La casa Möbius di UNStudio, 25 anni dopo

Sul volgere del millennio, Domus pubblicava un progetto destinato a diventare pietra miliare dell’architettura contemporanea, una casa “in cui l’esistenza diventa nomade”, generata dalla materializzazione del famoso nastro a curvatura infinita.

Quello che Domus presenta nell’aprile del 1999 sul numero 814 è il ritratto di una stagione di grande speranza nella storia dell’architettura: i committenti stessi di questa villa vicino ad Amsterdam infatti chiedono “un edificio che potesse offrire un contributo innovativo alla storia dell’architettura”, e i nomi che si associano a questa operazione saranno Ben van Berkel, Caroline Bos (UN Studio) e i West8 al paesaggio, i nomi stessi dell’avanguardia progettuale al cambio di millennio. Il saggio di Bart Lootsma racconta genesi e connessioni di pensiero della figura del nastro di Möbius, il nastro a curvatura infinita, che diventa la figura generatrice dell’architettura non in termini di forma, ma di diagramma del fluire, del vivere e dell’esistere all’interno della casa. È l’age d’or dell’architettura parametrica, del controllo della forma a partire dal controllo dei numeri – che permetterà a Peter Cook di materializzare certi sogni Archigram nella Kunsthaus di Graz, e allo stesso UNStudio di sviluppare il museo Mercedes a Stoccarda un decennio dopo – ma qui il nesso tra concetto matematico e spazio viene espresso nel suo punto più vicino al confine tra astratto e quotidiano.

Domus 814, aprile 1999

Casa unifamiliare Möbius, ‘T Gooi, Paesi Bassi

È nella casa stessa che l’esistenza diviene nomade. Antiche relazioni spaziali e funzionali si dissolvono. Anche a questo si adatta la metafora architettonica del “nastro di Möbius”. Vivere e lavorare, infanzia e tempo libero, relazioni continuamente e infinitamente mutevoli, socialità e spazialità. Un diagramma spazio-temporale ha rimpiazzato le certezze tipologiche. Le energie si addensano e si separano, tutto resta in movimento. Ecco il messaggio architettonico di questa nuova e rivoluzionaria casa unifamiliare, non più descrivibile con i criteri stilistici tradizionali. Spazio interno ed esterno, cucina e parco; in qualsiasi tempo e ovunque balena un piccolo lampo di vita, e nuovamente si perde nello spazio dalla curvatura infinita.

Il sito è stupendo, poco lontano da Amsterdam, nella zona in cui sorgono alcuni dei più bei quartieri di ville di cui sono ricchi i Paesi Bassi, con vasti appezzamenti di terreno circondati da boschi, alternati a piccoli campi coltivati, praterie e brughiere. La località inoltre ha la particolarità di trovarsi in una delle zone meno densamente edificate della regione, sul versante nord di una piccola valle contornata da faggi, con una fascia erbosa al centro. La valle è circondata da corsi d’acqua, cosicché il sito sul quale sorge la villa forma una sorta di penisola. I committenti non volevano semplicemente una bella casa grande, ma intendevano realizzare qualcosa di speciale, un edificio che potesse offrire un contributo innovativo alla storia dell’architettura, pertanto si sono rivolti a Van Berkel & Bos e West 8 solo dopo ricerche approfondite nel mondo dell’architettura internazionale. Oltre ai consueti locali di soggiorno e alle camere da letto destinati alla famiglia, il progetto prevedeva un appartamento per gli ospiti, due grandi studi e un garage per due automobili, poiché i committenti lavorano molto a casa e utilizzano la villa come punto di partenza per escursioni.

Domus 814, aprile 1999

Van Berkel & Bos hanno progettato la villa in maniera tale da sfruttare al massimo tutti gli aspetti del paesaggio, il ciclo del sole e le stagioni; l’interno e l’esterno sono infatti reciprocamente collegati su diversi piani. Inoltre il progetto è stato sviluppato in modo tale da creare un’abitazione destinata a persone che lavorano molto a casa e che quindi trascorrono regolarmente parecchi giorni di seguito al suo interno. Ogni sezione del progetto è caratterizzata da un’ambientazione particolare. Si trattava in fin dei conti di progettare un tipo di abitazione totalmente nuovo, che peraltro rendesse giustizia a tutte le peculiarità del sito. È interessante notare, per esempio, che il garage, per la posizione centrale nell’edificio, costituisce di fatto l’entrata principa-le. Di solito ville di questo genere sorgono in località fuori mano, pertanto si possono raggiungere soltanto in automobile e, raramente, in bicicletta. L’ingresso principale è nascosto sotto la punta occidentale sporgente dell’edificio e inoltre dà direttamente accesso all’appartamento per gli ospiti situato nel livello inferiore.

A differenza di Rem Koolhaas, Van Berkel & Bos non sembrano molto interessati a sviluppare nuove tipologie ripetibili, in quanto pienamente consapevoli dell’instabilità della società attuale, in cui ogni nuovo progetto viene determina-to da tutta una serie di Mobile Forces in continuo mutamento, descritte in uno dei loro primi libri che recava appunto questo titolo. In tanta instabilità un edificio non costituisce nulla di più di un punto di condensazione specifico e temporaneo. Fin dall’inizio, Van Berkel & Bos non hanno voluto creare una tipologia, bensì un diagramma che riassume in maniera astratta le diverse necessità e condizioni, e che di conseguenza diventa il filo conduttore del progetto. In un saggio recente su Any, Van Berkel & Bos collegano tale approccio operativo ai concetti delle Abstract Machines di Gilles Deleuze, che ordinano e generano il pensiero secondo modalità simili. Il diagramma prescelto, il nastro di Möbius, fornisce un principio spaziale ordinato-re, e allo stesso tempo un leitmotiv per l’elaborazione delle varie parti e dei dettagli della costruzione. Inoltre determina in ampia misura il modo in cui vi si abiterà, e alla fine anche il nome dell’edificio: casa Möbius. In questo caso il nastro di Möbius rappresenta un diagramma applicabile; si tratta di una striscia ruotata in modo tale che l’interno e l’esterno si connettono l’uno all’altro formando un otto allungato. Nell’opera del grafico M.C. Escher (Superficie di Möbius II, 1963) vediamo un gruppo di formiche che si inseguono su una superficie di questo ti-po, in un ciclo continuo senza inizio né fine. 

Domus 814, aprile 1999

Anche la casa Möbius è organizzata intorno a un percorso continuo. Sul lato posteriore si parte da un atrio sul quale danno la stanza da letto matrimoniale e lo studio del padrone di casa, per proseguire con una lunga vetrata attraverso la sala da pranzo e arrivare ai due salottini. Da qui, tramite una scala, si torna indietro salendo al piano superiore, dove si trovano lo studio della signora e le stanze da letto dei bambini, per ridiscendere nuovamente nell’atrio attraverso un’altra scala.

I committenti non volevano semplicemente una bella casa grande, ma intendevano realizzare qualcosa di speciale, un edificio che potesse offrire un contributo innovativo alla storia dell’architettura, pertanto si sono rivolti a Van Berkel & Bos e West 8 solo dopo ricerche approfondite nel mondo dell’architettura internazionale.

Van Berkel & Bos hanno tradotto in un diagramma le varie attività, suddivise in un ciclo di ventiquattro ore, in un volume continuo lungo la superficie di Möbius. Se però esaminiamo l’edificio, o meglio il plastico, vediamo che in realtà qui non ci troviamo di fronte a una superficie continua, bensì a due tubi piegati che ruotano uno rispetto all’altro. In questo senso la casa Möbius assume una posizione cardine fra i primi lavori di Van Berkel & Bos, in cui piani inclinati, angoli e piegature sottolineano con intenti quasi didattici le tensioni presenti nella situazione, e le opere recenti, in cui si tende a un’architettura fluida e piana, e a creare una sintesi tra tensioni e conflitti. In tale ottica un ruolo estremamente importante viene svolto da particolari programmi informatici avanzati. Le prime avvisaglie di questa tendenza alla sintesi sono già presenti nella casa Möbius, in cui gli elementi più diversi si fondono l’uno nell’altro oppure si origi-nano a vicenda, ma questo edificio è stato creato ancora nella maniera classico-artigianale, con l’aiuto di plastici e disegni. La tendenza alla sintesi si nota in primo luogo nel-le facciate, in cui il vetro spesso si sovrappone al cemento, e nel tetto, dove il vetro crea uno spazio che ricorda molto una serra nel vano destinato al televisore. Il medesimo concetto viene applicato all’interno, in cui pareti di cemento vengono accostate ad altre di vetro, e tavoli di cemento, vasche da bagno e lavabi sono completamente integrati nelle strutture. Tuttavia l’impressione dominante è che la casa Möbius sia maggiormente legata a un metodo di progettazione in cui domina la decostruzione.

Domus 814, aprile 1999

Il progetto è sicuramente generato dal diagramma della superficie di Möbius, che tuttavia viene decostruito in vari modi. Vengono ripresi, per esempio, particolari di edifici presenti nei dintorni, come la forma della piscina, già esistente, e quella della casa vicina, risalente agli anni ’60/70, in modo da inserirsi nelle peculiarità del paesaggio circostante, e tra le sagome angolate e inclinate trovano spazio li-nee e dettagli spaziali inattesi. Un esempio è rappresentato dalla bizzarra fenditura che si apre tra lo studio del padrone di casa e la stanza matrimoniale, un vuoto enigmatico e inaccessibile che taglia verticalmente l’intero volume architettonico ed è visibile dall’ingresso e dallo studio stesso. Da qui il mondo esterno penetra in profondità nella villa, attraverso la luce e i fenomeni meteorologici.

Van Berkel & Bos hanno tradotto in un diagramma le varie attività, suddivise in un ciclo di ventiquattro ore, in un volume continuo lungo la superficie di Möbius.

Un altro esempio è rappresentato dal tetto di vetro della sala della televisione, dal quale la signora può vedere il piano di sotto dal suo studio posto al piano superiore. Altre aperture creano inattesi riflessi luminosi su diverse pareti, in vari momenti della giornata, mettendo vivamente in risalto le diverse caratteristiche della collezione di opere d’arte, per la maggior parte del movimento Cobra. Ma l’effetto più spettacola-re della decostruzione è rappresentato da tutta una serie di stratagemmi che permettono l’apertura della villa sul paesaggio circostante, in netto contrasto con la chiusura dell’edificio sul lato nord. A volte si tratta di scorci inquadrati del panorama, in altri casi si sfruttano gli alberi che circondano la villa e che a loro volta delimitano uno spazio sul quale l’edificio si apre completamente, come nella sala della televisione.

Molto bello è il lungo corridoio a vetri che porta dall’ingresso al soggiorno: qui si può passeggiare al coper-to mentre il paesaggio si manifesta gradualmente lungo il percorso, come nei corridoi del Museo Kröller-Müller di Wim Quist. Il progetto del giardino, opera di West 8, che non a caso ha progettato anche il nuovo giardino delle sculture del Kröller-Müller, completa l’impostazione, marcan-do le caratteristiche specifiche delle varie zone che si estendono intorno all’edificio. Attraverso il bosco che si estende dietro la casa sono stati tracciati alcuni sentieri, con piccole bizzarrie nei punti cruciali, costituendo così una sorta di gigantesco parco in cui vagabondare all’infinito.

Domus 814, aprile 1999

Nota dell’architetto sulle fotografie di casa Möbius

Ci sono voluti sei anni per realizzare questa casa. È il risultato della creatività di molte persone: il committente (anonimo), il nostro studio d’architettura, gli ingegneri strutturali e l’impresa costruttrice, l’architetto paesaggista. Quando venne il momento di realizzare una documentazione permanente sulla casa (una volta tanto in pieno accordo con il committente) attraverso un servizio fotografico, ci domandammo come si potesse riuscire a fissare l’immaginario collettivo di tutti questi personaggi in relazione a questo specifico soggetto. Ci è parso che le tradizionali fotografie di architettura, che si focalizzano su un edificio come oggetto indipendente, non facessero al caso. Per varie ragioni.

Il flusso della circolazione all’interno della casa è un principio strutturale: sottolineare i particolari e cercare di definire certe parti della casa in modo idealizzato va contro i principi architettonici su cui la casa si fonda. Era meglio considerare le fotografie come fotogrammi di un film sul movimento all’interno dell’abitazione, nel ciclo di una giornata di vita familiare.

Domus 814, aprile 1999

L’immaginario architettonico vive gli stessi interessi vaghi, semi-inconsci dell’immaginario collettivo, come il glamour da rotocalco, il sesso, la pubblicità e la celebrità. Perché l’architettura dovrebbe distinguersene e continuare a presentare i suoi prodotti come oggetti aristocratici, incontaminati? Possiamo davvero affermare che gli architetti non condividono la banalità dei sogni del mondo contemporaneo? Per questi motivi abbiamo invitato la House of Orange a sommare la sua prospettiva alla nostra e a coordinare la rappresentazione fotografica della casa. Sotto la direzione della House of Orange sono stati realizzati dei doppi ‘ritratti’ a opera di due fotografi, Christian Richters e Ingmar Swalue. L’intento è di esporli uno accanto all’altro per esprimere i due aspetti citati: l’idea di movimento come principio strutturale e il modo in cui l’immaginario architettonico specifico si aggancia all’immaginario collettivo.

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