Guarda il cortometraggio di Andreas Angelidakis
Atene è una città che si è formata negli anni Cinquanta, quando i greci emigravano in massa nella capitale facendo impennare la richiesta di abitazioni e provocando un boom edilizio ulteriormente accelerato dal Modernismo e dal Piano Marshall. Il Piano Marshall, altrimenti noto come European Recovery Program ("Piano per la ripresa europea"), era un piano di aiuti finanziari da parte degli Stati Uniti finalizzato alla ricostruzione dell'Europa dopo la guerra. La promessa di nuove costruzioni e di nuova vita attirò in massa ad Atene la popolazione, indotta ad abbandonare le difficoltà della vita dei villaggi per le occasioni della capitale.
Il grande bisogno di abitazioni trovò uno strumento ideale nelle soluzioni proposte dal movimento modernista: le costruzioni con la struttura di calcestruzzo erano in grado di fornire abitazioni a più piani in breve tempo e in modo economico, e perciò divennero così popolari da trasformare la città di Atene in una massa urbana di palazzi d'appartamenti. Questa tipologia venne battezzata polykatoikia, un termine destinato a diventare un'icona della città greca. La tipologia era vagamente ispirata ai sistemi su pilotis della Maison Domino di Le Corbusier, con la differenza che, mentre l'originale prometteva grandi edifici efficienti in cui vivere felici, queste repliche a buon mercato erano soltanto facili e rapide da edificare, e procuravano profitti fantastici agli immobiliaristi. Dopo decenni di edilizia e di profitti folli, Atene si ritrovò a essere un rudere di città, sconvolta, brutta, caotica nonostante l'estrema vivacità.
Manifesto del rudere contemporaneo
Che appartenga all'antichità o ai nostri tempi, il concetto di rovina è fondamentale per la città di Atene.
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- Andreas Angelidakis
- 31 marzo 2011

Il concetto di rudere è fondamentale per Atene, dato che la città è costruita intorno al rudere per eccellenza, l'Acropoli. Le costruzioni fuori norma e le copie moderniste economiche hanno prodotto una città che spesso appare essa stessa un rudere, un indistinto ammasso di cemento, terrazzi e antenne televisive mescolati ad automobili e rifiuti. La massa informe che Atene è divenuta si estende come un'enorme favela fino alle pendici delle alture circostanti. Il rudere può essere definito un edificio in fase di transizione.
La struttura di calcestruzzo divenne sinonimo di edilizia, diffondendosi dal centro alla periferia sotto la forma della mini-polykatoikia di cemento armato a 2 o 3 piani. Negli anni Ottanta e grazie alle ambiguità della legislazione, era possibile procedere a costruire edifici di questo genere anche senza licenza edilizia, se la struttura dell'edificio era completata per due piani. In altre parole, se si voleva costruire su un terreno non edificabile e non si avevano i fondi per la licenza, bastava costruire una struttura di calcestruzzo armato in fretta e senza farsi cogliere sul fatto. Il risultato furono centinaia, forse migliaia di strutture di calcestruzzo effetto domino, venute su di notte, che diventavano poi caratteristiche quanto le rovine classiche. Queste strutture non diventavano quasi mai edifici compiuti perché la legge richiedeva strutture a due piani, ma spesso ci si poteva permettere di completarne uno solo. Così, per rientrare illegalmente nella legalità, i greci abitavano queste strutture, talvolta assolutamente prive di finiture, a metà, come si abiterebbe su un albero o in una grotta. Con qualche foglio di tessuto antivento, qualche asse e un po' di materiale avanzato, la struttura di cemento diventava una casa di vacanze. In questa struttura incompleta si abitava come si abiterebbe un rudere, benché si possa dire che queste strutture siano ruderi a rovescio.
I ruderi sono per metà edifici e per metà mucchi di terra, sono per metà struttura e per metà cumuli casuali di materiali edilizi. I ruderi sono sul punto di diventare mucchi di spazzatura, montagne forse più prossime a essere organicamente vive. Il momento in cui un edificio è abitato viene considerato come una fase di transizione tra l'edificazione e la rovina, che entrambe sono fasi evolutive della trasformazione del territorio in area edificata e viceversa. Potrebbe essere un sommario di storia moderna su come il territorio greco si sia riempito di edilizia fuori norma, ma potrebbe essere materia di un altro scritto e qui ci limiteremo a prendere in esame il centro di Atene e un edificio specifico. Nel più vasto contesto economico ed edilizio greco possiamo concentrarci sulla particolare storia di Chara (termine che significa "gioia"). Così si chiama il più grande complesso residenziale del centro di Atene, costruito dagli architetti Spanos e Papalliopoulos nel 1960 a Patissia, la zona del boom edilizio. L'edificio è rappresentativo del momento in cui l'architettura modernista diviene uno strumento di benessere, fornendo a cittadini a basso reddito un'abitazione di alta qualità. Sotto questo aspetto, è differente da tutte le altre polykatoikia perché lo scopo della costruzione non era la realizzazione del profitto, ma il mantenimento della promessa originaria del Modernismo. Chara, ergendosi solitario nel mare delle macchine da soldi a basso costo, pareva l'incarnazione di quel che ci sarebbe voluto per Atene, un momento ideale di civiltà urbana, un vero e proprio rampollo di Le Corbusier nel suo miglior abito della festa in mezzo a una folla di malfamate strutture di cemento.
Il momento in cui un edificio è abitato viene considerato come una fase di transizione tra l'edificazione e la rovina, che entrambe sono fasi evolutive della trasformazione del territorio in area edificata e viceversa.
Chara è una delle poche polykatoikia che occupano un intero isolato, e in quanto tale è uno dei pochi edifici con un cortile utilizzabile. Di solito, il centro degli isolati ad Atene non viene sfruttato perché la legge ne vieta l'edificazione. Dove non c'è edificazione non c'è profitto, e così questi nuclei centrali degli isolati urbani, detti akalyptoi (gli "scoperti") venivano considerati non profittevoli e lasciati privi di costruzioni, disabitati e inutilizzati, e perfino abbandonati come discariche. Perciò il nitido allievo del Modernismo battezzato Chara non era solo un edificio fatto meglio, con buone intenzioni, ma aveva anche un piccolo giardino e un'area giochi là dove tutti gli altri avevano rifiuti e trascuratezza. Il centro di Atene accolse una seconda significativa ondata migratoria alla fine degli anni Ottanta, questa volta non dalla campagna greca, ma prima dai Balcani e poi dal Pakistan, dal Curdistan, dai paesi africani e così via. Né lo Stato greco né la popolazione erano minimamente coscienti né preparati ad affrontare questa seconda ondata di immigrazione su vasta scala e i nuovi cittadini erano—e sono—spesso trattati con fastidio, talvolta con durezza. Nel corso degli anni, il centro di Atene è diventato una specie di ghetto, e con una malintesa scelta politica di qualche anno fa, il municipio trasferì i centri di somministrazione del metadone e di assistenza ai tossicodipendenti nella zona dove si era concentrata l'immigrazione. Droga, prostituzione e traffici illegali occupano il centro storico cittadino, intorno a piazza Omonia e oltre, mentre le zone residenziali più ambite degli anni Cinquanta come Kypsell e Patissia sono diventate area riservata ai nuovi ateniesi. Il complesso residenziale di Chara oggi è abitato quasi esclusivamente da questi nuovi cittadini. Ed ecco che improvvisamente la città si ritrova ad attraversare una grave crisi economica e la situazione in questi quartieri si fa instabile. Il punto è che Atene non è più una destinazione ambita per l'immigrazione, e forse non è una soluzione sostenibile per chi ci è immigrato. In parecchi casi, i paesi da cui queste persone provengono sono decisamente migliori a paragone di Atene, e di conseguenza molti tornano nei loro paesi, specialmente chi proviene dai paesi orientali dell'UE. La città del denaro facile che veniva dal cemento facile, lo schema della truffa a piramide dell'architettura modernista, improvvisamente dichiara bancarotta. I malfattori dello scheletro di calcestruzzo della polykatoikia a quanto pare non se ne curano, tanto erano già comunque mezzi rovinati: sanno come sopravvivere. Ma per un onesto, idealistico modernista come Chara la situazione non è facile da accettare.
In uno scenario di fantasia la casa-giardino di Chara potrebbe reagire al declino della città come un organismo vivente e pensante. Chara non è più la felice meta dei nuovi cittadini dell'Unione Europea che, a quanto pare, abbandonano la città per tornarsene in patria. L'edificio reagisce a questo abbandono trasformandosi in un particolare tipo di rudere, che trae linfa ed energia dalla sua natura domesticata. Improvvisamente, diventa un edificio "vivente" che fugge dal contesto urbano, un edificio stufo di essere un edificio, una massa di cemento e di terreno che preferisce diventare una montagna. Una montagna pare una risposta più concreta alla promessa modernista: ci si vive vicino alla natura, all'aria pulita e si fa parte di un ecosistema salubre. Troll è un riferimento agli abitanti della montagna della mitologia norvegese, mezzi uomini e mezzi mostri. In una famosa incisione dell'artista norvegese Theodor Kittelsen, Henrik Ibsen passeggia tranquillamente accanto a un simpatico troll nella via principale di Oslo mentre la popolazione atterrita scappa dal gigante. Nell'incisione, il troll è più alto del solito, quasi più grande della scala degli edifici. Si potrebbe pensare al troll come a qualcosa che vuole emulare gli edifici. La Norvegia, a un certo punto, si è offerta di aiutare la Grecia a uscire dalla crisi economica, semplicemente offrendole un certo numero di miliardi. Nel cortometraggio che costituisce la parte principale del progetto architettonico, il ruolo del troll è ribaltato. Non è un essere che viene dalla montagna, è un edificio che si immagina il ruolo del troll. Il troll è un edificio che esaspera il fatto che le piante gli crescono dentro, si immagina di essere colmo di terreno e di diventare così fertile da essere un organismo vivente. È la reazione dell'edificio modernista onesto che non può più svolgere il suo compito di utopia abitativa a basso prezzo, perché la città glielo ha reso impossibile. Per abbandonare la città, l'edificio deve trasformarsi. Andreas Angelidakis
ion_name=_&k=189" target= "_blank">Concrete Islands, curata da Elias Redstone per Analix Forever.
Andreas Angelidakis è un architetto che ama la montagna, le nuvole e i siti Internet, tanto quanto gli edifici, gli alberi e le persone. Svolge la sua attività sperimentale ad Atene, Grecia, dove gestisce uno studio di progettazione e teoria sui sistemi di schermi e paesaggi virtuali. Lavora all'intersezione di diversi sistemi: arte e architettura, virtuale e reale, edificato e natura, rovina e costruzione.