Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1070, luglio-agosto 2022.
Entro l’autunno del 2022, il Campus Novartis di Basilea renderà accessibili al pubblico i suoi spazi all’aperto e molti dei servizi finora riservati ai suoi collaboratori – ristoranti, una farmacia, un ufficio postale – con una decisione che potrebbe avere un impatto significativo sul ‘funzionamento’ della città svizzera. Più in generale, si tratta di un episodio virtuoso nella storia recente di ridefinizione dei confini tra città pubblica e città privata, a livello di usi più che di assetto proprietario, che interessa in questi anni gran parte del mondo, occidentale e non.
Il completamento del Novartis Pavilion di Michele De Lucchi è un tassello importante del processo di ri-significazione del recinto della casa farmaceutica come un brano di tessuto urbano a tutti gli effetti. Amdl Circle, vincitore del concorso internazionale coordinato nel 2017 da Vittorio Magnago Lampugnani, concepisce una semplice volumetria ad anello, con un diametro esterno di 42 m e una sezione costante a doppia falda.
L’edificio si colloca, ragionevolmente, nel punto più accessibile e di maggiore valore paesaggistico del campus, nello spazio verde del Park Süd che fiancheggia il Reno e si allunga verso il centro storico. Gli ambienti interni si distribuiscono su due livelli: al piano terra una caffetteria, uno spazio eventi e una sala per attività educative, e al primo piano uno spazio espositivo di 900 m2 , allestito da Atelier Brückner con la mostra permanente “Wonders of medicine”, attraverso la quale Novartis intende “promuovere una riflessione su temi come il corpo umano, la salute, le opportunità e le sfide delle cure mediche, oltre che sul ruolo delle case farmaceutiche nello sviluppo di medicinali e terapie innovative”.
La tipologia del padiglione, che combina l’ambizione site-specific dell’architettura con il carattere sostanzialmente autoconcluso dell’oggetto, è particolarmente congeniale a un progettista poliedrico come De Lucchi. Come nei suoi esperimenti precedenti sul tema – tra cui il Padiglione UniCredit, il Padiglione Zero e il Padiglione Intesa Sanpaolo, tutti a Milano e tutti del 2015 – anche per il Novartis Pavilion l’involucro è l’elemento di maggiore sforzo concettuale ed estetico. Nel loro insieme, queste architetture costituiscono in effetti un catalogo al tempo stesso eclettico e coerente di opzioni di facciata, sospese tra tensione naturalistica e fascinazione soft-tech, tra la matericità ruvida e rassicurante del legno e quella astratta di superfici più contemporanee.
Alla struttura di legno si sovrappongono un guscio metallico e un rivestimento semi-integrale di 10.000 celle fotovoltaiche organiche – a base di carbonio, anziché di silicone – che si solleva solo dal piano terra, interamente vetrato. Le celle integrano un totale di 30.000 LED, orientati verso l’esterno e in direzione della lamiera sottostante, che ne moltiplica la luminosità e i riflessi. È una soluzione che si propone di combinare ragionevolezza ed esuberanza, efficienza ed espressione architettonica: da un lato, la facciata produce l’energia necessaria e sufficiente per il suo stesso funzionamento; dall’altro, questa ‘pelle’ cangiante e programmabile si fa supporto per messaggi informativi e animazioni artistiche, oltre che diaframma brillante che trasforma il padiglione in un’amichevole, visibilissima lanterna notturna.