900km Nile City al Cairo

Il progetto di una città che si estende per 900 chilometri lungo il Nilo, elaborato da Atelier Kempe Thill, Baukuh, GRAU, Lola e Aymen Hashem è tornato in patria con una mostra alla galleria Townhouse del Cairo e all’American University della stessa città.

Il progetto di una città che si estende per 900 chilometri lungo il Nilo, elaborato da Atelier Kempe Thill, Baukuh, GRAU, Lola e Aymen Hashem è tornato in patria con una mostra alla galleria Townhouse del Cairo e all’American University della stessa città, dopo il debutto alla Biennale internazionale d’architettura di Rotterdam e poi alla mostra Adhocracy della Biennale di design di Istanbul. La mostra affronta la difficile condizione urbana della Valle del Nilo, potenzialmente rurale, secondo le linee dell’editoriale di Baukuh pubblicato in Domus 961, all’insegna dell’audace affermazione “Progetti o Estinzione”. L’editoriale era illustrato in copertina da un disegno che evocava il lieto fine auspicabile al termine di una difficile partita di Tetris: un mondo di linee rette e di perfetta corrispondenza tra pieni e vuoti.   Nel caotico contesto della galleria, nel centro del Cairo, alla dicotomia tra progetto ed estinzione non si fa più riferimento esplicito. Improvvisamente l’estinzione appare come una possibilità decisamente verosimile e il progetto appare da lungo tempo scomparso, probabilmente insieme con l’ultimo governo che era stato in grado di configurare una struttura statuale ai livelli richiesti dal territorio egiziano.

"900km Nile City", galleria Townhouse, Cairo 2013. Vista dell'esposizione

Dopo un decennio in cui architetti e centri di ricerca architettonica sembrano aver mappato tutte le possibili situazioni urbane dal delta del Fiume delle Perle al Mar Baltico, passando per le Alpi svizzere e la Val Padana, con una schiera di diagrammi, statistiche, comparazioni incrociate e profezie da fine del mondo per il prossimo futuro, l’impostazione della mostra è una svolta netta rispetto all’eccessiva importanza attribuita ai dati.

"900km Nile City", galleria Townhouse, Cairo 2013. Vista dell'esposizione

Nonostante la presenza di documentazione che fornisce spiegazioni, contesto e sfondo del processo di ricerca che costituisce l’esito del progetto, non è questo il centro della mostra. Anzi, l’esposizione assume un ruolo di sostegno, organizzata nitidamente ed elegantemente com’è in quattro agili volumi di documentazione fotografica e in un manifesto di 90 punti sulla 900km Nile City. Esposta in una sala d’angolo del Museo, l’edizione in cinque tomi, la cui verde copertina islamica è forse fatta per compiacere l’attuale governo, appare come una specie di nota a margine della mostra. Quest’ultima sembra adottare il presupposto che ormai abbiamo quasi metabolizzato l’idea che oltre metà della popolazione mondiale vive in contesti urbani e che abbiamo mappato l’effetto spesso devastante di questo dato di fatto su paesaggi un tempo intatti (la Valle del Nilo ne è l’esempio perfetto). È probabilmente il momento di chiedersi: “Che fare?”.

L’analisi della situazione paesaggistica del Niloabbraccia l’ambiguità del paesaggio, accettandone la natura molteplice e complessa

La risposta è immediata e semplice: progettare. O meglio fare progetti. Proposte progettuali molteplici e differenti.   Le proposte progettuali appaiono rappresentate in modo audace ma volutamente semplificato, attraverso due modelli di grandi dimensioni. Uno raffigura la più vasta situazione territoriale del fiume Nilo, dal lago Nasser fino allo sbocco nel Mediterraneo attraverso il delta; l’altro ne ingrandisce una sezione con il caso di studio del governatorato di Sohag. La gamma di colori pastello della copertina di Domus viene sostituita da un più deciso quartetto di colori primari, come a sottolineare la decisa convinzione del ruolo del progetto nel futuro del territorio.

L'analisi della situazione paesaggistica del Nilo conta più sulle atmosfere che sui numeri

Curiosamente le proposte progettuali si fondono a loro volta nel modello, fino ad apparire solo come un'altra possibile versione della realtà. I particolari dei modelli sembrano solo un suggerimento delle potenzialità e degli effetti del progetto, che si mimetizza nello sfondo come per apparire parte preesistente della disposizione geometrica storica del paesaggio. Analogamente la documentazione fotografica di Bas Princen, Stefano Graziani e Giovanna Silva talvolta lascia la sensazione che sarebbe preferibile prendere qualche distanza in verticale, come nelle viste delle mappe di Google Earth.

All’ingresso del museo una proiezione in grandezza naturale del film It’s Countryside di Saverio Pesapane introduce crudamente nella mostra la durezza della realtà

Vengono invece proposti precisi momenti del paesaggio, una sezione di spazi della Valle casuali e apparentemente insignificanti, ma molto suggestivi. La scelta dei fotografi sottintende la convinzione degli architetti che la realtà sia sempre troppo ambigua per semplificarla con qualche foto aerea e qualche semplicistico diagramma, spingendo il visitatore ad arrendersi al fatto che l’assoluta complessità della situazione non si possa mai cogliere per intero. Lungi da un’impostazione dell’urbanistica ricca di statistiche e incentrata sui dati, l’analisi della situazione paesaggistica del Nilo conta più sulle atmosfere che sui numeri: ammesso che ogni interpretazione in merito è di fatto soggettiva, abbraccia l’ambiguità del paesaggio, accettandone la natura molteplice e complessa.   Dotate di didascalie minime, le fotografie del delta collocate nei modelli paiono vivere in mondi paralleli. La natura aperta della proposta progettuale, che parte da strategie di progetto sperimentate (sistemi a bassa tecnologia, incremento del trasporto pubblico, ecc.), accetta la complessità della situazione presentando una quantità di piccole proposte progettuali che sembrano poter essere applicate, totalmente o parzialmente, in qualunque dato momento. Benché riguardino una situazione che è sull’orlo del collasso presentano un progetto senza data di scadenza: soluzioni progettuali che accolgono e integrano le condizioni esistenti così come sono, e che sembrano abbastanza aperte da riuscire ad assimilare altre, meno auspicabili, scelte progettuali in corso d’opera.

La ricerca e la mostra non solo affrontano di petto una situazione urbana attuale, ma hanno il coraggio di proporre soluzioni che mostrano un inatteso ottimismo

All’ingresso del museo una proiezione in grandezza naturale del film It’s Countryside di Saverio Pesapane introduce crudamente nella mostra la durezza della realtà. Mentre un ancestrale haji della valle, protagonista del video, parla a voce stentorea, come a scatti, intercalato da immagini fisse dei paesaggi della valle del Nilo. I suoi ascoltatori continuano a crescere, facendone il portavoce ufficiale della mostra. Riassume perfettamente la situazione del territorio, presenta in modo semplice ma efficace il carattere d’emergenza della situazione e la grave minaccia di estinzione. Mentre perdiamo infinite quantità di tempo a discutere situazioni che non conosciamo e di cui non possiamo prevedere gli sviluppi, è sorprendente pensare a quanto poco facciamo e progettiamo per le cose che conosciamo. L’estrapolazione di ciò che sarà del delta del Nilo nella situazione attuale appare semplicemente ovvia e la mostra riesce a presentare una serie di soluzioni ben coordinate nella stessa, ovvia maniera.   Nate da una corrente di architetti cui talvolta si poteva rimproverare di non impegnarsi su questioni contemporanee, la ricerca e la mostra non solo affrontano di petto una situazione urbana attuale, ma hanno il coraggio di proporre soluzioni che mostrano un inatteso ottimismo, perfino di fronte all’estinzione.