The information machine: il teatro sospeso di Eames e Saarinen

Dall’archivio Domus, il padiglione IBM progettato per la Fiera mondiale di New York del 1964, “un teatro ovoidale che trasporta gli spettatori come in una grande astronave sospesa”. 

Ormai consacrati come riferimento vivente per una comunità del design ormai internazionale, negli anni ’60 Charles e Ray Eames sono impegnati in una fase di ricomprensione del loro percorso di sperimentatori, fase incentrata sugli aspetti mediatici e tecnologici dello spazio e dell'architettura: Powers of ten, la loro serie di film dedicata alla lettura trasversale di tutte le scale dell'esistente attraverso potenze di 10, uscirà nel decennio successivo.

Per la New York World Fair del 1964, la loro ricerca incontra quella dello studio Saarinen in un dispositivo mediatico spaziale che Domus presenta l'anno successivo alla fiera sul numero 424 come una nuova frontiera di dematerializzazione per l'architettura dello spazio esperienziale.

<em>Il padiglione sospeso di Charles Eames</em>, Domus 424 / marzo 1965, vista pagine internet
Il padiglione sospeso di Charles Eames, Domus 424 / marzo 1965, vista pagine intere

Del famoso padiglione IBM progettato da Charles Eames, demmo già l'anticipazione. L'idea fondamenlale è quella del teatro sospeso, un volume ovoidale sollevato da terra (al di sopra del “bosco” di alberi di acciaio che protegge la mostra all'aperto): in questo volume, gli spettatori entrano dal basso, a gruppi di cinquecento per volta, trasportati da una tribuna mobile che, sollevandosi dal suolo, li trasferisce, seduti, all'interno del teatro. Il pubblico “prelevato” dalla folla e isolato nell'enorme uovo, dove una nuova fiera si svolgerà intorno a lui, si trova nel “centro” di uno spettacolo inatteso; è come in una grande astronave, in una dimensione insolita; e l'incertezza che prende lo spettatore lo predispone a una maggiore emozione.

Qui lo spettacolo si accenderà, a sorpresa, in proiezioni simultanee su quindici schermi – immagini ferme o in movimento, immagini ripetute, a ritmo, in alternanza, a comparsa e scomparsa, accompagnate da musica, da quattro fonti sonore, e con interventi improvvisi di personaggi umani - in un gioco di sovrapposizioni, mentali, visuali, sonore. (Il teatro è chiamato dagli Eames “the Information Machine” e lo spettacolo Think: è la resa in immagini dei principi primi del ragionare, e di ogni problema di calcolo, ideata da Charles e Ray Eames, con musiche di Elmer Bernstein, copione di Glen Fleck, per la IBM - alla quale va il merito di aver consentito una così radicale e unitaria invenzione).

<em>Il padiglione sospeso di Charles Eames</em>, Domus 424 / marzo 1965, vista pagine interne. Il "bosco" di alberi di acciaio su cui è sospeso il teatro ovoidale
Il padiglione sospeso di Charles Eames, Domus 424 / marzo 1965, vista pagine interne

Le proiezioni multiple erano già state sperimentate dagli Eames in grandi dimensioni (alla Fiera USA di Mosca, 1959, e a quella di Seattle, 1962), ma qui essi sono arrivati, costruendo il teatro, a “costruire” lo spettacolo; l'involucro architettonico e la rappresentazione che dentro di esso si svolge sono pensati l'uno per l'altro. In questo teatro potrà svolgersi solo questo spettacolo, e questo spettacolo potrà svolgersi solo in questo teatro. (Un così completo abbinamento fra spettacolo e volume architettonico non si era mai dato, dai tempi greci).

Questo teatro ovoidale sospeso che nella Fiera compare come un enorme oggetto, un grande elemento scenico, nel paesaggio di folla - in realtà può essere dunque la proposta di una nuova forma di rappresentazione, che va al di là dell'occasione della Fiera stessa. E può, per di più, significare la fine della tradizionale Fiera Mondiale.

Il padiglione sospeso di Charles Eames, Domus 424 / marzo 1965, vista pagine intere
In questo teatro potrà svolgersi solo questo spettacolo, e questo spettacolo potrà svolgersi solo in questo teatro

La Fiera Mondiale ha sempre voluto essere una sorta di grande “messa a punto” informativa del progresso raggiunto dall'umanità, in quel momento: e per far ciò sceglieva un punto, una città, e vi faceva convergere le folle da tutto il mondo; esigeva dal pubblico uno spostamento di migliaia di chilometri, per ottenere migliaia di immagini, sovrapposte e confuse, con un risultato finale più di fatica, di spesa, di svago, che non di apprendimento.

In futuro, un teatro-uovo come questo, ripetuto, come una macchina (è possibile) e presente in molte nazioni, potrà consentire con spettacoli predisposti, e con diversi linguaggi espressivi secondo la nazione cui saran destinati l'informazione contemporanea dell'intero mondo civile, come la Fiera vuole.

Charles Eames con lo Studio Saarinen: il padiglione IBM alla Fiera di New York 1964-65

Potrebbe anche, questo teatro, por fine al teatro tradizionale, quale lo conosciamo (cioè un edificio senza fisionomia delineata, e con un boccascena, o una scena centrale, che condizionano gli autori a metodi espressivi tradizionali e a variazioni sceniche su vecchi schemi). Questo teatro “a pubblico centrale” apre infinite possibilità ad invenzioni nello spettacolo: simultaneità, ritmo, sovrapposizione di personaggi, immagini, suoni, con intensità, dimensioni, scale diverse: tutto ciò potrebbe dare origine a uno spettacolo nuovo - cui il futuro darà un nuovo nome.

Tornando al padiglione IBM, è interessante osservare come gli Eames hanno tenuto separata, e raccolta sotto il grande “bosco” di acciaio, tutta la parte di attrazione immediata della Fiera, quale il pubblico la esigeva; e rappresentandola in chiave stilisticamente ironica - fontanelle, orologi e chioschi ottocenteschi, bandiere, luminarie, teatrini - quasi hanno riassunto in essa tutta la storia delle vecchie Fiere. Sulle quali oggi incombe, per la sua formidabile attualità, il grande “teatro-uovo”, ancora sospeso sulle nostre teste, come se provenisse da un altro pianeta (che, stranamente, è il nostro).

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