La Fondazione degli Ordini degli Architetti di Milano e la Fondazione Housing Sociale hanno promosso l’open call “Racconti domestici” rivolta ad architetti, artisti, fotografi professionisti e amatoriali allo scopo di indagare, attraverso la fotografia, le nuove modalità dell’abitare alla luce dei continui processi di trasformazione spaziale, sociale ed economica che coinvolgono le città contemporanee e le vite delle persone.
Di fronte alla genesi di nuovi paesaggi urbani, nuovi paesaggi domestici si aprono come insoliti scenari di vita quotidiana, provando a rispondere all’ancestrale bisogno dell’individuo di trovare un riparo sicuro e, nella migliore delle ipotesi, un luogo in cui volere ritornare la sera.
Ci sono gli spazi informali e spontanei dove scorrono fluide e rassicuranti le abitudini domestiche, dalla seduta di yoga (Federico Bianchini) o di pugilato (Silvia Meazza), alla lettura serale dentro la vasca da bagno (Fulcro design); dal bucato (Giulia Sansovini), alla convivialità (Isil Argimak), al relax sull’amaca (Chiara Lanfranconi, Gruppo P22).
C’è la stanza che fa capolino tra i rampicanti (bello pensare non per l’incuria ma per il “pollice verde” di chi la abita, o per il gusto un po’ ruskiniano di sopravvento della natura sull’architettura: Biagio Palmieri) e c’è chi il verde si accontenta di viverlo negli spazi di pertinenza di un condominio (Gianluca Rizzello).
Ci sono le “fucine” abitative, dove lo spazio domestico si fonde con quello di lavoro e creatività (Caterina Fabbrici, Federica Dattilo) tra PC, cabine armadio (Diego Papadia) e attrezzi da falegname (Mattia Gasparini), o alla ricerca di un ordine nel Kaos (Myh + VCasalini).
Ci sono gli spazi “sospesi” e vagamente metafisici, in attesa di qualcosa (di salvifico?) che verrà (Studio Amma), che si cerca di intravedere da dietro una finestra nel fluire della vita all’esterno (Caterina Magatti) o che si coglie accidentalmente, come prefigurava Eugenio Montale, in un fenomeno imprevisto e rivelatore come può essere un filo di luce che squarcia il buio della lavanderia (Ilaria Gambuti).
Infine c’è il riparo fortuito di chi si adatta a vivere su un materasso improvvisato, sotto un portico (Sabrina Giannasi) o al mercato (El Castellari) o di chi trova nelle relazioni di comunità l’unico vero “salotto” in cui vale la pena di abitare (Inhabiting Outdoor).
Seppure nelle diversità contestuali e culturali dei diversi approcci, comune denominatore è la resilienza: la capacità adattiva degli spazi e delle persone di trovare quell’incastro magico grazie al quale l’abitare, nel migliore dei casi, non è solo una condizione necessaria e sufficiente per la sopravvivenza ma la chiave di lettura dell’identità e dell’appartenenza ad un luogo, per quanto mutevole o casuale questo possa essere.
L’iniziativa rientra nell’ambito del Festival “Cara Casa”, organizzato dalle Fondazioni degli Ordini degli Architetti di Milano, Genova, Venezia e dall’Ordine degli Architetti di Bologna, in collaborazione con l’Università di Genova, la Fondazione Housing Sociale el’Associazione AmbienteAcqua APS. La manifestazione, che si svolgerà tra aprile e ottobre 2023 nelle quattro città italiane coinvolte e nelle sedi estere di Parigi e Amsterdam, ha l’obiettivo di promuovere l’architettura contemporanea italiana sensibilizzando un pubblico vasto sui temi della qualità, della pianificazione e della rigenerazione urbane.
Le 20 migliori immagini selezionate a marzo dalla commissione giudicatrice nell’ambito dell’open call “Racconti domestici” saranno esposte a Milano in una mostra itinerante, nelle sedi individuate dal Festival. Il programma completo del Festival è visualizzabile al sito dell’Ordine degli Architetti di Milano.