Takeyama. Superurban #1

Conversazione con Minoru Takeyama, autore di due iconici edifici che caratterizzano il contesto urbano della capitale nipponica: il Niban-kan e l'Ichiban-kan.

1977: sulla copertina di The Language of Post-Modern Architecture di Charles Jencks compare un enigmatico edificio: il Niban-kan. La sua assunzione a icona dei Supergraphics, assieme al suo limitrofo fratello Ichiban-kan, ne eclisserà le straordinarie qualità urbane. Domus ha voluto visitarlo e incontrare il suo autore, Minoru Takeyama, con due guide d'eccezione, Yoshiharu Tsukamoto e Yasutaka Yoshimura: un pretesto al disvelamento delle ineffabili regole che sottendono all'architettura della città di Tokyo.
Qui la prima di tre puntate.



Domus: Minoru Takeyama ha una storia del tutto particolare. Ha lasciato il Giappone per studiare a Harvard e fare pratica prima con Josep Lluís Sert, poi con Harrison e Abramovitz. Quindi è andato in Danimarca per lavorare con Jørn Utzon e Arne Jacobsen. Quando è tornato nel suo Paese ha subito costruito un edificio che è diventato un'icona della sua epoca.

Yoshiharu Tsukamoto: Ho la sensazione che negli anni Sessanta gli architetti giapponesi lavorassero per il settore pubblico nella speranza di costruire una società nuova.

Domus: Chi era il committente?

Minoru Takeyama: Si trattava di un coreano che aveva fatto fortuna lavorando nell'area vendite della Toyota e che poi decise di puntare sui facili guadagni dati dai luoghi d'incontro, qualcosa come gli attuali coffee shop. Mi chiese di disegnare contemporaneamente due entertainment building. Oggi i proprietari sono cambiati, e anche i nomi degli edifici sono diversi.

Domus: Era sua intenzione realizzare un edificio così complesso?

Minoru Takeyama: Nel caso del Ichiban-kan, il cliente voleva essere solo proprietario della struttura e del sito, senza occuparsi di mandare avanti le attività; cercò delle persone a cui darle in gestione, e ne trovò in totale 67, da cui ogni mese riscuoteva un affitto. Nel caso del Niban-kan, era proprietario solo di una parte. La data di completamento del primo edificio è il 1969. Stesi il progetto alla fine degli anni Sessanta, subito dopo il rientro dalla Danimarca. Era il 1966, e si trattava della mia prima commissione. All'epoca, il quartiere era in prevalenza residenziale, anche se l'area era già piuttosto animata e parecchia gente ci veniva per bere qualcosa. Arrivò la commissione e mi ricordo che non richiese un particolare impegno. Si trattava praticamente del primo grande edificio della zona, e il cliente poté costruire in questa scala in quanto disponeva di un lotto di grandi dimensioni. Lo aiutai a ottenere la massima densità. Quando la costruzione fu giunta a termine, vendette il resto del terreno. Un affare completamente illegale.

In alto: vista panoramica del <i>Niban-kan</i>, a sinistra, e del <i>Ichiban-kan</i>, a destra. Sopra: Minoru Takeyama
In alto: vista panoramica del Niban-kan, a sinistra, e del Ichiban-kan, a destra. Sopra: Minoru Takeyama
Domus: L'edificio ha cambiato il profilo di questa parte della città. Qual è stata l'influenza del regolamento edilizio? Questi due edifici sono molto aperti, non ci sono porte al piano terra, ci si può entrare direttamente.

Yasutaka Yoshimura: Si allontana dal limite di altezza a partire da questa linea. Il limite passa in diagonale. Credo che sia semplicemente il suo design! Per le zone commerciali non ci sono particolari restrizioni, mentre quelle residenziali devono sottostare a norme molto più rigide. Per esempio, c'è un limite di altezza sul lato nord del sito delle zone residenziali, ma non per quelle commerciali.
Copertina di <i>The Language of Postmodern Architecture</i>, Charles Jencks, 1977
Copertina di The Language of Postmodern Architecture, Charles Jencks, 1977
Domus: Come le è venuta l'idea delle fasce nel Niban-kan?

Minoru Takeyama: Il mio cliente pensava che i regolamenti edilizi fossero troppo rigidi. La facciata è una specie di esperimento: dapprima volevo farla rossa e bianca, perché sono i colori utilizzati dal codice della strada, ma il dipartimento dell'edilizia non ci ha dato i permessi; così ho cambiato il rosso con il nero.

Yoshiharu Tsukamoto: Il secondo edificio, con tutti quei cerchi, somiglia a un bersaglio! Quante volte è stato ridipinto?

Minoru Takeyama: Due volte. Al tempo della costruzione, dipingere l'edificio non fu difficile perché gli imbianchini potevano appendersi all'esterno con delle corde, come scalatori, ma oggi le norme di sicurezza non lo consentono. Oggi dobbiamo allestire un'impalcatura e rivestire l'intero palazzo con una rete, e tutto ciò è molto costoso. Penso si tratti del più grande dipinto mai realizzato in Giappone!

Yasutaka Yoshimura: Ho osservato qualcosa d'importante nell'edificio di fianco a Ichiban-kan: l'architetto che lo ha progettato ha preso il suo come riferimento, o, per meglio dire, ha copiato. Lei ha realizzato una specie di balcone al secondo piano e l'architetto dell'altro edificio ha fatto lo stesso. Il suo edificio si conclude in questo modo e l'altro ha la stessa linea. È interessante, perché è come se l'architetto del palazzo di fianco avesse deciso di continuare il suo progetto. Non è un edificio interessante, ma segue le stesse regole.
Il mio cliente pensava che i regolamenti edilizi fossero troppo rigidi. La facciata è una specie di esperimento: dapprima volevo farla rossa e bianca, perché sono i colori utilizzati dal codice della strada, ma il dipartimento dell'edilizia non ci ha dato i permessi; così ho cambiato il rosso con il nero.
Fotografie a colori scattate negli anni '70 degli edifici <i>Niban-kan</i> e <i>Ichiban-kan</i>. Archivi Domus
Fotografie a colori scattate negli anni '70 degli edifici Niban-kan e Ichiban-kan. Archivi Domus
Domus: Cosa dite riguardo al fatto che il progetto sembra essere più conosciuto all'estero che qui? Per noi è un'icona.

Yasutaka Yoshimura: Quello che mi pare interessante è che, quando riescono a resistere alla storia, gli edifici sono come monumenti, icone, qualcosa a cui la gente si affeziona. A Tokyo la vita media di una costruzione è venticinque anni. Lei ha realizzato questi edifici quasi quarant'anni fa, e continuano a resistere. L'Ichiban-kan è stato rimodernato con una serie di interventi insignificanti, ma la maggior parte dei dettagli originali rimane. Per esempio, tutte le cornici delle aperture, l'interno dei balconi, sono ancora al loro posto e hanno ancora lo stesso colore. È impressionante. [continua con la seconda puntata]
Diapositive scattate negli anni '70 e conservate negli Archivi Domus che riproducono i due edifici
Diapositive scattate negli anni '70 e conservate negli Archivi Domus che riproducono i due edifici
Minoru Takeyama, nato a Sapporo nel 1934, ha progettato alcuni dei più popolari edifici giapponesi, come il Building 109 all'incrocio di Shibuya, a Tokyo. Interessato alla semiotica e al linguaggio architettonico, è stato uno dei protagonisti dell'avanguardia New Wave giapponese e un membro del gruppo anti-metabolista ArchiteXt.

Yoshiharu Tsukamoto, dell'Atelier Bow-Wow, è co-autore di opere chiave per la comprensione della metropoli giapponese come Made in Tokyo (2001) e Tokyo Metabolism (2010).

Yasutaka Yoshimura ha scritto e illustrato Super Legal Buildings (2006), collezione di edifici bizzarri a Tokyo, esito dei regolamenti edilizi.
Fumetti riprodotti su una rivista giapponese pubblicata negli anni '70 conservata negli Archivi Domus
Fumetti riprodotti su una rivista giapponese pubblicata negli anni '70 conservata negli Archivi Domus

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