Un’immagine sospesa tra realtà e leggenda. Intervista a Enrique Ramirez

Ospite alla decima edizione di Video Sound Art, l’artista cileno invade tutti gli spazi della storica Piscina Romano di Milano. La sua produzione è sospesa tra mito e fatto storico, gesto politico e gesto poetico.

Si apre a Milano il 16 settembre 2020 Video Sound Art, il festival che promuove la contaminazione tra arti visive, video arte, performance, cinema, teatro, musica e altre discipline, portandole in luoghi solitamente non deputati all’arte. Dopo essere stato presentato negli scorsi anni al Liceo Volta, al Teatro Franco Parenti, ai Bagni Misteriosi di Milano e nell’Ex Albergo Diurno di Venezia, per citarne alcuni, la decima edizione di Video Sound Art si svolge presso la Piscina Cozzi e la Piscina Guido Romano, conosciute per essere le storiche piscine milanesi. La manifestazione è organizzata in tre tranche: dal 6 settembre al 1° ottobre, dal 16ottobre al 16 novembre e dal 23 novembre al 3 dicembre. Il protagonista del primo appuntamento, presso la Piscina Romano, è l’artista Enrique Ramirez, finalista del premio Duchamp, il quale avrà negli stessi giorni anche una mostra personale esposta al Centre Pompidou di Parigi. Per Video Sound Art, Ramirez ha costruito un percorso composto da film, ma anche da installazioni, sculture e fotografie, che si snoda in tutti gli spazi della piscina, dialogando con essi: gli spogliatoi, il medagliere, la palazzina liberty, fino all’immensa vasca che ospita tre schermi a bordo piscina. L’artista è stato anche parte di un progetto condotto dal Touring Club Italiano, che ha messo a disposizione il proprio archivio per una selezione di immagini. La sua opera spazia costantemente tra elemento onirico e realtà, oppressione e liberazione, mito e fatto storico, azione politica e azione poetica. In una lunga chiacchierata, Enrique Ramirez ci ha spiegato i temi della sua ricerca e della sua produzione, e cosa succederà alla decima edizione di Video Sound Art.

Quali opere vedremo a Milano? Come sono state selezionate? 
Si tratta di un’ampia selezione di fotografie e video che ho realizzato nel corso degli anni. Tra questi lavori, giusto per fare qualche esempio, c’è Oceano, che è una serie di video che ho girato su una barca tra Valparaíso, in Cile, e Dunkerque, in Francia, e A man who walks, che ho portato alla Biennale di Venezia del 2017. La selezione è avvenuta in collaborazione con la curatrice Laura Lamonea.

Lei è un artista internazionale, che vive e lavora a Parigi, ciononostante nelle sue opere il riferimento al Cile è frequente. Oltre a essere la sua patria, cosa rappresenta per lei questa terra? E cosa vuole raccontare attraverso di essa? 
Le mie opere partono dal Cile perché è il luogo che conosco meglio. Però voglio che le mie opere abbiano una lettura più ampia: non parlano solo del Cile, ma anche della condizione del mondo. Il Cile e l'America Latina sono il punto di partenza per guardare il mondo intero.

Ho notato che il mare è un elemento ricorrente nelle sue opere, anche nel caso di video girati in luoghi diversi. È un caso o c'è una ragione?
Il Cile ha 4500 km di costa. Il nostro è un mare pieno di storie, politiche e poetiche. Il nostro paese è frutto di un capriccio della terra, siamo chiusi tra il mare e la montagna. Vengo da una famiglia che ha sempre navigato, e mio padre costruisce barche a vela: il mio rapporto con il mare è emotivo, ma anche politico. Il nostro mare è il nostro cimitero, ma se pensiamo alla dittatura militare, il nostro mare è anche il nostro orizzonte.

Quest’anno, il Video Sound Art festival si svolge in due cornici speciali, le piscine storiche di Milano. Ha mai lavorato in un ambiente simile? L'acqua ha in qualche modo influito sull’organizzazione della mostra?
Non ho mai organizzato una mostra intorno a una piscina, ma ho girato molti video al loro interno: ole opere sono pensate interamente in relazione al luogo e al rapporto che lo spettatore ha con esso.

Il suo lavoro non è fatto solo di videoinstallazioni, bensì di un percorso fatto di sculture, installazioni, fotografie. Con quale metodo ha costruito questo immenso corpus di opere?
La forma e il materiale sono un mezzo per raccontare le storie. Sono un modo per vedere il mondo: a volte in video lo si vede attraverso la luce, altre volte le idee devono essere palpabili, devono essere oggetti. Sono nato nel laboratorio di una fabbrica di candele, al cui interno c'erano macchine, una chitarra, un microscopio, cani, barche, macchine fotografiche, matite. Questi sono i miei mezzi, e li utilizzo ogni volta che lo ritengo necessario.

Per finire, cosa ha trovato nell'Archivio del Touring Club Italiano? Che tipo di immagini haselezionato?
È un archivio meraviglioso, ma non l’ho potuto esplorare quanto volevo, date le condizioni attuali e l'impossibilità di viaggiare. Più che una selezione, la mia è la visione di un turista all'interno di una collezione di immagini: mi sono concentrato sul viaggio degli immigrati dall'Italia all'America Latina. Spero di poter visitare di nuovo questo archivio, perché è davvero un tesoro ricco di storie.

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