Firenze. Numeroventi reinventa la residenza d’artista

In uno dei più bei palazzi storici fiorentini trova spazio un innovativo co-living di creativi: residenze d’artista, spazio mostre e quattro appartamenti (su Airbnb) accessibili a tutti. Ce lo racconta il suo ideatore Martino di Napoli Rampolla.

Conversazione con l'artista Kasia Fudakowski e Numeroventi, sedia in collaborazione con Martino di Napoli Rampolla

L’idea delle residenze d’artista nasce all’inizio degli anni Sessanta con una duplice intenzione: da una parte la necessità d’isolamento, dall’altra la voglia di condividere ambienti e visioni creative. Le condizioni ideali per alimentare quella corrente d’inventiva le trovo in un nuovo spazio fiorentino, a metà strada tra guesthouse e galleria, dove la fruizione di arte e design passa attraverso un canale inedito, almeno per la città. Numeroventi plasma la sua dimensione nello storico Palazzo Galli Tassi, costruito nei primi anni del Cinquecento sulle preesistenze di varie case corti mercantili trecentesche, in via de’ Pandolfini. È proprio qui che incontro Martino di Napoli Rampolla, ideatore e fondatore del progetto. Da ottimo padrone di casa, mi guida in questo arioso co-living, dove soffitti a volte alte e affreschi antichi fanno da cornice armonica a uno stile minimalista scandinavo. Il contrasto è reso fluido dalla luce morbida e naturale che accompagna l’anima pulita dei loft. E l’aria che si respira, in effetti, predispone il libero pensiero a prendere la rincorsa verso nuovi lidi creativi.

Martino, come nasce l’idea di Numeroventi?
Dalle pagine di un libro giapponese, che spiega il fenomeno delle residenze d’artista come luogo essenziale d’incontro e produzione artistica. Un creativo che, in cambio dell’ospitalità, lascia una sua opera e contemporaneamente lavora a un progetto comune: questa è stata la base di partenza. Di ritorno da un periodo di lavoro a Barcellona, dove il meccanismo che aziona la ruota della creatività è sempre acceso, ho deciso di mettere in piedi questo progetto, insieme ad Alessandro Modestino Ricciardelli e Andrew Trotter, direttore di Openhouse Magazine.

Duccio Maria Gambi, Furniture designer, fase di lavorazione "Sul Muro" installazione creata per 11 spazi
Duccio Maria Gambi, Furniture designer, fase di lavorazione "Sul Muro" installazione creata per 11 spazi

Lo spazio che ha dato forma concreta a questo disegno è il palazzo dove viveva un tuo avo con una storia curiosa.  
È vero. Questa era la fabbrica di Girolamo Pagliano, zio di mia nonna, che è stato un chimico e impresario teatrale nonché inventore di uno sciroppo purgante dalle proprietà benefiche. Fu lui che nel 1854 trasformò il Carcere delle Stinche in quello che adesso è il famoso Teatro Verdi. Tornando al palazzo, molto della struttura originale è rimasta com’era. Il contrasto tra passato e presente genera un’energia unica e decisamente particolare. La nostra forma muta in continuazione, ci plasmiamo nell’arredamento con pezzi che arrivano da tutte le parti del mondo, ed esponendo le opere degli artisti passati di qui per una parentesi della loro vita. È anche grazie a questo continuo flusso di energia che lo spazio cambia regolarmente immagine, aggiungendo al vestito un accessorio sempre nuovo. Artisti che lavorano in differenti discipline creative, ci fanno scoprire ogni giorno potenzialità inconsuete. Noi semplicemente creiamo le condizioni e le osserviamo maturare.

Qual è stata la prima modifica che hai apportato all’ambiente?
Ci siamo mossi in direzione della luce, dipingendo tutte le pareti di bianco, dove a Firenze, invece, gli interni sono tradizionalmente gialli. Partivo avendo in tasca un buon senso estetico, più che grandi capacità da interior designer. Nel tempo ho imparato l’importanza di generare contrasti, nei colori, nei dettagli, negli stili. Passaggi utili anche a voler comunicare una sensazione di leggerezza, in un ambiente così importante. Non ho ragionato nell’ottica di voler accontentare i gusti di un target specifico: questa è una casa, seppur in condivisione.

Sedie verdi anni Cinquanta portoghesi, abbinate a tavolino anni Sessanta
Sedie verdi anni Cinquanta portoghesi, abbinate a tavolino anni Sessanta

Quali sono gli artisti che hanno lasciato il segno?
Senz’altro Lorenzo Brinati, e poi Duccio Maria Gambi, interior e furniture designer, Kasia Fudakowski, artista contemporanea, Natalia Criado, jewelry e product designer, Albert Moya, regista di Barcellona. Ognuno di loro ha lavorato qui al proprio progetto personale, creando nel frattempo un terreno utile a generarne di nuovi. Sono esempi del fine primo della residenza: supportare un percorso e sviluppare un’opportunità, celebrandone il processo creativo puro. C’è un forte senso di condivisione, un’atmosfera che in breve tempo diventa familiare, grazie anche agli spazi comuni. Come diceva Olafur Eliasson, “La connessione tra i partecipanti è data dall'interesse condiviso nelle scelte artistiche, e di come la creatività co-crea il mondo”. Per questo molti di loro arrivano con un’idea, ma sono sempre pronti a modificarla. L’esito del loro lavoro diventa quasi sperimentale, come l’ambiente. Di ritorno dal Giappone, ho capito ancora una volta che il bello del viaggio è l’opportunità di cambiare prospettiva: nella vita, così come nel lavoro, ogni progetto non può che trarne giovamento. Vorrei che la “nostra” casa fosse un campo da gioco per professionisti creativi, un’arena d’idee e intuizioni. Mantenere una curiosità quasi infantile in questo ambito permette ai partecipanti di concentrarsi sul concept, senza il timore di risultati inaspettati.

Progetti futuri?
È proprio in questa direzione che vorrei portare Numeroventi, allargandone ancora i contorni, fino a mettere i nostri creativi a servizio di Firenze, canalizzando tutta l’energia in progetti per ripensare alcune zone urbane. L’artista è ospite nella residenza, la residenza è ospite nella città e naturalmente queste relazioni si influenzano a vicenda, favorendo quella collettività che genera idee innovative. Immagina se invece degli architetti, fosse un gruppo di creativi locali e internazionali a proporre soluzioni utili alla rete sociale. L’approccio, anche in questo caso, sarà lo stesso che abbiamo avuto all’inizio di quest’avventura: vogliamo veder crescere e camminare un’idea sulle sue gambe, senza forzare i processi in nessuna direzione. 

Luogo:
Firenze
Programma:
Residenza d'artista
Ideatore:
Martino di Napoli Rampolla

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