La sorprendente attualità del Sanatorio di Paimio di Alvar e Aino Aalto

Opera maggiore dell’architettura del Novecento, il presidio sanitario nei boschi della Finlandia meridionale materializza un concetto di cura cruciale nel dibattito contemporaneo sull’ambiente costruito.

Il Sanatorio di Paimio, opera maggiore di Alvar e Aino Aalto, campioni dell’architettura finlandese del Novecento, inaugura nel 2024 il suo decimo decennio di vita. Porta la sua età bene, anzi benissimo, per molte ragioni. Fu utilizzato senza interruzione fino all’inizio del nuovo millennio, prima come sanatorio e poi come ospedale generale. La transizione cominciò negli anni ’60, quando gli antibiotici avevano ormai rimpiazzato del tutto l’esposizione alla luce solare e all’aria pura come cura contro la tubercolosi. Fu modificato e ampliato a più riprese, ma quasi sempre dallo studio di Aalto, che se ne occupò sotto la guida di Alvar fino alla sua morte nel 1976 e poi della seconda moglie Elissa fino al 1994. Da allora i pochi aggiustamenti necessari sono stati affidati allo studio locale di Lpr Architects, che ha proseguito l’approccio dei suoi illustri predecessori.

© Paimio Sanatorium Foundation

Le evoluzioni degli standard, dei dispositivi e delle pratiche mediche hanno richiesto molti aggiornamenti agli equipaggiamenti e agli spazi del sanatorio, ma una discreta parte delle superfici, delle finiture e degli arredi d’epoca sono sopravvissuti fino a oggi. Così, a differenza di altre architetture-chiave del Movimento Moderno, prima fra tutte la Villa Savoye di Le Corbusier a Poissy, Paimio non è mai andato in rovina e può vantare un notevole grado di “originalità” di tutte le sue parti. È un traguardo non da poco per un edificio ormai nonagenario, che rende ancor più rilevante e delicata l’attività di gestione e conservazione che svolge oggi la Paimio Sanatorium Foundation, costituitasi nel 2020.

Perché è così importante

Ci si può chiedere per quali ragioni il Sanatorio di Paimio, presidio sanitario nei boschi della Finlandia meridionale, sia considerato all’unanimità un’opera maggiore dell’architettura del Novecento. Le risposte sono molteplici. Gli Aalto lo progettarono come un manifesto dell’architettura moderna, pioniere di soluzioni fino ad allora sostanzialmente inedite nel paese nordico. Lo realizzarono con una struttura trave-pilastro in calcestruzzo, naturalmente, e non in legno o mattoni come le case tradizionali dei villaggi vicini. Lo concepirono come un assemblaggio di volumi puri, rinunciando ad esempio al tetto a falde molto inclinate tipico dei climi freddi e nevosi. Lo spogliarono di ogni fregio e decorazione e lo rivestirono di un semplice, liscissimo intonaco bianco, punteggiato dei colori sgargianti di qualche dettaglio – serramenti e tende, tra gli altri. A queste soluzioni, pressoché standard tra i modernisti europei dell’epoca, gli Aalto affiancarono altre strategie e dispositivi meno scontati, derivanti dalla loro personalissima visione “umanistica” all’architettura.

Sanatorio di Paimio (1929-33), stanza dei pazienti. Foto Gustaf Welin © Fondazione Alvar Aalto

Una architettura modello

Il programma specifico dell’edificio, luogo di cura di una comunità fragile, inspirò una serie di accorgimenti destinati al benessere dei pazienti: i corpi di fabbrica ruotarono e le loro finestre s’ingrandirono in modo da massimizzare l’esposizione solare; nelle stanze di degenza, unità-base dell’intero complesso, i colori tenui delle pareti e il posizionamento preciso dei punti-luce garantivano un’illuminazione diffusa, senza abbagliamento diretto degli ospiti allettati; i rivestimenti fonoassorbenti delle pareti e la peculiare forma a goccia dei lavabi, disegnati ad hoc, attutivano i molti suoni di uno spazio densamente popolato; gli arredi, su tutti la poltrona Paimio, erano costruiti in legno e non con i tubulari d’acciaio cari al Bauhaus.

I principi del razionalismo importati dal continente si fondevano qui con successo con l’approccio “organico” degli Aalto, consacrando un’opzione di modernità alternativa al macchinismo di Le Corbusier, al neoclassicismo di Mies, alla standardizzazione di Gropius. A Paimio l’architettura finlandese smetteva d’imparare dal continente e, al contrario, proponeva al mondo un modello esportabile. Sempre a Paimio, poi, si concludeva una prima fase squisitamente locale della carriera degli Aalto, che acquistarono una visibilità internazionale, presto monetizzata da importanti incarichi all’estero.

Foto: Ola Kolehmainen © Paimio Sanatorium Foundation

Una nuova vita per Paimio

Il 2023 è stato un anno di svolta per Paimio perché vi si è svolta la prima edizione della conferenza internazionale Spirit of Paimio, curata da Joseph Grima, architetto, e da Mirkku Kullberg, Ceo della Paimio Sanatorium Foundation. La conferenza, che nelle intenzioni degli organizzatori diventerà un evento a cadenza annuale, è parte di un più ampio programma di lungo periodo che vuole fare del sanatorio un luogo aperto per una riflessione continua sui temi materializzati dalla sua architettura: il concetto di “cura”, innanzitutto, variamente declinato come cura della persona, cura delle opere dell’uomo, cura dell’ambiente. Sono questioni cruciali nel dibattito contemporaneo sull’ambiente costruito e le sue trasformazioni, di cui le ricerche pioniere degli Aalto costituiscono un’imprescindibile precedente storico, un riferimento ormai antico ma ancora di sorprendente attualità.

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