Koo Jeong-A: Venti

Venti è l'enigmatico titolo scelto dall'artista coreana per la sua mostra alla Galleria Pinksummer: venti nel senso delle misteriose manifestazioni atmosferiche e 20 come cifra, 10+10, per un curioso gioco che non vi verrà mai del tutto svelato.

Venti: s'intitola enigmaticamente così la nuova personale dell'artista coreana Koo Jeong-A alla Galleria Pinksummer di Genova, nel cuore del Palazzo Ducale.

Francesca Pennone e Antonella Berruti continuano a tenere alta la bandiera dell'arte contemporanea nella città ligure portando ancora in Italia una delle artiste più interessanti dell'ultimo decennio. Ci erano già riuscite nel 2008. E non sono nuove agli exploit di questo tipo, basti pensare che all'inizio degli anni 2000 ospitavano già Carsten Nicolai a.k.a. Alva Noto o Tomas Saraceno e che da anni sostengono in Italia il lavoro di Bojan Sarcevic per citare solo alcuni dei numerosi meriti che le rendono coraggiose protagoniste della scena italiana. Nonostante l'abbandono nel quale versano gli spazi museali cittadini in attesa che vada a buon fine senza l'ingerenza dei politici la nomina del prossimo direttore del centro d'arte contemporanea di Villa Croce, non si può dunque che elogiare il prezioso lavoro della galleria che continua a proporre in mostra artisti originali capaci di tentare nuove vie oppure lontanissimi dalla dittatura dello spettacolo.

Non è questa la sede per discuterne, ma è pur sempre a Genova che si potevano vedere sul finire del secolo scorso grazie alle gallerie alcune delle opere maggiori di Baldessari o Sol Lewitt, di Alighiero e Boetti o degli artisti Fluxus e oggi, va detto, con Pinksummer questa tradizione almeno in parte non si è spenta.

In apertura: Koo Jeong-a, 20.1, 2012. Qui sopra: Koo Jeong-a, 20.2, 2012. Stampe lambda su alluminio, 36 x 61 cm, edizioni di 3. Courtesy pinksummer. Photo Francesco Cardarelli

Venti: venti nel senso delle misteriose manifestazioni atmosferiche che per altro sono uno dei temi favoriti di Koo Jeong-A nel disegno da tanti anni e 20 da intendersi come cifra, 10+10 per un curioso gioco che non vi verrà del tutto svelato sulle immagini contenute in mostra. Fotografia, scultura e disegno dialogano indirettamente, con insolenza, senza che siano date chiavi logiche a chi osserva. La forza e la grandezza misteriosa del mondo, l'uscire dalla conoscenza data, ancora una volta caratterizzano il gesto forte di Koo Jeong-A.

Koo Jeong-a, 20.8, 2012. Stampa lambda su alluminio, 36 x 61 cm, edizione di 3. Courtesy pinksummer. Photo Francesco Cardarelli

L'artista coreana sceglie così di disseminare nello spazio di palazzo Ducale una scultura di giada grigia, un disegno e alcune immagini fotografiche stampate fronte e retro ma delle quali non ci verrà mai svelata più di una faccia. Le opere sembrano ritrovare il privilegio di presentarsi o nascondersi allo sguardo dello spettatore, molto alte, molto basse, sul davanzale di una finestra, sopra a una porta, quasi che l'artista per costruire lo spazio mentale dell'esposizione, non possa fare altrimenti che lasciar parlare le proprie creazioni decidendo di sottrarsi al controllo che di solito curatore e creatore esercitano insieme tanto sulle opere in mostra che sulle sensazioni di chi guarda.

Fotografia, scultura e disegno dialogano indirettamente, con insolenza, senza che siano date chiavi logiche a chi osserva
Koo Jeong-a, 20.10, 2012, stampa lambda su alluminio, 36 x 61 cm, edizione di 3. Courtesy pinksummer. Photo Francesco Cardarelli

Condotto dal dispositivo a sorprendersi d'assenze e presenze, di un brillare di luce o di un vibrare di colori, lo spettatore invece, come sempre accade nelle esposizioni di Koo Jeong-A (capitava al Centre Georges Pompidou, capitava all'Albertina di Vienna, capitava alla biennale di Venezia), è portato a spingere la propria attenzione a livelli di soglia, a incontrare le forme in maniera insolita, sacrificandone spesso una parte, forse essenziale, ma ritrovandosi a osservare come altrettante occasioni inattese montagne, cieli, affascinanti sentieri, interni di fortuna, animali e paesaggi. Si tratta in parte di frammenti d'un viaggio verso il Kangchenjunga, la catena montuosa che riunisce quattro favolose vette himalayane. Si racconta che in tibetano curiosamente però il nome significhi i cinque tesori delle nevi, dov'è nascosto il quinto? Che il quinto sia proprio Koo?

Koo Jeong-a, Venti, vista della mostra alla Galleria Pinksummer di Genova. Photo Francesco Cardarelli

Koo Jeong-A Venti Pinksummer
Palazzo Ducale, Cortile Maggiore 28R
Piazza Matteotti 9, Genova

Koo Jeong-a, Untitled, 2012, disegno, 84 x 169 cm, courtesy pinksummer. Photo Francesco Cardarelli