Three Little Worlds

Mescolando arte e vita reale, l'architetto Jimenez Lai ha realizzato tre superallestimenti alla London Architecture Foundation: troppo piccoli per essere edifici, troppo grandi per essere dei divani.

"Ciò che un'installazione, una performance, un'idea o un'immagine mediatica possono fare è rendere possibile o reale un cambiamento rispetto alle leggi, alle consuetudini, alle misure, ai costumi, ai dispositivi tecnici e organizzativi che definiscono come ci si deve comportare, come si entra in rapporto reciproco." Brian Holmes

Conversazione dal vivo: "Be', insomma, dicevo sul serio a proposito dell'accappatoio. Penso proprio di aver bisogno di un accappatoio", dice l'architetto, "e di ciabatte. Proprio ciabatte da portare in casa". Risponde il funzionario della galleria: "Mah, non saprei dove trovarne di buoni nei dintorni, e un accappatoio non è una cosa da comprare così e basta. Bisogna essere sicuri che vada bene e che sia comodo". Poi l'accappatoio è stato trovato e si tratta di uno solo dei numerosi nuovi rapporti sociali innescati dalla performance architettonica dell'architetto Jimenez Lai / Bureau Spectacular alla London Architecture Foundation (LAF), che mescola arte e vita reale.


La mostra consisteva in tre superallestimenti: "Troppo piccoli per essere edifici, troppo grandi per essere dei divani". Ognuno era pensato per l'interazione con i visitatori della galleria e presentava una serie di spazi abitabili multicolori, organizzati in un caleidoscopio di pelliccia, moquette e carta da parati. Ma non si trattava della solita installazione d'architettura. Per due settimane, durante il London Festival of Architecture, Lai ha stabilito la sua residenza nelle tre piccole strutture nella sede della LAF, sotto il Ponte di Londra. Nel corso del suo soggiorno nella galleria d'arte ha tracciato sulle pareti disegni che facevano parte della performance, offrendo ai visitatori qualcosa da osservare e alla mostra un elemento di coinvolgimento totale e di continuità d'azione.
In apertura e qui sopra: Jimenez Lai/Bureau Spectacular: <i>Three Little Worlds</i>. Photo Agnese Sanvito
In apertura e qui sopra: Jimenez Lai/Bureau Spectacular: Three Little Worlds. Photo Agnese Sanvito
Gli oggetti sono contenitori bianchi, alti circa 3 metri e mezzo, di ampiezza differente. Sono dipinti di bianco uniforme, con dei grandi intagli foderati di pelliccia rosa, moquette azzurra e carta da parati gialla. Gli interni colorati sono in contrasto con gli esterni bianchi, come in un'anguria o in un kiwi, e creano un 'piccolo mondo' in cui i visitatori possono entrare. Lai ha scelto quello con la pelliccia rosa per dormirci nel corso della mostra. Gli oggetti sono montati su ruote, per consentire sistemazioni differenti. Secondo le situazioni i tre mondi sono stati orientati verso il fronte della galleria, verso la strada, oppure distribuiti nello spazio fisico della galleria nel suo insieme.
Jimenez Lai/Bureau Spectacular: <i>Three Little Worlds</i>. Photo Agnese Sanvito
Jimenez Lai/Bureau Spectacular: Three Little Worlds. Photo Agnese Sanvito
Quando erano orientati verso l'ingresso la prospettiva attraverso i tre pezzi creava una composizione che accoglieva gli ospiti nello spazio domestico di Lai. Si trattava di un esperimento sullo spiazzamento degli elementi della vita privata e di quella pubblica, sotto il microscopio della mostra. Orientata verso la strada l'installazione si leggeva come un fumetto, con tre pannelli separati, coinvolgendo tutta quanta la sede della LAF, progettata da Carmody-Groarke. I passanti potevano sbirciare momenti della vita dell'architetto: sonno, lavoro e dialogo con i visitatori. Sistemate a casaccio le tre masse ostacolavano il movimento nella galleria, creando situazioni e momenti spaziali interessanti. In occasione di una festa o di altre riunioni ciò fornisce la necessaria casualità spaziale che induce gli ospiti a mescolarsi a sorpresa tra di loro.
L'esperimento metteva alla prova i concetti convenzionali di come riuscire, o di come non riuscire, a far interagire gli utenti con lo spazio nel modo che preferiscono.
Jimenez Lai/Bureau Spectacular: <i>Three Little Worlds</i>. Photo Daniel Hewitt
Jimenez Lai/Bureau Spectacular: Three Little Worlds. Photo Daniel Hewitt
L'esperimento metteva alla prova i concetti convenzionali di come riuscire, o di come non riuscire, a far interagire gli utenti con lo spazio nel modo che preferiscono. Proprio come nei classici happening di Claes Oldenburg, di Allan Kaprow, di Fluxus e di numerosi artisti degli anni Sessanta questi nuovi accadimenti sociospaziali fanno scaturire l'inaspettato dalla vita quotidiana. Dal punto di vista formale si tratta di architettura che esce da se stessa per avventurarsi nella sfera della performance e dell'azione sociale, ben lungi dalla sua presunta funzione di fornire un piano regolatore e una coreografia alla vita, al punto che il cerchio si chiude, implodendo in un buco nero: un piccolo mondo foderato di pelliccia rosa. Dentro questo piccolo mondo Lai mostra i gesti della vita quotidiana come in un cartone animato diventato realtà.
<i>Cartoonish Metropolis</i>. Courtesy Jimenez Lai
Cartoonish Metropolis. Courtesy Jimenez Lai
Per aggiungere un ulteriore livello alla mostra Lai nell'arco dei giorni di apertura ha disegnato un complesso di 'graffiti delle caverne' sulle nude pareti di compensato dello spazio. Tracciati nel suo tipico stile, i disegni in bianco e nero rendono differente ogni visita alla galleria, svelano il gesto del fare e arricchiscono ogni giornata dal punto di vista visivo e da quello dell'esperienza, sfumando la linea di confine tra progetto, arte e teatro. Per portare ancora più avanti questo superamento l'intero evento è stato postato su Youtube. Certe sequenze mostrano, con l'indicazione del trascorrere del tempo, il gesto del disegnare, l'attività della strada, il sonno dell'architetto.
Jimenez Lai/Bureau Spectacular: <i>Three Little Worlds</i>. Photo Daniel Hewitt
Jimenez Lai/Bureau Spectacular: Three Little Worlds. Photo Daniel Hewitt
Vincoli economici purtroppo hanno impedito agli elementi costruiti di essere le migliori opere di Lai dal punto di vista formale. Ma in questo caso, comunque, non si tratta di architettura. Si tratta del modo in cui l'insieme di questo capriccio sovverte i concetti tradizionali di creazione architettonica, di mezzi di comunicazione e di funzione dello spettacolo nell'architettura. Così facendo la performance ristruttura i rapporti dell'architettura con tutti coloro che ne sono coinvolti. Siamo qui di fronte all'architettura come esperienza temporale che si mescola con i suoi strumenti di supporto: committenti, utenti e protagonisti. Che cosa ci si attende da un architetto? Perché ci comportiamo come ci comportiamo di fronte a uno spettacolo come questo, oppure quando noi stessi diventiamo spettacolo? La mostra offre qualcosa di raro nell'architettura contemporanea: un nuovo modo di considerare l'architettura nel contesto fisico sociale. Che ruolo ha l'architettura in quanto mediatrice tra i meccanismi sociali consueti e, cosa più importante, quelli cui potremmo abituarci?
Jimenez Lai/Bureau Spectacular: <i>Three Little Worlds</i>. Photo Daniel Hewitt
Jimenez Lai/Bureau Spectacular: Three Little Worlds. Photo Daniel Hewitt
Jimenez Lai/Bureau Spectacular: <i>Three Little Worlds</i>. Photo Daniel Hewitt
Jimenez Lai/Bureau Spectacular: Three Little Worlds. Photo Daniel Hewitt

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