A partire dall’esigenza di concentrare la densità insediativa della nascente città moderna in un modello edilizio a marcato sviluppo verticale e ridotta impronta planimetrica, nel tempo il grattacielo è divenuto il simbolo della metropoli contemporanea e di una tensione verso il cielo che è spesso sinonimo di potere economico e prestigio, come spesso dimostrano i molti investimenti faraonici che alimentano la corsa al primato altimetrico nelle metropoli di tutto il mondo.
Ma se, come per Icaro, non sempre a puntare in alto il successo è garantito, talvolta l’impeto adrenalinico si è tradotto in una clamorosa débâcle, con il progressivo decadimento funzionale e abbandono dell’edificio a causa dell’assenza di una chiara visione programmatica estesa al ciclo di vita dell’immobile, dell’esaurimento delle risorse in fase di costruzione o di manutenzione, di pastoie legali o dei venti mutevoli del mercato immobiliare e delle guerre.
Da Bangkok a Caracas, da New York a Beirut, Domus rintraccia alcuni di questi “cadaveri d’architettura insepolti” (per citare Ernesto Nathan Rogers) che, a parte qualche fortunato “resuscitato”, si stagliano ancora nei paesaggi urbani come spettri a memoria di glorie passate.