Un interno urbano

Intervenendo prevalentemente sulla sezione, Michele Bonino e Subhash Mukerjee dello studio torinese Marc hanno trasformato un granaio degli anni Venti in una residenza, senza stravolgere l’involucro originario.

A Mathi, un piccolo comune a circa 30 km da Torino, una famiglia composta da uno psicoanalista, una dottoressa e due bambini ha trasformato un granaio degli anni Venti nello stampo attraverso cui modellare la propria esistenza quotidiana. Dopo aver indetto un concorso informale a invito, che ha coinvolto una serie di architetti under 40 ben noti nella realtà piemontese, i giovani committenti hanno affidato l’incarico allo studio torinese Marc, guidato da Michele Bonino e Subhash Mukerjee, che si è distinto per la capacità di assorbire nel progetto i desideri dei residenti, senza stravolgere l’involucro ereditato in partenza.

Studio Marc, riconversione di un granaio degli anni Venti in residenza, Mathi, Italia 2012

Nel gennaio 2012, il progetto architettonico è completato, e il processo di rigenerazione attivato all’interno del perimetro del vecchio casale ha iniziato a toccare, idealmente e fisicamente, la città circostante. Partendo, infatti, da una riflessione sul concetto di "bisogno abitativo" legato a necessità minime, l'intervento esplora la relazione tra persone e spazio, e la capacità di favorire o negare una serie di atteggiamenti comportamentali, nella dimensione privata come pubblica.   “L'individuo dovrebbe essere consapevole che abitare uno spazio è un atto sacro”, sottolinea il committente Davide Favero. “Non è lo stesso vivere in uno spazio con altezze minime piuttosto che doppie o triple. E così vale anche per l'arredamento, i colori e qualsiasi altro dettaglio”. “L’assenza di porte interne, eccezione fatta per i bagni, trasmette con determinazione ai figli e a chi attraversa la casa l'idea di un luogo completamente aperto e privo di aree protette”, continua Favero, “mentre la privacy è garantita dall'articolazione stessa degli spazi, oltre che dalle dimensioni dell'immobile”.

Una sorta di labirinto si sviluppa su tre livelli senza alcun elemento di delimitazione, se non l’accurata successione di percorsi e luoghi di sosta

Quest’idea alimenta il gioco di sovrapposizione tra dimensione domestica e urbana, esaltato poi dalla frammentazione stessa della residenza, che deliberatamente riflette le stratificazioni avvenute nel corso del tempo. Una sorta di labirinto si sviluppa su tre livelli senza alcun elemento di delimitazione, se non l’accurata successione di percorsi e luoghi di sosta. La sezione diviene il campo d’azione privilegiato degli architetti, che reinterpretano il loosiano Raumplan in un succedersi di dislivelli e altezze differenti, per incastrare i nuovi volumi in quelli esistenti.

Intorno alla piscina, orbita una serie di spazi comuni destinati alla proiezione di film e all’ascolto di musica

Protagonista dell’interno è il corpo scala in lamiera perforata, pensato come un vuoto definito da ‘pareti’ di libri e ampie superfici vetrate su strada. Al livello superiore, il volume irregolare della piscina gravita sulla zona giorno, denunciando la sua presenza fisica quando si distacca dalle pareti perimetrali. La piscina, dotata anche di un accesso dall’esterno, è visibile dietro un’ampia parete vetrata e, d’inverno, si trasforma in una serra, agendo positivamente sul microclima dell’abitazione.

La piscina, dotata anche di un accesso dall’esterno, è visibile dietro un’ampia parete vetrata e, d’inverno, si trasforma in una serra, agendo positivamente sul microclima dell’abitazione

“L’autonomia energetica ci è stata imposta dal principio come prerogativa del progetto”, racconta Subhash Mukerjee, “Abbiamo così realizzato un sistema di sonde geotermiche, che sfrutta lo scavo di un vecchio pozzo, e adottato pannelli solari e moduli fotovoltaici per riscaldamento ed elettricità”. Intorno alla piscina, orbita una serie di spazi comuni destinati alla proiezione di film e all’ascolto di musica, mentre le stanze da letto sono collocate al terzo livello.

Il colore giallo, che gli architetti hanno già usato in altri progetti, è qui applicato per segnalare l’operazione di scavo attraverso cui è stato possibile aggiungere un livello in più senza compromettere la sagoma originaria dell’edificio

Il colore giallo, che gli architetti hanno già usato in altri progetti, è qui applicato per segnalare l’operazione di scavo attraverso cui è stato possibile aggiungere un livello in più senza compromettere la sagoma originaria dell’edificio. “Il giallo”, spiega Michele Bonino, “è perfetto negli scavi per la sua capacità di riflettere la luce e favorire una percezione dilatata degli spazi”.

Il progetto contamina la strada, invita alla socialità e alla condivisione

Nella zona giorno, una panca rivestita di un tessuto verde oltrepassa virtualmente la vetrata per trovare continuità nel tappeto di erba artificiale esterno: “Il prato artificiale asseconda l’esigenza dei bambini di giocare in un luogo confortevole e, al contempo, delimita l’anfiteatro giallo che marca l’accesso principale della casa”. Questo luogo si presta all’interazione spontanea tra residenti e vicini e funge, allo stesso tempo, da elemento di connessione tra il volume della dependance degli ospiti e un edificio appena comprato dai proprietari, in cui è prevista a breve la realizzazione di un bed & breakfast.
La trasparenza dell'edificio determina l’individuazione di un asse diretto tra casa e strada: il soggiorno è un ingresso che, a sua volta, è una piazza, mentre sul retro strumenti musicali e libri in vetrina evocano una dimensione extra domestica. Quello che formalmente può apparire non rivoluzionario, anche se insolito rispetto al tipico modello residenziale italiano, assume qui importanza, se colto nelle sue istanze politiche.

L'anfiteatro giallo che marca l'ingresso si presta all’interazione spontanea tra residenti e vicini

Politica è la determinazione di stravolgere i canoni tradizionali di vivere un interno, perché ritenuti responsabili della formazione di “uomini domestici”, prima, e di cittadini, poi. Con l’idea di plasmare e farsi plasmare dal proprio nucleo abitativo, la famiglia Favero ha scelto di lasciare un centro vitale come Torino per un borgo industriale in prossimità dell’aeroporto. Il progetto contamina la strada, invita alla socialità e alla condivisione, alimentando quell’utopia, non necessariamente remota, di creare un borgo illuminato pronto ad accogliere chi ancora sceglierà di lasciarsi la città alle spalle.


Il volume irregolare della piscina gravita sulla zona giorno, denunciando la sua presenza fisica quando si distacca dalle pareti perimetrali


Ristrutturazione e ampliamento di un granaio degli anni Venti
Architetti
: Studio Marc (Subhash Mukerjee, Michele Bonino)
Team: Lucia Baima, Mi-Jung Kim, Tommaso Rocca
Ingegneria: FRED
Località: Mathi, Torino
Area: 350 mq
Programma: residenza + studi professionali
Fotografia: Beppe Giardino