di Ramona Ponzini
Dalla fotografia al graphic design, dall’illustrazione all’astrazione concettuale, il formato vinile ha ospitato nel corso dei decenni una varietà di linguaggi visivi capaci di esaltare il contenuto musicale e imprimersi nell’immaginario collettivo.
Tra le molte soluzioni adottate da designer e artisti, l’immagine dell’architettura urbana ha giocato un ruolo di primo piano. Dagli scorci metropolitani alle architetture brutaliste, dalle case popolari ai grattacieli monumentali, l’iconografia degli edifici ha contribuito a definire non solo l’identità visiva di molti album, ma anche il loro posizionamento culturale.
Ancora oggi la tendenza persiste, con molte copertine che recuperano l’estetica delle città per raccontare storie musicali attraverso il linguaggio dell’architettura.
Chicago e l’iconografia urbana nelle copertine di Yankee Hotel Foxtrot e Chicago

La copertina di Yankee Hotel Foxtrot si distingue per la sua fotografia emblematica delle torri di Marina City, progettate da Bertrand Goldberg e completate nel 1964. Questo complesso, con le sue due torri cilindriche di 179 metri, è un esempio di modernismo organico, in cui la forma architettonica si distacca dalla rigidità ortogonale per esplorare nuove soluzioni spaziali.



Chicago, Illinois. Cityscape at night with marina city tower, river, empty road and bridge in sight. Taken from London House Chicago. July, 2017.
Foto di Eimantas su Adobe Stock

Chicago, Illinois. Cityscape at night with marina city tower, river, empty road and bridge in sight. Taken from London House Chicago. July, 2017.
Foto di Eimantas su Adobe Stock
L’immagine scelta per la copertina dell’album si configura come elemento in dialogo con le atmosfere sonore del disco. La musica dei Wilco, sospesa tra rock sperimentale, folk destrutturato e una produzione stratificata, trova un corrispettivo visivo nella ripetizione modulare dei balconi e nelle superfici dell’edificio. L’estetica e la composizione grafica evocano un senso di distanza e malinconia, enfatizzato dall’assenza di elementi testuali prominenti. L’immagine non descrive, ma suggerisce: diventa paesaggio mentale, luogo sospeso tra utopia e mito, proprio come la città di Chicago nella sua evoluzione architettonica.

Se Yankee Hotel Foxtrot utilizza Marina City come metafora urbana di un’America in cambiamento, Chicago di Efdemin adotta un approccio più teorico all’immaginario architettonico della città.
La copertina dell’album si distacca dalla fotografia documentaria e si orienta verso una rappresentazione grafica più concettuale, con un design che richiama le griglie ortogonali della città e le strutture minimali dell’International Style. Il riferimento implicito è alla Scuola di Chicago, il movimento architettonico che ha dato forma alla città tra il XIX e il XX secolo, ridefinendo il concetto di grattacielo attraverso l’uso di strutture a scheletro d’acciaio e superfici vetrate.
In questo contesto, Chicago di Efdemin si appropria del linguaggio visivo dell’architettura per costruire una narrazione musicale che riflette il ritmo ipnotico e geometrico della città. La copertina diventa dispositivo semiotico che traduce in immagine il rigore e l’astrazione della musica, e un uso dello spazio acustico che riecheggia la modularità dell’architettura urbana.
Hotel e metafore urbane: l’architettura dell’isolamento e del transito

L’immagine in copertina di She Hangs Brightly, album di debutto dei Mazzy Star, fotografa un interno dell’Hotel Tassel, uno dei capolavori dell’Art Nouveau, progettato da Victor Horta e realizzato nel 1893 a Bruxelles. Caratterizzato da una concezione fluida dello spazio, una struttura organica e l’uso sofisticato della luce, l’Hotel Tassel incarna l’essenza della musica dei Mazzy Star: eterea, sospesa, immersa in un’atmosfera ipnotica e malinconica.
La scelta dell’Art Nouveau non è casuale. Questo stile architettonico, con le sue linee curve e le sue decorazioni vegetali, si contrappone alla rigidità della geometria classica suggerendo un’idea di trasformazione e movimento. Analogamente, la musica dei Mazzy Star si muove tra folk psichedelico e dream pop, dissolvendo i confini tra generi e creando un effetto di morbida sfocatura, proprio come l’architettura di Horta dissolve la distinzione tra struttura e ornamento.
L’illuminazione soffusa e l’inquadratura prospettica dell’immagine amplificano la sensazione di mistero e suggestione, rendendo la copertina un vero e proprio invito a entrare in un universo sonoro in cui il tempo sembra rallentare.

Se She Hangs Brightly utilizza l’architettura come simbolo di un’estetica onirica e rarefatta, The Lonesome Crowded West dei Modest Mouse adotta un approccio opposto, trasformando l’immagine di un hotel in manifesto visivo della desolazione urbana. La copertina del disco mostra le due torri cilindriche del Westin Seattle, uno degli skyline più riconoscibili della città, con la loro silhouette brutalista e massiccia che domina l’orizzonte.
Costruito nel 1982, il Westin Seattle è il simbolo dell’espansione verticale della città e dell’urbanizzazione aggressiva che ha caratterizzato gli Stati Uniti negli ultimi decenni del XX secolo. La sua forma distintiva, con due torri gemelle curve, evoca la crescita incontrollata delle metropoli moderne.
La scelta di fotografare il Westin Seattle dal basso, con un cielo plumbeo e una prospettiva leggermente distorta, amplifica il senso di oppressione e alienazione. L’hotel, da luogo di transito, diventa simbolo di un’urbanizzazione che inghiotte l’individuo, trasformando la città in un paesaggio disumanizzante. Il contrasto tra il titolo dell’album – The Lonesome Crowded West, un ossimoro che giustappone solitudine e affollamento, e l’immagine in copertina sottolinea la tensione tra l’illusione del progresso e il senso di vuoto esistenziale che esso genera.
Disegni: L’architettura come linea grafica e struttura concettuale

To the 5 Boroughs, sesto album in studio dei Beastie Boys, è una dichiarazione d’amore alla loro città natale: New York. La copertina, realizzata dall’architetto e illustratore Matteo Pericoli, raffigura lo skyline della metropoli con una precisione meticolosa, in un disegno lineare che cattura la vastità e la densità della città attraverso un linguaggio grafico essenziale.
Lo skyline rappresentato restituisce la visione unitaria di una città che è al tempo stesso frammentata e connessa. Il tratto enfatizza l’architettura come codice visivo, riducendo la complessità della città a una griglia quasi cartografica, che riflette la stratificazione culturale e architettonica della metropoli.
Dal punto di vista concettuale, la scelta del disegno rispetto alla fotografia sottolinea la natura stilizzata e astratta del disco: un album costruito sulla decontestualizzazione e il campionamento, proprio come la skyline newyorkese è il risultato di epoche, stili e contaminazioni sovrapposte. In questo senso, lo skyline di New York, ridotto a una sintesi grafica essenziale, riflette l’energia poliedrica dell’hip-hop dei Beastie Boys.

In Ascension: The Sequel di Glenn Branca il disegno diventa uno strumento per amplificare l’intensità e il senso di grandiosità del suono.
La copertina, firmata dall’artista Robert Longo, ritrae l’interno di una cattedrale gotica con un tratto iperrealista e drammatico. Longo è noto per il suo lavoro in bianco e nero, che esalta il contrasto tra luce e ombra attraverso un uso magistrale del carboncino, trasformando i soggetti in figure cariche di tensione e dinamismo.
L’immagine della cattedrale si configura come trasposizione visiva dell’esperienza sonora dell’album. Glenn Branca, figura chiave dell’avanguardia musicale newyorkese, è noto per le sue composizioni orchestrali per chitarre elettriche, caratterizzate da un’imponenza strutturale e un senso quasi architettonico del suono.
L’interno della cattedrale disegnato da Longo riflette la natura ascensionale della musica di Branca: un crescendo di tensione e potenza, in cui la ripetizione ossessiva di pattern sonori genera un effetto quasi mistico. La verticalità delle navate, l’intensità dei chiaroscuri e il senso di elevazione visiva trovano un perfetto parallelo nelle strutture musicali dell’album, che si basano sulla sovrapposizione di strati sonori in una continua espansione dinamica.
Made in Italy: Zen Circus – Andate tutti affanculo (2009)

La copertina di Andate tutti affanculo degli Zen Circus, uscito nel 2009, è indubbiamente una scelta visiva potente. L’immagine ritrae il Palazzo della Civiltà Italiana, uno degli edifici più iconici dell’Eur a Roma, esempio paradigmatico dell’architettura razionalista del Ventennio fascista. Con la sua ripetizione modulare di archi e la sua monumentalità astratta, l’edificio è stato spesso interpretato come simbolo ambivalente: da un lato, la retorica della grandezza e dell’ordine imposta dall’ideologia che lo ha generato; dall’altro, una forma distante, che nel tempo è diventata emblema di un potere impersonale e disconnesso dalla realtà quotidiana.

L’abbinamento con il titolo dell’album introduce una tensione ironica e dissacrante: il rigore formale dell’architettura si scontra con la violenza espressiva del linguaggio, creando un contrasto che rispecchia il tono dell’album stesso.
Se l’edificio, nella sua storia e nella sua estetica, richiama il passato di un’Italia che si voleva grandiosa e ordinata, il messaggio degli Zen Circus lo trasforma in un simbolo di alienazione contemporanea. La scelta di questa immagine non è solo una provocazione, ma un gesto di riappropriazione: prendere un’architettura nata per un’altra epoca e usarla per raccontare un presente di precarietà, frustrazione e resistenza.
Follie architettoniche e visioni surreali: Aulos e For Your Pleasure

La cover di Aulos di Vladimir Cauchemar rielabora il complesso residenziale parigino Orgues de Flandre con un approccio surreale e ironico, trasformandolo in un gigantesco flauto. Questo insieme architettonico brutalista, progettato da Martin van Trek a Parigi tra il 1974 e il 1980, è caratterizzato da torri cilindriche che ricordano le canne di un organo, un elemento che l'artista enfatizza attraverso il fotomontaggio.
La composizione visiva gioca con le proporzioni: la torre viene ridotta alla scala di uno strumento musicale, mentre il corpo umano diventa il punto di riferimento per la sua reinterpretazione funzionale. L’inquadratura sfrutta le geometrie rigide e ripetitive dell’architettura brutalista per costruire una composizione dinamica e bilanciata. L’Orgues de Flandre, concepito come un elemento urbanistico statico, viene così trasformato in un oggetto performativo, ribaltando la percezione dell’ambiente costruito e suggerendo un’interazione nuova tra uomo e città.

L’album, uscito nel 1973, segna il culmine dell’estetica glam della band e la copertina, firmata dal fotografo Karl Stoecker, è una delle più iconiche di sempre.
L’immagine raffigura Amanda Lear in abito da sera nero, con un guinzaglio in mano a cui è legata una pantera nera. Sullo sfondo, un paesaggio urbano notturno e artificiale, avvolto da una foschia che lo rende ambiguo, quasi onirico. L’architettura, qui, gioca un ruolo secondario ma essenziale: le luci della città, riflessi e grattacieli lontani, costruiscono un set che richiama un’idea di modernità elegante e alienante. È una città che potrebbe essere Londra o New York, ma che in realtà è astrazione, un luogo più mentale che fisico.
La copertina comunica un senso di decadenza sofisticata, tipica del glam rock di Bryan Ferry. L’architettura, sfumata e lontana, suggerisce un lusso freddo e distaccato, perfetto per il tono dell’album. La pantera nera, figura di potere e seduzione, si muove in questo scenario come un elemento destabilizzante, portando con sé un senso di minaccia e mistero.
I classici: Animals e Physical Graffiti

La copertina di Animals (1977) è certamente una delle più iconiche della storia del rock. Progettata dallo studio Hipgnosis con l’intervento diretto di Roger Waters, raffigura la Battersea Power Station, colosso industriale situato a Londra, con un gigantesco maiale gonfiabile che fluttua tra i suoi camini. L’immagine è surreale e disturbante, una rappresentazione visiva del tema centrale dell’album: l’alienazione sociale e la critica feroce al capitalismo.
La Battersea Power Station, con la sua architettura imponente e il suo passato legato all’industrializzazione britannica, diventa il simbolo di un mondo in declino. L’edificio, costruito negli anni ‘30, è un esempio di monumentalismo industriale che coniuga funzionalità e grandiosità. La sua immagine, incombente e tetra, si sposa perfettamente con le atmosfere dell’album, che descrive una società divisa in “cani”, “pecore” e “maiali” (le classi dominanti e dominate secondo la visione critica della band). L’intervento visivo di Hipgnosis spezza la rigidità dell’architettura con un elemento inaspettato, sottolineando la distorsione della realtà operata dal potere e dai sistemi economici.
Oltre al suo impatto estetico, la copertina di Animals ha avuto un’influenza duratura, rendendo la Battersea Power Station uno degli edifici più riconoscibili della cultura pop, tanto che negli ultimi decenni ha subito un processo di riqualificazione che l’ha trasformata in un complesso residenziale e commerciale di lusso: un destino quasi ironico, considerando la critica sociale dell’album.

La copertina di Physical Graffiti (1975) raffigura un doppio edificio residenziale situato al 96 e 98 di St. Mark’s Place, nel cuore di Manhattan. Tipico esempio di brownstone newyorkese, questo palazzo dell’East Village rappresenta un’architettura intima, vissuta, legata alla quotidianità urbana. Tuttavia, il lavoro grafico applicato alla copertina aggiunge una dimensione inedita: le finestre del palazzo sono state ritagliate, permettendo di vedere al loro interno.
Come un edificio che ospita diverse vite, Physical Graffiti è un album stratificato, eterogeneo, coeso. Il palazzo scelto per la copertina è diventato un punto di riferimento per i fan dei Led Zeppelin, tanto che ancora oggi è una meta di pellegrinaggio musicale.
Going East: monumenti brutalisti, utopie sovietiche e minimalismo giapponese

La copertina dell’omonimo album di debutto degli Unknown Mortal Orchestra utilizza un’immagine potente e spiazzante: il Monumento all’Insurrezione del Popolo di Kordun e Banija, situato a Petrova Gora, in Croazia. La struttura, progettata negli anni ’80 da Vojin Bakić, è un’opera commemorativa dedicata ai partigiani jugoslavi della Seconda Guerra Mondiale.
L’imponente costruzione, caratterizzata da superfici metalliche riflettenti e da una forma organica, è un esempio estremo della scultura architettonica socialista. L’immagine scelta dagli Unknown Mortal Orchestra enfatizza l’aspetto alieno e decadente del monumento, ormai abbandonato e in rovina. La connessione con la musica è evidente: il sound psichedelico lo-fi della band si riflette perfettamente in questa architettura distorta, che evoca un passato glorioso ormai svanito, sostituito da un’atmosfera di decadenza e mistero.

I Molchat Doma, band bielorussa nata nel 2017, hanno costruito la loro immagine sulla fusione tra post-punk, synthwave e un’estetica strettamente legata all’architettura post-sovietica. Le loro copertine, così come i videoclip e il materiale promozionale, attingono direttamente dall’immaginario urbano dell’ex Unione Sovietica: prefabbricati, grattacieli brutalisti, interni spogli e atmosfere plumbee.
Non si tratta tuttavia di una scelta puramente nostalgica: il paesaggio architettonico sovietico diventa il simbolo perfetto della loro musica, caratterizzata da sonorità fredde e ripetitive, che evocano il senso di isolamento e alienazione urbana. Этажи (2018) ne è un esempio.

Kankyo Ongaku, compilation pubblicata dalla Light in the Attic Records nel 2019, è una celebrazione della musica ambient giapponese degli anni ’80 e ’90. Il titolo significa “musica ambientale” e si riferisce a un genere che si è sviluppato parallelamente all’architettura e al design giapponese dell’epoca.
La copertina dell’album presenta un’immagine dell’Iwasaki Art Museum, progettato dall’architetto giapponese Fumihiko Maki. Questo edificio, caratterizzato da linee minimaliste, superfici riflettenti e un uso magistrale della luce naturale, incarna perfettamente lo spirito della musica contenuta nella compilation.
L’estetica di Maki, esponente del modernismo giapponese, si basa su un’idea di spazio fluido e armonioso, dove la struttura architettonica non impone la propria presenza ma si integra con l’ambiente circostante. Una filosofia che si riflette perfettamente nella musica di Kankyo Ongaku, nella sua esplorazione del rapporto tra suono e ambiente.