Property Guardian

La mostra di Alex Frost a Flat Time House, frutto della sua residenza nello spazio londinese, mostra un rifiuto del tradizionale concetto di casa e crea un paesaggio espositivo che appare minaccioso per il procedimento di alterazione cui sono stati sottoposti gli oggetti domestici.

Alex Frost, property Guardian, Flat Time House, 2015
L’invito della mostra di Alex Frost alla Flat Time House riporta sulla facciata principale il disegno di un pettine e di una chiave elettronica di stanza d’albergo.
Gli oggetti sono rappresentati a due dimensioni, privi di colore su uno sfondo uniforme. Mentre la combinazione della chiave digitale e del pettine è un immediato riferimento alla sfera domestica (l’ambito che Frost ha scelto di analizzare nel corso della sua residenza d’artista alla Flat Time) la qualità del disegno – la sua epidermide fredda, tecnica – c’entra molto poco con l’idea di casa come luogo di riparo e di protezione.
Alex Frost, Property Guardian, Flat Time House, 2015
Alex Frost, Property Guardian, Flat Time House, 2015, invito alla mostra
Le opere realizzate da Frost per la mostra condividono con l’invito lo stesso rifiuto del tradizionale concetto di casa e contribuiscono a creare un paesaggio espositivo che appare inospitale, se non minaccioso. L’effetto nasce tanto dagli oggetti ‘domestici’ scelti dall’artista quanto dal procedimento di alterazione cui sono stati sottoposti.
Nella serie di tavolette appese alle pareti, per esempio, Frost ha pigiato dei pacchetti di cibo per animali domestici annegandoli nella resina insieme con pettini, matite, righelli e zanzare morte. I pesci rossi, le tartarughe e i conigli raffigurati sulla confezione sono trasfigurati e paiono intrappolati sotto uno spesso strato di sostanza pietrificata trasparente. La metodica struttura delle composizioni (con il pettine, la matita e il righello tutti pressoché perfettamente allineati alla cornice esterna) conferisce ancor più alle opere un’aria di costrizione asfittica.
Alex Frost, Property Guardian, Flat Time House, 2015
Alex Frost, Property Guardian, Flat Time House, 2015
Nessuna delle opere in mostra ha un titolo individuale. I titoli coincidono con quello della mostra (Property Guardian, “Custode della proprietà”, 2015), come se l’artista volesse sottolineare l’intera esperienza dell’abitare (e del custodire) lo spazio, al di là dei singoli pezzi creati per la mostra alla fine della sua residenza. Tuttavia, mentre i titoli restano indefiniti, i materiali e le tecniche di realizzazione usati sono accuratamente catalogati.
Veniamo a sapere, per esempio, che il barbecue della Flat Time House è stato usato per realizzare fusioni in peltro di monete, di chiavi e di una frittella di patate che fanno parte della mostra. Non solo quindi Frost si è appropriato di qualunque oggetto trovasse nello spazio, compresi – a quanto ci dicono – gli avanzi degli artisti che hanno vissuto qui prima di lui, ma per realizzare la sua opera ha anche usato alcuni apparecchi a disposizione dei residenti. La scelta di trasformare un apparecchio di cottura in uno strumento di creazione artistica è ricca di implicazioni, perché conferisce anche una certa visibilità al lavoro domestico, di cui il cuocere è ancora parte importante. E di certo rimpiazzare effimeri e generici prodotti della cottura con opere d’arte uniche mette in luce la capacità del lavoro domestico di generare valore (benché indirettamente, se si segue Marx alla lettera) e in definitiva ne prepara la rivalutazione.
Alex Frost, Property Guardian, Flat Time House, 2015
Alex Frost, Property Guardian, Flat Time House, 2015
Nello spazio centrale della galleria sono collocate tre piccole sculture realizzate rimontando e rimodellando insieme frammenti di vasellame vernacolare. L’astrattezza della composizione stride con i motivi decorativi ancora riconoscibili sulla superficie di alcuni dei componenti di ceramica della composizione. Mi ha colpito in particolare una scultura fatta di teiere a forma di casetta. Le ‘case’ sono state prima smembrate e poi ricomposte a caso, riempiendo ogni fessura e ogni lacuna di gesso in modo da formare una struttura compatta e impenetrabile. È un’opera che mi riporta al titolo della mostra e alle riflessioni più ampiamente sottese alla collaborazione di Frost con la Flat Time House.
Alex Frost, Property Guardian, Flat Time House, 2015
Alex Frost, Property Guardian, Flat Time House, 2015
Le opere in mostra sono senza dubbio conseguenza di un’analisi del modo di vivere e di abitare degli artisti nel contesto attuale, segnato dalla crescente speculazione immobiliare. Il titolo della mostra, in particolare, è un riferimento diretto alla custodia degli immobili, attività cui gli artisti si sono sempre più dedicati all’incirca nell’ultimo decennio. In Gran Bretagna chi cerca un’abitazione a buon mercato può affittare, a un prezzo inferiore alla media nazionale, delle abitazioni vuote che i proprietari vogliono tutelare da danni e occupazioni. Ma dal punto di vista legale i custodi non coincidono con i locatari, e quindi non ne possiedono i diritti. È loro permesso rimanere nella proprietà per un periodo di tempo breve e non determinato e, agendo un po’ come un gesso umano, devono mantenere gli edifici inattaccabili da ogni intrusione che possa causarne una perdita di valore.
Alex Frost, Property Guardian, Flat Time House, 2015
Alex Frost, Property Guardian, Flat Time House, 2015
All’uscita mi dicono che la mostra prosegue all’esterno. Perciò esco dalla galleria e percorro uno stretto sentiero che mi conduce a una scultura cubica fatta di sabbia. Il testo illustrativo che mi ha consegnato l’assistente della galleria dice che si tratta della “scultura di un barbecue in mattoni”, ma quel che più mi lascia perplessa è la descrizione della componente materiale dell’opera. Oltre alla sabbia e all’acqua infatti l’artista ha usato uno spray repellente per cani e gatti. Non riesco a capire se la sostanza è stata spruzzata sulla scultura oppure mescolata con la sabbia, ma in entrambi i casi l’effetto repellente dello spray si è trasferito all’oggetto.
La mostra termina con una ‘scultura repellente’, che mi piacerebbe considerare un’amara parodia della guardiania in quanto attività destinata a dissuadere dal trasformare uno spazio vuoto nel proprio rifugio da chiunque non si possa permettere di affittarlo.
© riproduzione riservata

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