Ci sono storie costruite così rappresentative dei cambiamenti sociali, economici, culturali in corso che sarebbe un vero peccato non raccontarle. In questo dovrebbe risiedere l'esercizio principale della critica: individuare opere e progetti che, con la forza delle loro microstorie, possano essere universalizzati nei contenuti di cui sono portatori. Il caso della recente ristrutturazione del Museo dell'Automobile di Torino, a opera di Cino Zucchi, appare un'occasione perfetta per riflettere sulla situazione attuale dell'architettura italiana e su alcuni dei suoi possibili sviluppi. Il museo nasce nel 1960, su disegno di Amedeo Albertini, in una delle aree urbane più simboliche della città recente. Nel 1961, per i festeggiamenti del centenario dell'Unità d'Italia, si organizzò un'Esposizione Universale del Lavoro con la realizzazione di un nuovo insediamento nella zona sud-est della città. Il disegno dell'area, ancora oggi impressionante, respirava di tutta quella retorica ottimista di un boom economico in pieno sviluppo, con un Pil percentuale quasi a due cifre. Il Palazzo del Lavoro, progettato da Pierluigi e Antonio Nervi insieme a Gio Ponti, e il Palazzo a Vela, di Franco Levi con Annibale e Giorgio Rigotti, erano le opere principali di un sistema a padiglioni collegati da una monorotaia che correva per quasi due chilometri lungo una sponda del Po, e che si riconosceva come uno dei momenti più felici e creativi nella relazione tra progetto di architettura e ingegneria in Italia.
![La costruzione, dura e prismatica nei diversi volumi originari, è avviluppata da una nuova pelle di vetro e metallo, ricavando lungo il perimetro esterno spazi espositivi e di servizio.
La costruzione, dura e prismatica nei diversi volumi originari, è avviluppata da una nuova pelle di vetro e metallo, ricavando lungo il perimetro esterno spazi espositivi e di servizio.](/content/dam/domusweb/it/architettura/2011/05/28/la-seconda-vita-di-un-museo/big_346676_2655_DO110505005_UPD1.jpg.foto.rmedium.jpg)
![L’edificio originario di Albertini è diventato base di una strategia di recupero funzionale e simbolico in quella che era, a sud-est della città, un’area periferica legata alle celebrazioni dell’Esposizione Universale del Lavoro del 1961.
L’edificio originario di Albertini è diventato base di una strategia di recupero funzionale e simbolico in quella che era, a sud-est della città, un’area periferica legata alle celebrazioni dell’Esposizione Universale del Lavoro del 1961.](/content/dam/domusweb/it/architettura/2011/05/28/la-seconda-vita-di-un-museo/big_346676_1069_DO110505001_UPD.jpg.foto.rmedium.jpg)
Il rapporto tra storie, luoghi e modernità si sta dimostrando uno dei caratteri più stimolanti per l’architettura nazionale
![la superficie coperta è stata ampliata da 11.000 a 17.700 metri quadri. L’estensione ha permesso al nuovo museo di aggiungere un ristorante, una libreria e un centro documentazione con migliaia di volumi e immagini dedicate al tema dell’automobile.
la superficie coperta è stata ampliata da 11.000 a 17.700 metri quadri. L’estensione ha permesso al nuovo museo di aggiungere un ristorante, una libreria e un centro documentazione con migliaia di volumi e immagini dedicate al tema dell’automobile.](/content/dam/domusweb/it/architettura/2011/05/28/la-seconda-vita-di-un-museo/big_346676_5781_DO110505003_UPD.jpg.foto.rmedium.jpg)
![Il rivestimento in acciaio traforato della hall crea una simmetria estetica fra interno ed esterno del nuovo museo. I 9.000 metri quadri complessivi di spazio espositivo ospitano circa 200 automobili di ogni epoca.
Il rivestimento in acciaio traforato della hall crea una simmetria estetica fra interno ed esterno del nuovo museo. I 9.000 metri quadri complessivi di spazio espositivo ospitano circa 200 automobili di ogni epoca.](/content/dam/domusweb/it/architettura/2011/05/28/la-seconda-vita-di-un-museo/big_346676_6818_DO110505004_UPD.jpg.foto.rmedium.jpg)
![Interno della corte centrale: montaggio dei pannelli forati in alluminio sulla struttura metallica. La struttura è appesa alle travi reticolari della copertura, che funzionano anche come schermatura dello spazio all’irraggiamento solare.
Interno della corte centrale: montaggio dei pannelli forati in alluminio sulla struttura metallica. La struttura è appesa alle travi reticolari della copertura, che funzionano anche come schermatura dello spazio all’irraggiamento solare.](/content/dam/domusweb/it/architettura/2011/05/28/la-seconda-vita-di-un-museo/big_346676_7135_DO110505011_UPD.jpg.foto.rmedium.jpg)
Client: Museo dell'Automobile "Carlo Biscaretti di Ruffia"
Procedure management (RUP) and works supervision : Marco Dioguardi
RUP support: Enrico Bertoletti (Pro Engineering Srl)
Design architect: Cino Zucchi Architetti (Cino Zucchi with Pietro Bagnoli, Maria Rita Solimando Romano; and Maria Nazarena Agostoni, Cristina Balet Sala, Gianni Cafaggini, Michele Corno, Filippo Carcano, Francesco Cazzola, Maria Silvia Di Vita, Luca Donadoni, Stefano Goffi, Linda Larice, Diego Martinelli) Filippo Facchinetto (rendering)
Structural engineering: M. Angelucci Sergio Sgambati (Proger Spa) with Daniele Bertani, Claudio Bruni, Andrea Castelnovo, Andrea Ginelli, Nicola Radice, Alessandro Rebughini, Genziana Salvatori, Daniela Serini, Massimo Toscano, Elisa Zaffalon
Electrical engineering: Walter Mauro, Giorgio Finotti, Massimo Cadorin (Proger Spa)
Project and construction management: Emanuela Recchi, Davide Sportoletti Baduel; Proger Spa – Massimo di Russo, Lorenzo Miscia Structural metalwork design: Marcello Durbano
Glass and metal cladding design: Michele Caolo, Caolo srl
Contractors: ARCAS SpA (Representative firm), Siemens SpA; Bogetto Engineering Srl; D'Arcano Sergio (principal firms)
![Messa in opera della struttura di sostegno della pelle vetrata esterna, costituita da elementi in acciaio zincato.
Messa in opera della struttura di sostegno della pelle vetrata esterna, costituita da elementi in acciaio zincato.](/content/dam/domusweb/it/architettura/2011/05/28/la-seconda-vita-di-un-museo/big_346676_7366_DO110505006_UPD.jpg.foto.rmedium.jpg)
![Posa e fissaggio delle lastre di vetro. Le lastre sono serigrafate in due diverse tonalità di grigio-verde, con un pattern di cerchi trasparenti e curvati dove necessario; sono fissate ai correnti orizzontali mediante profili in alluminio incollati al vetro, permettendo così di nascondere completamente l’elemento di ritenzione. Posa e fissaggio delle lastre di vetro. Le lastre sono serigrafate in due diverse tonalità di grigio-verde, con un pattern di cerchi trasparenti e curvati dove necessario; sono fissate ai correnti orizzontali mediante profili in alluminio incollati al vetro, permettendo così di nascondere completamente l’elemento di ritenzione.](/content/dam/domusweb/it/architettura/2011/05/28/la-seconda-vita-di-un-museo/big_346676_8851_DO110505007_UPD.jpg.foto.rmedium.jpg)