnaiger, azienda agricola organicobiologica a Lustenau

Domus 789, gennaio 1997

Ciudad Abierta, Valparaiso

Domus 789, gennaio 1997

Ciudad Abierta, Valparaiso