Recensione: The Public Private House – Modern Athens and Its Polykatoikia

The Public Private House è un libro d’architettura vivo e ricco che parla pochissimo di architetti. Il personaggio principale, protagonista interessante e spiazzante, che snoda il suo percorso attraverso la città di Atene come l’eroe di una tragedia di Sofocle, è la polykatoikia.

Polykatoikia è una parola che può di per sé non suonare familiare. Ma chiunque sia stato ad Atene riconoscerà nella polykatoikia la tipologia caratteristica del paesaggio urbano della città, più di ogni acropoli o di altri aspetti dell’ambiente costruito dell’Attica.

La polykatoikia, letteralmente “multiresidenza”, è un edificio a più piani a destinazione mista caratterizzato da balconi e terrazze digradanti, dipinto di bianco all’esterno mentre all’interno ospita abitazioni private e locali commerciali, tanto a livello della strada quanto a quelli superiori. Spiega l’architetto Richard Woditsch, curatore del libro: “Studiare la polykatoikia significa anche studiare la storia della città moderna e l’evoluzione della storia greca in generale, e di quella di Atene in particolare”. Perciò The Public Private House analizza questo specifico tipo di edificio – i suoi particolari attributi architettonici e i suoi temi d’interesse – ma soprattutto il suo ruolo nell’ultimo secolo dello sviluppo urbanistico di Atene.

Dal punto di vista dell’architettura la comparsa della Maison Dom-ino di Le Corbusier nel 1914 costituì un prototipo di rapida costruzione e moltiplicazione per destinazioni molteplici

Alcestis P. Rodi, nel saggio che apre il volume mettendo a fuoco il tema dell’urbanistica della città, definisce il rapporto tra Atene e la polykatoikia “reciprocamente generativo”. Come per molte importanti città occidentali la crescita di Atene si è verificata con spettacolare rapidità, dal “grosso villaggio” del 1831 alla città di 2,8 milioni d’abitanti del 1971. Ma a differenza di altre città europee Atene è venuta coerentemente definendosi tramite “una pianificazione debole, una crescita limitata e il sopravvento dell’interesse privato sul bene pubblico”. Perciò, al posto di quartieri residenziali, industriali e commerciali pianificati bilanciati da verde e spazi pubblici, Atene è cresciuta in modo organico e caotico.

La polykatoikia è stata centrale in questa crescita, in termini architettonici quanto economici. Dal punto di vista dell’architettura la comparsa della Maison Dom-ino di Le Corbusier nel 1914 costituì un prototipo di rapida costruzione e moltiplicazione per destinazioni molteplici. Dal punto di vista dell’economia, grazie una legge sugli alloggi del 1929 che istituiva un sistema di scambio noto come antiparochi, i proprietari dei terreni iniziarono a cedere le loro aree ai costruttori in cambio di una porzione di area utilizzabile del nuovo edificio che poteva arrivare al 50 per cento. Spiegano Wooditsch e Mark Kammerbauer che “l’imprenditore edile non pagava il terreno e il proprietario non pagava un appartamento nuovo di zecca”. Contemporaneamente lo Stato era felice di poter rispondere alla domanda di alloggi e sosteneva il sistema consentendo una maggiore altezza degli edifici.

La struttura della polykatoikia è certamente la meno eloquente delle sue caratteristiche. La pianta libera dell’antecedente del Dom-ino porta a una molteplicità di destinazioni

Il paesaggio di Atene perciò diventò il “mare di cubi bianchi” che è oggi, fatto che suscita negli autori del libro sia frustrazione sia ammirazione: “La polykatoikia è resiliente”, afferma Rodi riferendosi alla sua elasticità e alla sua adattabilità. “Ma Atene”, prosegue, “non è caratterizzata dalla resilienza urbana.” In altre parole la fisionomia urbana di Atene pare realizzarsi alla scala dei singoli edifici invece che più ampiamente in tutta la città.

Assumendo come punto di partenza queste premesse storiche The Public Private House (2018) passa poi a una ricerca più diretta sulla tipologia con un testo di tono quasi scientifico di Wooditsch e Kammerbauer, che classifica i parametri della polykatoikia – la griglia dei pilastri, la scala, l’altezza delle solette e così via – accanto a illustrazioni fotografiche ricche benché affastellate di didascalie.

Infine Panos Dragonas traghetta la polykatoikia nel XXI secolo, dove essa si adatta alla nuova demografia, a nuove strutture familiari e a nuove temperie economiche, oggi determinate più da Airbnb che non dall’antiparochi

La sezione centrale del libro presenta poi ricerche visive approfondite su dodici singoli esempi di polykatoikia attraverso foto, sezioni, piante e disegni assonometrici che si estendono secondo i casi al più ampio contesto circostante. Sono ricerche particolarmente utili a illustrare le dinamiche interne della polykatoikia: le fotografie mostrano una varietà di destinazioni impossibile a rappresentarsi con i disegni d’architettura. La struttura della polykatoikia è certamente la meno eloquente delle sue caratteristiche. La pianta libera dell’antecedente del Dom-ino porta a una molteplicità di destinazioni – dall’abitazione al teatro, da un negozio di abiti da sposa interno alla vetrina su strada di un negozio di calze – che possono tutte essere ricomprese in un involucro esternamente omogeneo.

La mescolanza viene analizzata da uno dei saggi conclusivi, ancora di Wooditsch e Kammerbauer, che descriva la “sfera osmotica” in cui lo spazio pubblico della città si fonde senza soluzione di continuità con le vetrine e gli uffici dei piani superiori, fianco a fianco con gli appartamenti. Infine Panos Dragonas traghetta la polykatoikia nel XXI secolo, dove essa si adatta alla nuova demografia, a nuove strutture familiari e a nuove temperie economiche, oggi determinate più da Airbnb che non dall’antiparochi. “Ancora una volta”, scrive, “la polykatoikia diventa un’anticipazione del futuro.”

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