Per quanto il petrolio sia storicamente il motore economico e commerciale della regione, gli Emirati Arabi Uniti da qualche decennio stanno assumendo un ruolo sempre più attivo nel processo di transizione “verde”. Ne è un esempio la città di Masdar, progetto promosso dal governo di Abu Dhabi e avviato nel 2006 su masterplan di Foster + Partners: un insediamento misto per circa 50.000 abitanti, situato nel deserto a 30 km dalla capitale, concepito per mettere in pratica e incentivare sistemi di produzione energetica alternativi al petrolio e fare della regione un punto di riferimento internazionale nel campo della sostenibilità ambientale (dall’approvvigionamento energetico esclusivamente da fonte solare ed eolica, al riciclo totale dei rifiuti, all’eliminazione di veicoli a combustibile fossile).
Come sempre capita tra sorelle, la competizione è dietro l’angolo e a cogliere la sfida è Dubai, sorella vicina dal carattere notoriamente più chiassosa ed esibizionista di Abu Dhabi e, oggi, anch’essa impegnata a immaginare un proprio futuro “eco-friendly”. Campo di prova è Expo City Dubai, l’area “ereditata” da Expo Dubai 2020: un’eredità ingombrante che accende i riflettori sulle politiche strategiche dell’Emirato in termini sia di rigenerazione territoriale sia di sostenibilità ambientale.

Lo studio olandese UnStudio, insieme a un team multi-disciplinare (composto, tra gli altri, dallo studio internazionale Buro Happold per ingegneria e sostenibilità e dallo studio danese Sla per la progettazione del paesaggio), ha recentemente annunciato il masterplan che trasformerà Expo City Dubai nel nuovo Dubai Future Centre: un insediamento ad uso misto concepito in linea con i dogmi di Expo 2020 (Sostenibilità, Mobilità e Opportunità) e con gli obiettivi ambiziosi di Dubai 2040 Urban Master Plan in termini di sostenibilità ambientale (tra cui il raggiungimento di zero emissioni nette entro il 2050) e qualità della vita.
Il Masterplan, che riguarda un’area di 3,5 chilometri quadrati e ospiterà circa 35.000 residenti e 37.000 professionisti, preserva oltre l'80% delle infrastrutture e degli edifici di Expo 2020 ma, dell’impianto urbanistico originario, scardina la conformazione organica a favore di una razionale griglia modulare che consente l’efficientamento dei percorsi di transito e l’ampliamento per graduali stati d’avanzamento.

Il progetto prevede cinque nuovi distretti: un’area ad alta densità insediativa (Expo Downtown), due comparti residenziali a bassa densità (Expo Hills ed Expo Valley, quest’ultimo da completarsi presumibilmente nel 2026), un campus per l’insediamento di imprese innovative (Expo Business) e un’area di servizi sportivi, culturali, ricettivi e di intrattenimento (Expo Fields) in grado di amplificare l’attrattività del contesto a scala vasta.

A interconnettere le macroaree, un sistema di spazi pubblici, piazze, percorsi ciclo-pedonali, parchi con oltre 30.000 nuove essenze autoctone, giardini e giochi d’acqua, offrirà occasioni di socialità e relazione e fungerà da strumento di ottimizzazione climatica, riducendo il fenomeno delle isole di calore e l’inquinamento atmosferico. Una nuova foresta urbana (Expo Forest) offrirà spazi per la pratica dell’agricoltura urbana e incentiverà l’incremento della biodiversità locale.

L’intervento, che prevede la certificazione LEED Gold come requisito minimo per tutti gli edifici, la certificazione BREEAM Excellent per progetti infrastrutturali e di ambito pubblico, ha già ricevuto la certificazione WELL Community Gold in relazione all’attenzione alla salute e al benessere della comunità.
