Il boom della richiesta di bunker di lusso

Le ordinazioni di abitazioni-bunker per super ricchi sono esplose durante la pandemia. Con l’invasione dell’Ucraina il fenomeno è in aumento, sintomo di un‘ansia globale che andrebbe affrontata diversamente.

A fine estate siti clickbait e tabloid riportavano la notizia che il rapper-producer e creative director di Yeezy, Kanye West, avesse combinato un’altra smattata delle sue, acquistando “una casa a forma di bunker” per la cifra stratosferica di 57.25 milioni di dollari: “Kanye che vive in un parcheggio”, “un bunker di alto livello per un leader di culto”, “una casa di cemento senza giardino a Malibu”. Titoli esilaranti, non fosse che la villa acquistata da Kanye è una delle uniche due residenze private realizzate da Tadao Ando sul territorio statunitense, insieme a Cerro Pelon Ranch, casa, stalla e mausoleo progettata per lo stilista e regista Tom Ford.

Ma c’è di più. Il radar che Kanye West ha dimostrato di avere per lo zeitgeist e i trend del futuro. Che non si è fermato alle sneaker o alla sua compianta partnership con Virgil Abloh, ma è  arrivato a toccare un punto di frizione che va ben oltre il design: il trend del survivalismo tra i super ricchi, che include una serie di pratiche per “prepararsi” a eventi catastrofici, dalla conservazione di cibo, alla costruzione di rifugi e all’apprendimento di tecniche di autodifesa, con l’obiettivo comune di sopravvivere al di là del collasso della civiltà.

Come hanno riportato testate come New York Times, il Guardian o Bloomberg, quello dei bunker di lusso e delle ville segrete in Nuova Zelanda è un argomento da conversazione “hush-hush” che accomuna star hollywoodiane, sportivi di alto livello, CEO della Silicon Valley e one-percenters. E così, sebbene la vicinanza di Kanye con Ando derivi in primis dalla passione condivisa per la filosofia Wabi-Sabi e l’architettura minimalista (già esplorata nella trasformazione della McMansion ai tempi del matrimonio con Kim Kardashian, a cui hanno lavorato Axel Vervoordt, Claudio Silvestrin, Vincent Van Duysen e Peter Wirtz), a suo modo Kanye si è mostrato più volte attratto dai temi della cultura prepper – come viene appunto chiamato, comunemente, il survivalismo.

  

Autori e giornalisti come Evan Osnos e Mark O’Connell raccontano come, dalle chiacchiere da cocktail party, molti super ricchi siano passati all’azione, spendendo cifre che oscillano intorno ai 10 milioni di dollari per la realizzazione di bunker sotterranei sotto le loro ville in Napa Valley, comprensivi di Jacuzzi, cinema, sale da biliardo, parcheggi e stalle; mentre altri, tra cui spicca  Peter Thiel, co-founder di PayPal e primo investitore di Facebook, hanno preferito spendere cifre ben più alte per assicurarsi postazioni più utopiche e bucoliche, acquistando una o più ville nella regione di Queenstown, in Nuova Zelanda, un territorio incontaminato e ricco di risorse, celebre per essere stato il set del Signore degli Anelli.

Sulla scia del terrore post-9/11, le ditte che si occupano di realizzare bunker di lusso negli ultimi anni sono spuntate come funghi. Sul territorio statunitense Rising S Bunkers e Atlas Survival Shelter si occupano di costruire bunker privati, mentre imprenditori come Robert Vicino e Larry Hall sono arrivati a progettare vere e proprie società di prepper (nel caso di Vivos xPoint) e milionari prepper (nel caso di Survival Condo e Vivos Europa One).

Pionen White Mountains, Albert France-Lanord Architects. Courtesy Albert France-Lanord Architects
Pionen White Mountains, Albert France-Lanord Architects. Courtesy Albert France-Lanord Architects

Gli imprenditori per “soluzioni di sicurezza” amano parlare dei loro clienti come persone ragionevoli e facoltose, che preferiscono spendere qualcosa in più a costo di farsi passare quella piccola ansietta data dal potenziale arrivo indesiderato nelle proprie vite di incendi inestinguibili, bombe batteriologiche, attacchi nucleari, collassi sociali o economici, tsunami o ere glaciali.

In questi giorni, seguendo una apprensione più o meno motivata per il conflitto tra Russia e Ucraina, si torna a parlare di bunker anche in Europa. La notizia che Northsafe, la ditta dell’imprenditore mantovano Giulio Cavicchioli, abbia ricevuto 500 ordini solo nelle ultime due settimane ha fatto il giro del mondo. Ci sono anche altre aziende in Europa che da tempo si occupano di soluzioni per bunker di lusso, come la francese Artemis Protection e la praghese Oppidum, ben nota tra gli esperti nel campo per la realizzazione del più grande edificio fortificato sotterraneo per uso privato esistente al mondo.

Al di là delle paure estemporanee e di quello che lo stesso Cavicchioli ha definito “inutile isterismo”, è inevitabile notare come tanti di questi progetti potrebbero rivelarsi fallimentari o inutili. La crescita di domanda per i bunker in Nord Italia ad esempio, senza tirare in ballo dinamiche geopolitiche e accordi atomici, ignora il semplice fatto che un fallout atomico può disperdersi in un raggio massimo di 500 Km.

  

In caso di eventi apocalittici di altro tipo, come il collasso economico o sociale di una civiltà, le catastrofi ambientali legate al clima o gli inverni nucleari, molte delle soluzioni di sicurezza di queste costruzioni non riuscirebbero a proteggere i loro ospiti abbastanza a lungo. I bunker privati costruiti da Rising S Bunkers, Atlas Survival Shelter, Northsafe e Artemis Protection riescono a stivare acqua e cibo per un massimo di 5 mesi. L’elettricità, necessaria per alimentare i sistemi di areazione e quindi vitale, è poi il problema più grave. Se le fonti di elettricità esterne venissero meno, alcuni, come Northsafe o Atlas Survival Shelter, hanno pensato a una ventola a manovella, che costringerebbe gli sfortunati abitanti del bunker a girare a mano un pezzo di ferro per giorni o forse mesi, nel disperato tentativo di respirare.

Vero è che compagnie che lavorano su progetti più su larga scala si affidano a tecnologie che dovrebbero assicurare una maggiore autonomia, come i generatori a diesel o le batterie per sottomarini. E forniscono anche altri vantaggi.

Vivos Xpoint, Robert Vicino. Courtesy Terra Vivos
Vivos Xpoint, Robert Vicino. Courtesy Terra Vivos

Con Survival Condo, il fondatore Larry Hall immagina di dare forma a una comunità sotterranea di milionari dotati di armi, WC giapponesi per risparmiare sullo stoccaggio di carta igienica e orti sotterranei che seguono le scoperte del progetto Biosfera 2, la celebre struttura in vetro e acciaio progettata per contenere un ecosistema completo e autosufficiente nel deserto dell’Arizona, poi usate per coltivare orti idroponici nelle basi spaziali. Una sorta di astronave diretta sottoterra, anziché su Marte (dove probabilmente spera di salvarsi Elon Musk), per un piano all’apparenza infallibile; ma che anche in questo caso si ignora un semplice fatto: i componenti delle microsocietà armate, in un clima di collasso economico e sociale, difficilmente coabitano in pace. Non ci vuole una maratona della serie horror The Purge per immaginare che il disordine sociale che ha portato a nascondersi sotto terra sarà lo stesso a trasformare quel bunker in una tomba.

Il desiderio di fuga e disimpegno, la rinuncia al tentativo di costruire comunità sociali “in superficie”, oggi alimenta l’ennesima area di mercato, e va ironicamente a discapito della sopravvivenza della specie umana, portando problemi come la violenta gentrificazione che si è abbattuta sui Kiwi che abitavano in Nuova Zelanda nei pressi di Queenstown, e trascurandone visibilmente altri, come la catastrofe climatica e le sue conseguenti migrazioni di massa.

Nel caos, quel “matto” di Kanye West non ha forse torto a rivolgersi al Wabi-Sabi, che da secoli insegna l’accettazione del silenzio, dell’imperfezione e dell’impermanenza della vita del singolo.

Immagine in apertura: Abiboo Studio dal progetto DBX, un bunker privato e autosufficiente ispirato dalla vita nello spazio. Courtesy Abiboo Studio

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