Guida al miart 2022 e gli eventi da non perdere durante la Milano Art Week

Una guida essenziale agli eventi della Milano Art Week e alle novità della prima fiera di arte contemporanea dell’anno 2022. Un “primo movimento”, come racconta il direttore Nicola Riccardi.

1. Artur Żmijewski, “Quando La Paura Mangia L'anima”, PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea) Apre al PAC il 29 marzo, ed è visibile fino al 12 giugno, la prima personale in Italia di una delle figure più radicali e importanti della scena artistica polacca: Artur Żmijewski, che ha esposto in istituzioni in tutto il mondo, tra cui documenta 12 e 14, la Biennale di Venezia e la Biennale d’Arte Contemporanea di Berlino, di cui è stato curatore nel 2012. Curata da Diego Sileo, la mostra si inserisce in una programmazione espositiva che ormai da tempo ha l’obiettivo di aprirsi al panorama internazionale, puntando i riflettori su grandi artisti che non hanno ancora avuto la dovuta attenzione in Italia e sull’idea di museo come polo di ricerca per tematiche di natura sociale, politica ed identitaria. La preoccupazione per problemi socio-politici della contemporaneità infatti è un caposaldo nella ricerca di Żmijewski. Attraverso le sue opere esamina le dinamiche di potere e oppressione nella collettività, così come le inclinazioni di paura e malvagità presenti nell’istinto umano. Il rapporto tra l’interiorizzazione delle emozioni estreme e le loro manifestazione attraverso le espressioni fisiche è il fil rouge tra le opere esposte, una selezione varia di lavori storici e recenti, di cui tre pensati ad hoc per il PAC. Żmijewski pone l’osservatore di fronte a un sistema di rappresentazione di diverse forme di paura: paura della solitudine, di essere dimenticati, di disturbi mentali e della disabilità, ma anche di un ambiente straniero e ostile, di un razzismo di Stato. Numerosi sono i riferimenti ai rifugiati al confine polacco-bielorusso durante l’estate-autunno del 2021. Non occorrono altre parole per comprendere l’urgenza di riflettere su questi temi. Oggi più di ieri.

29 marzo – 12 giugno
Artur Żmijewski, Gestures, 2019. Courtesy Foksal Gallery Foundation, Varsavia e Galerie Peter Kilchmann, Zurigo

2. Elmgreen & Dragset, “Useless Bodies?”, Fondazione Prada Per scoprire cosa accade ai corpi umani con l’avvento del metaverso occorre, con ogni probabilità, ancora qualche tempo, eppure Elmgreen & Dragset sembrano voler accelerare la questione. Dal 31 marzo la sede in Largo Isarco di Fondazione Prada sarà messa a disposizione del duo scandinavo per un totale di 3.000 m2, compreso il cortile che ad oggi non aveva ancora ospitato grandi mostre. Il titolo del progetto“Useless Bodies?” è programmatico, una domanda perenne a cui la società contemporanea non trova risposta: la presenza fisica dell’essere umano è oggi strettamente necessaria? Quali saranno le conseguenze della corsa alla digitalizzazione e all’automazione dell’epoca post-industriale? Questioni complesse cui rispondere oggi, che portano gli artisti a riflettere sull’idea di “corpo ideale” nel tempo.

31 marzo – 22 agosto 
Elmgreen & Dragset, What’s Left?, 2021, silicone, abbigliamento, fune metallica, palo di bilanciamento, dimensioni variabili. Courtesy l’Artista. Foto Elmar Vestner

2. Elmgreen & Dragset, “Useless Bodies?”, Fondazione Prada La mostra si apre infatti citando “Serial Classic”, la prima esposizione in Fondazione, dedicata al rapporto ambivalente nella scultura classica tra originalità e imitazione (un tema peraltro affrontato, seppur per altri versanti, anche nella mostra “Role Play”, visibile fino al 27 giugno a Osservatorio Prada). Corpi classici e neoclassici vengono associati a rappresentazioni iperrealiste firmate dai protagonisti della personale. Proseguendo oltre il Podium i toni si fanno più tetri. In un gioco intriso di dark humor, il duo gioca sui sensi e contro-sensi degli stili di vita occidentali: file di postazioni lavorative e spa abbandonate, dimore simili a bunker futuristici, oggetti ordinari alienati e dog robot. Immagini spiazzanti che inscenano un collasso di sistema e mettono in discussione i meccanismi di sorveglianza quotidiani. Dopo l’installazione Short Cut in Galleria Vittorio Emanuele, nel 2003, Elmgreen & Dragset tornano a colpire nel segno.

31 marzo – 22 agosto 
Elmgreen & Dragset, This is How We Play Together, 2021,bronzo, lacca, dimensioni variabili. Christen Sveaas Art Collection. Courtesy Perrotin. Foto Elmar Vestner

3. Steve McQueen, “Sunshine State”, Pirelli HangarBicocca Per la fama che accompagna Steve McQueen, vincitore di un Turner Prize e di un Premio Oscar, è d’obbligo citare l’apertura della sua personale in HangarBicocca, visibile al pubblico dal 31 marzo al 31 luglio 2022. La mostra, curata dal direttore artistico Vicente Todolí, è realizzata in collaborazione con la Tate Modern di Londra dove nel 2020, in piena pandemia, è stata presentata una prima versione di questo progetto nell’esposizione Steve McQueen. A Milano, l’artista visivo, regista e produttore ha concepito un apposito progetto espositivo intitolato “Sunshine State”, arricchito da una nuova selezione di opere. Attraverso gli spazi delle Navate e del Cubo, e sull’esterno dell’edificio, sarà possibile cogliere l’evoluzione dei suoi venti anni di carriera nelle arti visive in un percorso non cronologico, nel quale saranno presentate sei installazioni e una scultura.

30 marzo – 31 luglio
Steve McQueen, Charlotte, 2004 (still), pellicola a colori 16mm, niente suono, 5’ 42’’, © Steve McQueen. Courtesy l’Artista, Thomas Dane Gallery and Marian Goodman Gallery 

3. Steve McQueen, “Sunshine State”, Pirelli HangarBicocca La costruzione dell’identità e il senso d’appartenenza, così come il diritto alla libertà e il post colonialismo, sono temi fondativi nella sua ricerca, basata sul medium filmico, linguaggio che assume nei suoi lavori una corposità scultorea in termini spaziali e temporali, un aspetto che assume uno spessore particolare quando ad essere filmato è il corpo umano, in un agency costante per lo spettatore. In mostra sarà presente anche un video inedito che dà il nome all’intera mostra, opera commissionata dall’International Film Festival Rotterdam (IFFR) 2022 che l’artista ha elaborato per più di vent’anni; come spiegano i curatori, “Sunshine State” propone una riflessione sugli esordi del cinema hollywoodiano e su come il grande schermo abbia influenzato profondamente la percezione e la costruzione dell’identità.

Steve McQueen, Static, 2009 (still), pellicola a colori da 5 mm, trasferita in HD, audio, 7’ 3’’, © Steve McQueen. Courtesy l’Artista, Thomas Dane Gallery and Marian Goodman Gallery 

4. Yuli Yamagata, “Afasta Nefasta”, Ordet Se la tendenza della Biennale d’Arte di Venezia in arrivo è quella di presentare mondi surreali e onirici, si può affermare che la poetica di Yuli Yamagata si muove nella stessa direzione. L’artista brasiliana, classe 1989, presenterà alcuni nuovi lavori per la prima volta in Italia da Ordet, lo spazio diretto da Edoardo Bonaspetti e Emanuele Cernuschi in zona Porta Romana che si distingue sin dall’anno della sua apertura, il 2019, per la presentazione di ricerche internazionali sperimentali e d’avanguardia (ricordo anche l’ultima bellissima mostra di Jon Rafman). Nel trarre ispirazione dalla cultura di massa, le opere di Yamagata mettono in scena mutazioni umane, in bilico tra la realtà così come viene intesa oggi e il mondo animale.

2 aprile – 28 maggio
Yuli Yamagata, Coming back home, 2022. Foto Eduardo Ortega. Courtesy Fortes D’Aloia & Gabriel, São Paulo/Rio de Janeiro; Anton Kern Gallery, New York and Galeria Madragoa, Lisbona

4. Yuli Yamagata, “Afasta Nefasta”, Ordet Dal 2 aprile al 28 maggio un polpo, una lumaca, un paguro e un serpente popoleranno Ordet, in un allestimento interpretato come uno scheletro contorto, alterato e tentacolare. Nelle opere di Yamagata, imbottite e rivestite di tessuti, un po’ grottesche e un po’ cartoon, ciò che è conosciuto diventa perturbante; a un primo sguardo i soggetti sono identificabili, e subito dopo stranianti. Come il gusto estetico s’adatta malleabile, spaziando tra gusto dell’horror, consumismo da centro commerciale e fumetti di fantascienza, così fa l’intelligenza umana?

2 aprile – 28 maggio
Yuli Yamagata, Coming back home, 2022. Foto Eduardo Ortega. Courtesy Fortes D’Aloia & Gabriel, São Paulo/Rio de Janeiro; Anton Kern Gallery, New York and Galeria Madragoa, Lisbona

5. Dafne, “+39 334 2928559”, MASSIMO MASSIMO è un luogo intimo, quasi da sembrare una persona. Con sede in Porta Venezia, in via degli Scipioni, questo spazio no profit per l’arte contemporaneo è stato fondato a dicembre 2019 da Stefano Galeotti, Giulia Parolin, Martina Rota con l’obiettivo di cogliere le sperimentazioni artistiche più recenti, puntando sui rapporti umani costruiti nel tempo con gli artisti per poter cogliere, in modo sincero, tutti gli aspetti che fanno da contorno alla ricerca poetica di un individuo. Durante miart inaugureranno la mostra “+39 334 2928559” di Dafne, un gruppo formato da diverse identità un po’ umano e un po’ metaforico, fondato nel 2019 da Filippo De Marchi, William Merante e Giovanni Riggio, che si dedica alla ricerca artistica spaziando dalla musica e dal suono alle performance e alle arti visive, nel costante tentativo di ridefinire ed espandere i confini di tali categorie.

31 marzo – 19 aprile 2022
DAFNE, How I became a house, Milano

5. Dafne, “+39 334 2928559”, MASSIMO Con l’intervento di Dafne, fino al 19 aprile lo spazio di MASSIMO cambierà aspetto: le linee rette che delimitano soffitto e pavimento si perderanno in volumi ridotti al minimo, percepiti dal visitatore in maniera quasi bidimensionale. Il white cube si trasformerà in un multiverso acromaico, un green screen convulso e curvo che ospiterà quattro sculture e un dipinto. Sono opere realizzate in contemporanea a sei mani dai tre fondatori, in una comunione effettiva del processo creativo. Tavoli dalla forza centripeta, pennellate di rimando futurista, palle da bowling su bilance e numeri astratti si incontrano in un ambiente vorticoso capace di tradurre il caos in armonia. Per i lettori meno suggestionati si rimanda al titolo alla mostra, che è anche un numero di cellulare.

31 marzo – 19 aprile 2022
DAFNE, preview di +39 334 2928559, Milano

La ventiseiesima edizione di miart 2022 è ormai alle porte, dall’1 al 3 aprile sarà la prima fiera d’arte moderna e contemporanea in Italia – e tra le prime in Europa – ad aprire dopo mesi di stop e rimandi dovuti alla pandemia, tra i quali la decisione di posticipare a giugno il Salone del Mobile, che per tradizione seguiva la settimana della fiera d’arte, così come la scelta di posticipare Artefiera a Bologna, in calendario per il mese di gennaio.

miart 2022, primo movimento. Foto Isabelle Wenzel. Creative direction Cabinet Milano

Per Nicola Ricciardi, il direttore della fiera, si prospetta un’edizione più personale, che oserà rispetto alla precedente – la prima da lui guidata, una volontà che si evince sin dal titolo dell’edizione: primo movimento. “Questo termine, preso in prestito dalla classica, rappresenta non solo l’inizio di una forma musicale, ma anche un desiderio di accelerazione, uno stimolo per muoversi, tutti insieme – galleristi, collezionisti, artisti, cittadini e visitatori. Perché la perfetta esecuzione di una sinfonia è possibile solo se c’è collaborazione e coesione tra bacchetta, avambracci, mani, dita, sguardi, facce, gesti e, non per ultimo, pubblico in sala”, racconta a Domus.

Tyra Tingleff, The intimidation of sexual wealth, 2021 Olio su tela grezza, 190×120 cm

Foto Trevor Lloyd
Courtesy of The Artist and ChertLüdde, Berlino

Alina Chaiderov, Altruism, 2020 Palla di riabilitazione medica, foglia di rame, 27 × 27 × 27 cm

Foto Aurélien Mole
Courtesy the Artist and Ciaccia Levi, Parigi – Milano

Silvia Bächli, Untitled, 2021 Guazzo su carta, 102 × 144 cm; 108 × 150,5 × 5 cm con cornice 2 parti (102 × 72 cm ciascuno)

Courtesy of the Artist and Galleria Raffaella Cortese, Milano

Yuli Yamagata, Explorador, 2021 Scarpa, pesce essiccato, pasta da piscina, resina, corda, finta pelle, fibra in silicone, filo per cucire, 62×90×70 cm, unico

Courtesy Madragoa, Lisbona

Luigi Ghirri Bologna, Via Fondazza, 1989-90 Firmato, datato e con numero di archivio Estate verso c-print, immagine vintage 19,5 x 24,2 cm (7,7 x 9,5 pollici) con cornice 41,5 x 51,5 x 3,2 cm (16,3 x 20,3 x 1,3 pollici) (LUG.20159.P)

Foto Luigi Ghirri, Via Fondazza, 1989-90 © Eredi di Luigi Ghirri Courtesy Mai 36 Galerie, Zurigo

Lucio Fontana, Concetto Spaziale. Attesa, 1966 Acquarello su tela, 47 x 38 cm 18 1/2 x 15 pollici

Courtesy Mazzoleni, Londra – Torino

Jonathan Monk, Salvo Painting 60, 2019 Stampa digitale, pittura su tela, 35,5 x 45 x 2 cm

Courtesy Meyer Riegger, Berlino

Ugo Mulas, Saul Steinberg, Palazzina Mayer #02, Milano, 1961 Stampa moderna. Stampa alla gelatina d'argento su carta baritata a bordo, 37 × 37 cm (senza cornice) 63 × 58 × 4 cm (con cornice) Edizione del 28

Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano – Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli 

Charles Avery, Untitled (Boogie-Woogie), 2012 Cartoncino, carta, bronzo, acrilico, gouache, 80 x 30 x 40 cm

Foto Andrea Rossetti
Courtesy Vistamare, Milano, Pescara

Toti Scialoja, Il primo dell’anno, 1957 Olio e tempera su tela di canapa, 184,3 x 179,3 cm

Courtesy Studio Vandrasch e Galleria dello Scudo, Verona

Ezio Gribaudo, Cuba, 1967 Acrilico su tela e tecnica mista, 80 x 100 cm, Unico

Credit Isabelle Arthuis
Courtesy the Artist & Sans titre (2016), Parigi

Andrew Gilbert, Squirrels stay in nest and write Beautiful Poetry, 2020 Acrilico, fineliner e acquerello su carta, 40 x 30 cm

Foto Constanza Meléndez
Courtesy the artist and Sperling, Monaco

Giovanni Anselmo, Dove le stelle si avvicinano di una spanna in più, 2001 – 2022 Proiettore, diapositiva, 3 blocchi di diorite chiara, dimensioni variabili

Foto Luciano Romano
Courtesy Alfonso Artiaco, Napoli 

Barry McGee, Senza Titolo, 2014 Tecnica mista su carta, 43x60cm

Credits Simon D’Exea
Courtesy Galleria Alessandra Bonomo, Roma

Daniel Dewar & Grégory Gicquel, Oak bench with dark crimson underwing moths, opium poppies and snails, 2021 Legno di quercia e ricamo su cuscino, 16 1/2 x 52 1/2 x 26 pollici 42 x 146 x 66 cm

Courtesy © Benjamin Baltus Courtesy of the artist and CLEARING New York, Brussels

Nicola Martini, Not titled yet, 2020-21 Tessuto Dyneema, lattice naturale liquido, polvere di grafite, 128 x 200 x 2,5 cm

Foto Marco Davolio
Courtesy Clima, Milano

Chantal Joffe, Jay Bernard, 2021 Olio su tela, 100 × 70 × 2 cm

Courtesy Monica De Cardenas, Milano – Zuoz – Lugano

Tomaso Binga, Vista Zero, 1972 Fotografia, stampa su carta fotografica, cm 80 x 30,5 cad., ingombro variabile, 3 elementi

Foto Danilo Donzelli
Courtesy the Artist and Galleria Tiziana Di Caro, Napoli

Grazia Varisco, Reticolo frangibile Quadricromia, 1969 Acrilico, legno e vetro, 53 x 72 cm

Copyright Alicja Kielan
Courtesy Volker Diehl Gallery, Berlino

Angelo Mangiarotti, Coppia di grandi sculture della collezione Poiesis, 1988 Tranciati di legno tinti, ricomposti e sagomati. Cm.32x12,5xh.26 cad. Esecuzione Pierluigi Ghianda per Arquati Cornici, Castellaro di Sala Baganza

Courtesy Eredi Marelli, Cantù 

Jannis Kounellis, Senza titolo, 2000 Lamiera di ferro, piombo, brandina in alluminio e coperta, 200x180x10 cm

Courtesy Galleria Fumagalli, Milano

Bruno Munari, Macchina inutile, 1934-1984 Cartoncino Arches serigrafato, legno, spago e tondino in ferro brunito per contrappeso, 253 x 72 cm

Courtesy MAAB Gallery, Milano

Enrico Baj, Specchio, 1960 Collage di specchi e pietre su stoffa su tavola / Specchi e collage di pietre su tessuto steso su pannello, 100 x 116 cm

Courtesy Gió Marconi, Milano

竹崎和征 Kazuyuki Takezaki 無題 / untitled, 2021 Olio su tela, 18x14cm

Courtesy MISAKO & ROSEN, Tokyo – Brussels 

Alighiero Boetti, Le infinite possibilità di esistere, 1990 Arazzo, 33x34 cm

Foto Paolo Vandrasch, Milano
Courtesy ML Fine Art Matteo Lampertico, Milano

Dennis Oppenheim, Ground System II,1968 Legno dipinto, 30x60x90 cm

Courtesy MontrasioArte Monza e Milano e Dennis Oppenheim estate New York

Adelaide Cioni, Study for a red headdress, 2020 Lana cucita su tela, 112x92 cm

Foto Carlo Favero
Courtesy the artist and P420, Bologna

Basil Kincaid, The Water Rises, But I Learn To Float, 2021 Kente Ghanese intrecciato su telaio tradizionale, broccato, tessuto con stampa a cera, Abrokyere, trapunta di seconda mano, 109 x 135 x 102 cm

Courtesy Galleria Poggiali, Firenze – Milano – Pietrasanta 

Lucio Fontana, Battaglia equestre, 1947 Ceramica, 12x14x8 cm

Courtesy Galleria Allegra Ravizza, Lugano – Milano

Salvatore Arancio, Edelweib, 2021 Pastelli a olio su carta e collage, 27,5 × 32 cm

Aldo Mondino, Mondino 6 Su, 1966-70 Acrilico e smalto su tela, 80x80 cm

Courtesy Galleria Spazia, Bologna

Giulia Cenci, marine snow (scuro-scuro) #9, 2020 Metallo, resina acrilica, fibra di vetro, polveri, 45 x 60 x 75 cm

Foto by Hector Chico
Courtesy the artist and SpazioA, Pistoia 

Coady Brown, Bouquet, 2021 Olio su tela, 24 x 20 pollici / 61 x 50.8 cm

Courtesy Stems Gallery, Bruxelles

Emilio Isgrò, Integrale (Enciclopedia Treccani Volume V), 1970 Integrale (Enciclopedia Treccani Volume V), 1970, china su libro tipografico in box di legno e plexiglass, 50x75x12,5 cm

Courtesy Cristian Castelnuovo e Studio Guastalla Arte Moderna e Contemporanea, Milano

Wassily Kandinsky, Communiqué, 1936 Acquerello e china su carta montata su cartoncino, 48,5x30,5 cm

Courtesy Tornabuoni Arte, Firenze – Milano – Forte dei Marmi – Crans Montana – Parigi

Anna Perach, Mother of Egg, 2019 Filato trapuntato, perline e cornice in legno, 90 x 150 x 110 cm

Foto by Matt Ashford
Courtesy of the artist and ADA, Roma

Catalin Pislaru, Assembly instructions for the second spring of the year nr 4, 2022 Pittura ad olio su pannello HPL, 53x43 cm

Courtesy of the artist and Nir Altman, Monaco

Todd Bienvenu, Wipeout#4, 2021 Olio su tela, 112 x 135 cm

Foto Annik Wetter
Courtesy the Artisti and Galerie Sébastien Bertrand, Ginevra 

Tanja Widman, 20200317_15 (Vanessa), 2020 Stampa a getto d’inchiostro, scatola di perspex, 25 × 33,5 × 2,4 cm (9,843 × 13,891 × 0,949 pollici)

Foto kunst-dokumentation.com
Courtesy the artist and FELIX GAUDLITZ, Vienna

Pamela Diamante, Medicea, 2018 Inchiostro su Breccia Medicea, 57 x 48 x 2 cm

Foto Giorgio Benni
Courtesy the Artist and Galleria Gilda Lavia, Roma

Curtis Talwst Santiago, Young Prince Old Pegasus a Portrait of Jean and Andy, 2019 Diorama a tecnica mista in portagioie di recupero, 7,6 × 7 × 7 cm, MS-SAN

Foto Andrea Rossetti
Courtesy Martina Simeti, Milano

  

In questa cornice dinamica si inserisce anche il progetto inedito di performance in città curato da Davide Giannella, un originale ciclo previsto per il 30 marzo che unisce performance e spazio pubblico negli interventi dell’artista visivo Riccardo Benassi e del coreografo Michele Rizzo, realizzato grazie al sostegno di Fondazione Marcelo Burlon. “Tutta la squadra di miart e Fiera Milano ci teneva particolarmente a sottolineare l’importanza di tornare a muoversi questa primavera. Il progetto OutPut nasce infatti per dare una forma concreta al tema di questa edizione”, prosegue Ricciardi. Insieme a FOG Triennale Milano Performing Art, il festival di arti performative che presenta la lecture-performance Dying On stage del cipriota Christodoulos Panayiotou (2 aprile) e la prima assoluta di Milano, nuovo lavoro di Romeo Castellucci filmato da Yuri Ancarani (3 aprile).

Carla Accardi, Reciproche influenze, 2012, vinyl paint on canvas, 100×120 cm, arch. n. 350C. Foto Alberto Petrò. Courtesy l’Artista e Francesca Minini, Milano

Per prepararsi alla 59. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, si può cominciare proprio dalla Fiera milanese, dove saranno presenti alcuni dei protagonisti della kermesse veneziana – Carla Accardi, Tommaso Binga, Miriam Cahn, Giulia Cenci, Louise Nevelson e Joanna Piotrowska, per citarne alcuni. Sono 151 le gallerie partecipanti, provenienti da venti Paesi, i cui lavori saranno orchestrati in tre principali partiture, ridotte rispetto alle precedenti edizioni, “serve a presentare una distribuzione degli spazi più chiara, leggibile e incentivante per il movimento dei visitatori”, prosegue Ricciardi. Per la prima volta la sezione principale Established presenta una selezione di gallerie miste, unendo opere di design e arte moderna a quelle di contemporanea e sviluppando un percorso più propriamente espositivo: “l’edizione 2021 di miart ha dimostrato che un più stretto dialogo tra moderno e contemporaneo è in grado di generare mutui benefici. Abbiamo quindi deciso di fondere le due sezioni Established Masters e Established Contemporary per favorire una maggiore permeabilità, stimolando le gallerie a immaginare proposte espositive sempre più di qualità e incentivando i dialoghi e le riscoperte”.

Enzo Mari, Progetto 1379A, Le porte, 1976-84, serigrafia su carta. 50x69.5 cm. Ed. Danese, XXV prove d’artista numerate e firmate. Courtesy Eredi Enzo Mari e Galleria Massimo Minini, Brescia

È un’edizione che schiaccia il pedale dell’acceleratore sulle nuove generazioni e sulla sperimentazione, un panorama in continua evoluzione in grado di stimolare sempre di più la curiosità di collezionisti e visitatori. Lo si intuisce in prima battuta dalla posizione riservata a Emergent all’interno di Fieramilanocity, la sezione dedicata alle gallerie e agli artisti di più recente generazione, e ai relativi premi introdotti che “dimostrano un interesse sempre più crescente da parte di istituzioni, aziende e partner”.

Oltre al sostegno di Intesa Sanpaolo, main partner della fiera, e al Fondo di Acquisizione di Fondazione Fiera Milano – la cui collezione, visibile in Palazzina degli Orafi, ha raggiunto ormai cento opere – non mancano iniziative di promozione e supporto per artisti e galleristi, che prendono forma attraverso numerosi premi: Premio Herno al miglior stand, Premio LCA per la migliore galleria della sezione Emergent, Premio Acquisizione Covivio, che commissionerà un’opera site-specific all’artista selezionato.

Marcia Hafif, Nr.111 (dalla serie Italian Paintings), 1966, acrilico su tela, 70x70 cm. Courtesy Galerie Hubert Winter, Vienna

In ultimo, l’attenzione sistemica della fiera verso la città. La sinergia con le istituzioni milanesi è infatti un caposaldo di miart, che nel tempo ha visto crescere eventi e mostre in musei, fondazioni, gallerie e spazi no profit che aprono in occasione della fiera. Nonostante due anni difficili, la Milano Art Week non si perde d’animo e celebra dal 28 marzo al 3 aprile una ripartenza caratterizzata da grandi nomi internazionali che lasciano immaginare rassegne di qualità, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano. Tra i tanti eventi, dai più chiacchierati ai più nascosti, ve ne raccontiamo cinque da non perdere.

1. Artur Żmijewski, “Quando La Paura Mangia L'anima”, PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea) 29 marzo – 12 giugno
Artur Żmijewski, Gestures, 2019. Courtesy Foksal Gallery Foundation, Varsavia e Galerie Peter Kilchmann, Zurigo

Apre al PAC il 29 marzo, ed è visibile fino al 12 giugno, la prima personale in Italia di una delle figure più radicali e importanti della scena artistica polacca: Artur Żmijewski, che ha esposto in istituzioni in tutto il mondo, tra cui documenta 12 e 14, la Biennale di Venezia e la Biennale d’Arte Contemporanea di Berlino, di cui è stato curatore nel 2012. Curata da Diego Sileo, la mostra si inserisce in una programmazione espositiva che ormai da tempo ha l’obiettivo di aprirsi al panorama internazionale, puntando i riflettori su grandi artisti che non hanno ancora avuto la dovuta attenzione in Italia e sull’idea di museo come polo di ricerca per tematiche di natura sociale, politica ed identitaria. La preoccupazione per problemi socio-politici della contemporaneità infatti è un caposaldo nella ricerca di Żmijewski. Attraverso le sue opere esamina le dinamiche di potere e oppressione nella collettività, così come le inclinazioni di paura e malvagità presenti nell’istinto umano. Il rapporto tra l’interiorizzazione delle emozioni estreme e le loro manifestazione attraverso le espressioni fisiche è il fil rouge tra le opere esposte, una selezione varia di lavori storici e recenti, di cui tre pensati ad hoc per il PAC. Żmijewski pone l’osservatore di fronte a un sistema di rappresentazione di diverse forme di paura: paura della solitudine, di essere dimenticati, di disturbi mentali e della disabilità, ma anche di un ambiente straniero e ostile, di un razzismo di Stato. Numerosi sono i riferimenti ai rifugiati al confine polacco-bielorusso durante l’estate-autunno del 2021. Non occorrono altre parole per comprendere l’urgenza di riflettere su questi temi. Oggi più di ieri.

2. Elmgreen & Dragset, “Useless Bodies?”, Fondazione Prada 31 marzo – 22 agosto 
Elmgreen & Dragset, What’s Left?, 2021, silicone, abbigliamento, fune metallica, palo di bilanciamento, dimensioni variabili. Courtesy l’Artista. Foto Elmar Vestner

Per scoprire cosa accade ai corpi umani con l’avvento del metaverso occorre, con ogni probabilità, ancora qualche tempo, eppure Elmgreen & Dragset sembrano voler accelerare la questione. Dal 31 marzo la sede in Largo Isarco di Fondazione Prada sarà messa a disposizione del duo scandinavo per un totale di 3.000 m2, compreso il cortile che ad oggi non aveva ancora ospitato grandi mostre. Il titolo del progetto“Useless Bodies?” è programmatico, una domanda perenne a cui la società contemporanea non trova risposta: la presenza fisica dell’essere umano è oggi strettamente necessaria? Quali saranno le conseguenze della corsa alla digitalizzazione e all’automazione dell’epoca post-industriale? Questioni complesse cui rispondere oggi, che portano gli artisti a riflettere sull’idea di “corpo ideale” nel tempo.

2. Elmgreen & Dragset, “Useless Bodies?”, Fondazione Prada 31 marzo – 22 agosto 
Elmgreen & Dragset, This is How We Play Together, 2021,bronzo, lacca, dimensioni variabili. Christen Sveaas Art Collection. Courtesy Perrotin. Foto Elmar Vestner

La mostra si apre infatti citando “Serial Classic”, la prima esposizione in Fondazione, dedicata al rapporto ambivalente nella scultura classica tra originalità e imitazione (un tema peraltro affrontato, seppur per altri versanti, anche nella mostra “Role Play”, visibile fino al 27 giugno a Osservatorio Prada). Corpi classici e neoclassici vengono associati a rappresentazioni iperrealiste firmate dai protagonisti della personale. Proseguendo oltre il Podium i toni si fanno più tetri. In un gioco intriso di dark humor, il duo gioca sui sensi e contro-sensi degli stili di vita occidentali: file di postazioni lavorative e spa abbandonate, dimore simili a bunker futuristici, oggetti ordinari alienati e dog robot. Immagini spiazzanti che inscenano un collasso di sistema e mettono in discussione i meccanismi di sorveglianza quotidiani. Dopo l’installazione Short Cut in Galleria Vittorio Emanuele, nel 2003, Elmgreen & Dragset tornano a colpire nel segno.

3. Steve McQueen, “Sunshine State”, Pirelli HangarBicocca 30 marzo – 31 luglio
Steve McQueen, Charlotte, 2004 (still), pellicola a colori 16mm, niente suono, 5’ 42’’, © Steve McQueen. Courtesy l’Artista, Thomas Dane Gallery and Marian Goodman Gallery 

Per la fama che accompagna Steve McQueen, vincitore di un Turner Prize e di un Premio Oscar, è d’obbligo citare l’apertura della sua personale in HangarBicocca, visibile al pubblico dal 31 marzo al 31 luglio 2022. La mostra, curata dal direttore artistico Vicente Todolí, è realizzata in collaborazione con la Tate Modern di Londra dove nel 2020, in piena pandemia, è stata presentata una prima versione di questo progetto nell’esposizione Steve McQueen. A Milano, l’artista visivo, regista e produttore ha concepito un apposito progetto espositivo intitolato “Sunshine State”, arricchito da una nuova selezione di opere. Attraverso gli spazi delle Navate e del Cubo, e sull’esterno dell’edificio, sarà possibile cogliere l’evoluzione dei suoi venti anni di carriera nelle arti visive in un percorso non cronologico, nel quale saranno presentate sei installazioni e una scultura.

3. Steve McQueen, “Sunshine State”, Pirelli HangarBicocca Steve McQueen, Static, 2009 (still), pellicola a colori da 5 mm, trasferita in HD, audio, 7’ 3’’, © Steve McQueen. Courtesy l’Artista, Thomas Dane Gallery and Marian Goodman Gallery 

La costruzione dell’identità e il senso d’appartenenza, così come il diritto alla libertà e il post colonialismo, sono temi fondativi nella sua ricerca, basata sul medium filmico, linguaggio che assume nei suoi lavori una corposità scultorea in termini spaziali e temporali, un aspetto che assume uno spessore particolare quando ad essere filmato è il corpo umano, in un agency costante per lo spettatore. In mostra sarà presente anche un video inedito che dà il nome all’intera mostra, opera commissionata dall’International Film Festival Rotterdam (IFFR) 2022 che l’artista ha elaborato per più di vent’anni; come spiegano i curatori, “Sunshine State” propone una riflessione sugli esordi del cinema hollywoodiano e su come il grande schermo abbia influenzato profondamente la percezione e la costruzione dell’identità.

4. Yuli Yamagata, “Afasta Nefasta”, Ordet 2 aprile – 28 maggio
Yuli Yamagata, Coming back home, 2022. Foto Eduardo Ortega. Courtesy Fortes D’Aloia & Gabriel, São Paulo/Rio de Janeiro; Anton Kern Gallery, New York and Galeria Madragoa, Lisbona

Se la tendenza della Biennale d’Arte di Venezia in arrivo è quella di presentare mondi surreali e onirici, si può affermare che la poetica di Yuli Yamagata si muove nella stessa direzione. L’artista brasiliana, classe 1989, presenterà alcuni nuovi lavori per la prima volta in Italia da Ordet, lo spazio diretto da Edoardo Bonaspetti e Emanuele Cernuschi in zona Porta Romana che si distingue sin dall’anno della sua apertura, il 2019, per la presentazione di ricerche internazionali sperimentali e d’avanguardia (ricordo anche l’ultima bellissima mostra di Jon Rafman). Nel trarre ispirazione dalla cultura di massa, le opere di Yamagata mettono in scena mutazioni umane, in bilico tra la realtà così come viene intesa oggi e il mondo animale.

4. Yuli Yamagata, “Afasta Nefasta”, Ordet 2 aprile – 28 maggio
Yuli Yamagata, Coming back home, 2022. Foto Eduardo Ortega. Courtesy Fortes D’Aloia & Gabriel, São Paulo/Rio de Janeiro; Anton Kern Gallery, New York and Galeria Madragoa, Lisbona

Dal 2 aprile al 28 maggio un polpo, una lumaca, un paguro e un serpente popoleranno Ordet, in un allestimento interpretato come uno scheletro contorto, alterato e tentacolare. Nelle opere di Yamagata, imbottite e rivestite di tessuti, un po’ grottesche e un po’ cartoon, ciò che è conosciuto diventa perturbante; a un primo sguardo i soggetti sono identificabili, e subito dopo stranianti. Come il gusto estetico s’adatta malleabile, spaziando tra gusto dell’horror, consumismo da centro commerciale e fumetti di fantascienza, così fa l’intelligenza umana?

5. Dafne, “+39 334 2928559”, MASSIMO 31 marzo – 19 aprile 2022
DAFNE, How I became a house, Milano

MASSIMO è un luogo intimo, quasi da sembrare una persona. Con sede in Porta Venezia, in via degli Scipioni, questo spazio no profit per l’arte contemporaneo è stato fondato a dicembre 2019 da Stefano Galeotti, Giulia Parolin, Martina Rota con l’obiettivo di cogliere le sperimentazioni artistiche più recenti, puntando sui rapporti umani costruiti nel tempo con gli artisti per poter cogliere, in modo sincero, tutti gli aspetti che fanno da contorno alla ricerca poetica di un individuo. Durante miart inaugureranno la mostra “+39 334 2928559” di Dafne, un gruppo formato da diverse identità un po’ umano e un po’ metaforico, fondato nel 2019 da Filippo De Marchi, William Merante e Giovanni Riggio, che si dedica alla ricerca artistica spaziando dalla musica e dal suono alle performance e alle arti visive, nel costante tentativo di ridefinire ed espandere i confini di tali categorie.

5. Dafne, “+39 334 2928559”, MASSIMO 31 marzo – 19 aprile 2022
DAFNE, preview di +39 334 2928559, Milano

Con l’intervento di Dafne, fino al 19 aprile lo spazio di MASSIMO cambierà aspetto: le linee rette che delimitano soffitto e pavimento si perderanno in volumi ridotti al minimo, percepiti dal visitatore in maniera quasi bidimensionale. Il white cube si trasformerà in un multiverso acromaico, un green screen convulso e curvo che ospiterà quattro sculture e un dipinto. Sono opere realizzate in contemporanea a sei mani dai tre fondatori, in una comunione effettiva del processo creativo. Tavoli dalla forza centripeta, pennellate di rimando futurista, palle da bowling su bilance e numeri astratti si incontrano in un ambiente vorticoso capace di tradurre il caos in armonia. Per i lettori meno suggestionati si rimanda al titolo alla mostra, che è anche un numero di cellulare.