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Spazio pubblico di cristallo

Con il suo progetto per un edificio polifunzionale sulle colline di Onishimachi, Kazuyo Sejima usa la trasparenza per giocare sulla percezione delle distanze. Testo di Taro Igarashi. Fotografia di Yoshiko Seino. A cura di Joseph Grima, Kayoko Ota.

A due ore e mezza di guida da Tokyo s'incontra Onishimachi, piccola cittadina agricola in declino. Kazuyo Sejima, progettista internazionalmente riconosciuta ma ancora in attesa di poter realizzare edifici di una certa entità a Tokyo, ha realizzato nelle regioni più periferiche una serie di opere pubbliche. Le colline di Onishimachi, risparmiate dai bombardamenti americani della Seconda Guerra Mondiale e neppure sfiorate dallo sviluppo del dopoguerra (quello dell'era della rapida crescita economica del Giappone), ospitano un paesaggio urbano tradizionale, di vecchie case. Nella zona, non vi è alcun edificio moderno. Immaginavo che l'edificio polifunzionale Onishi di Sejima sarebbe apparso completamente fuori luogo in questo contesto, eppure finché uno non vi si trova proprio di fronte, non lo nota; forse perché l'altezza limitata dell'edificio si integra bene con i tetti bassi delle case che lo circondano. Mentre la maggior parte degli edifici pubblici in Giappone mira a una statura simbolica (una volta, durante la giuria di concorso per un museo regionale d'arte, mi parve che tutti i giurati della zona votassero valutando l'altezza dell'edificio piuttosto che la qualità del progetto), la scuola elementare Onishi, alle spalle dell'edificio polifunzionale, appare più imponente se vista da lontano. L'edificio polifunzionale Onishi riesce a mantenere, al di sotto del tetto piano, un'altezza ridotta, grazie al fatto che i grandi volumi della palestra e dell'auditorium sono stati interrati; il livello del piano terreno ha così un'altezza sufficiente per offrire una buona visibilità agli spettatori seduti. Questa scelta consente di avere un maggior numero di spazi fuori terra meno vincolati nelle funzioni e di essere più liberi nel definire la silhouette generale del complesso. Inoltre, il posizionamento sotto il livello del terreno di elementi che altrimenti avrebbero ostacolato la visuale consente di utilizzare ovunque delle superfici vetrate. Superfici che consentono una totale trasparenza verso il grande spazio interno e la sua struttura ibrida in legno di cedro locale e acciaio. Questa articolazione così chiara permette a un piccolo staff di operatori di sorvegliare palestra e auditorium dagli uffici amministrativi dell'ala adiacente. Si tratta di una scelta spaziale simile a quella di Gropius per il Bauhaus, ma che ricorda anche alcuni aspetti della Neue Nationalgalerie a Berlino di Mies van der Rohe o della Glass House di Philip Johnson. Ma mentre tutti questi appaiono più dei templi di vetro, il centro polifunzionale Onishi è un fluido paesaggio di cristallo. Nei suoi lavori Sejima riprende gli spazi vetrati dei modernisti, non tanto per la trasparenza in sé quanto per la possibilità di modellare questa trasparenza generando fenomeni diversi: gioca con lievi variazioni di semi-trasparenza, aggiunge disegni geometrici, crea illusioni vicine alla optical art. Nello Yokohama Mutsukawa Daycare Center (2000) ad esempio, la facciata di vetro è stampata con geometrie diverse tra interno ed esterno, che creano un effetto moiré. Nell'edificio Dior di Omotesando (2003), gli schermi di materiale acrilico a satinatura sfumata posti tra le due lastre di cristallo creano invece l'effetto di drappi ondeggianti. Allo stesso modo, la configurazione irregolare del centro polifunzionale Onishi presenta una sovrapposizione di cristalli tale per cui, a seconda dei punti di vista, si hanno deformazioni variabili della lussureggiante natura circostante; un effetto visivo simile a quello dei padiglioni dell'artista americano Dan Graham. Uno dei riferimenti del progetto Onishi di Sejima è il convenience store (kombini), il tipico negozio che vende un po' di tutto — dal cibo ad altro — e che è stato citato come il nuovo modello architettonico giapponese, dagli anni Novanta in poi. Aperto 24 ore al giorno, questa innovativa interpretazione del negozio all'angolo non vende solamente prodotti d'uso quotidiano ma offre anche terminali informativi e una gamma molto ampia di servizi che vanno dal pagamento delle bollette, all'ordinazione di libri, biglietti per viaggi o concerti, oppure sportelli bancari automatici. Presenti ovunque nel Giappone contemporaneo, i 'kombini' sono architettonicamente caratterizzati da un ampio prospetto vetrato e costituiscono una nuova tipologia edilizia che è in qualche modo emblematica del nuovo stile di vita giapponese. Toyo Ito ad esempio ha paragonato la sua Mediateca di Sendai a un convenience store mediatico. Riferendosi dunque non tanto all'ideale modernista della fabbrica monofunzionale bensì allo spazio vetrato accattivante del convenience store, dove può aver luogo qualsiasi cosa. Quando Kazuyo Sejima lavorava nello studio di Toyo Ito fu soprannominata "Kombini Girl" per la sua sensibilità e apertura innovativa e infatti il centro polifunzionale Onishi è uno spazio di cristallo ancor più aperto ed esposto del convenience store. Inoltre, a differenza della maggior parte delle case e degli edifici pubblici giapponesi protetti da muri, il centro polifunzionale Onishi dà un colpo a questa tendenza verso gli spazi racchiusi evitando qualsiasi tipo di recinto. Come nel Museo d'Arte Contemporanea del Ventunesimo secolo di Kanazawa (Domus 876, Dicembre 2004) progettato da SANAA (Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa), l'interno è visibile dall'esterno dell'edificio e al tempo stesso i visitatori del museo possono guardare in tutte le direzioni, non solo grazie alle superfici completamente vetrate, ma anche perché non vi sono ostacoli visivi o fisici in tutto il sito. Gli studenti dalla vicina scuola elementare attraversano infatti lo spazio esterno in modo del tutto naturale, andando e venendo dalle classi. Nonostante oggi l'edificio sia denominato "Multipurpose Facility Onishi", vi è un dettaglio rivelatore: originariamente infatti il progetto s'ispirò al titolo del concorso "Onishi Indoor Plaza (tentative)" — Piazza Interna Onishi (provvisorio) — una metafora rivelatrice del senso di apertura che ha influenzato la fusione tra spazio interno ed esterno nel progetto di Sejima. Per quanto il manufatto costruito sia leggermente diverso dal progetto di concorso, l'immagine essenziale di un arcipelago di case a pianta libera rimane invariata. Infatti mentre passeggiavo attorno all'edificio vi erano dei momenti in cui non avrei saputo dire se ero all'interno o all'esterno. Non a caso diversi tipi di eventi pubblici – performance di canto tradizionale, dimostrazioni di T'ai Ch'i, mostre di calligrafia, concerti, classi per la terza età – accadevano mentre il pubblico si muoveva liberamente; dev'essere stato divertente vedere le reazioni delle persone che si trovano di colpo separate, ma faccia a faccia; oppure apparentemente lontane eppure all'interno dello stesso spazio. L'effetto illusorio dei vetri e della trasparenza può essere addirittura disorientante. Durante la mia visita, si stava svolgendo nell'auditorium una lezione di ballo per adulti che mi permise di notare la particolare qualità acustica dell'ambiente. A causa della conformazione ricurva dell'edificio potevo guardare oltre il vetro direttamente nell'auditorium senza sentire nulla, mentre nella zona dell'ingresso — dove invece la sala non era neppure visibile — il suono si percepiva forte e chiaro. Un primo piano distante o qualcosa di lontanamente vicino? Il paesaggio di cristallo si schiude cambiando la percezione delle distanze.

Taro Igarashi Architetto e critico dell'architettura. Nato nel 1967 a Parigi, attualmente svolge l'incarico di Assistant Professor alla Tohoku University. Insegna anche alla Facoltà di Belle Arti dell'Università di Tokyo e alla Yokohama National University. I suoi scritti comprendono Architectural Endings, Architectural Beginnings e New Religions and Mega-Architecture.
L’uso del vetro per tutte le superfici verticali risulta 
in un edificio visivamente permeabile, simile ad un padiglione, che sembra dematerializzarsi nel suo contesto
L’uso del vetro per tutte le superfici verticali risulta in un edificio visivamente permeabile, simile ad un padiglione, che sembra dematerializzarsi nel suo contesto

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