Domus 1043. David Chipperfield: “Ci serve una visione per l’abitare”

Nel suo editoriale per il numero 1043 di Domus, David Chipperfield descrive l’edilizia residenziale come “fondamentale per la struttura sociale di ogni ambiente urbano”.

Domus 1043

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1043, febbraio 2020

Entrando a Londra da ovest è impossibile ignorare la Grenfell Tower, la torre per alloggi popolari alta 27 piani devastata nel 2017 da un incendio durato 60 ore, che è costato la vita a 72 persone e ha causato un numero altrettanto elevato di feriti. Coperto ora da un telone bianco, questo angosciante monumento non evoca solo regolamenti inadeguati e manutenzione insufficiente, ma è anche un simbolo delle disuguaglianze sociali e dell’indifferenza che permea molte città del mondo.

Nel frattempo, in altre parti di Londra sorgono nuovi lussuosi grattacieli, simboli dello sfruttamento del valore dei terreni edificabili e degli investimenti globali. L’evidente assenza di strategie di pianificazione è tipica di questo tipo di progetti d’investimento residenziale. Sebbene singolarmente questi edifici abbiano ambizioni architettoniche e siano ben costruiti, essi si sottraggono alla costruzione di una città sana, che richiede una dimensione sociale, nonché benessere, sicurezza e servizi per ogni suo abitante. Dato che questi progetti sono normalmente protetti dai loro presupposti commerciali, potremmo aspettarci che manifestino con più chiarezza il loro contributo all’identità dell’ambiente urbano; invece, rimangono confinati nei propri criteri di mercato.

Ancora più critica della loro mancanza di qualità sul piano urbano è la tendenza all’isolamento fisico e sociale. Questa separazione dal tessuto circostante amplifica l’idea della città non come un territorio fisico connettivo con soglie permeabili e vibranti sovrapposizioni, in cui persone di diversa provenienza possono mescolarsi liberamente, ma piuttosto come una serie di zone definite da criteri economici e risultati commerciali. Questo può essere confortante per chi vive all’interno del quadro, ma non offre alcun modello per quanti se ne trovano estromessi.

L’edilizia residenziale è fondamentale per la struttura sociale di ogni ambiente urbano. Se le città devono fornire un ambiente fisico positivo, allora devono essere modelli d’inclusione. Devono essere pianificate con consapevolezza e il risultato dovrebbe essere determinato da motivazioni che oltrepassino l’aspetto finanziario.

Il carattere di un insediamento è in gran parte definito dal modo in cui le persone vivono al suo interno e l’edilizia residenziale è fondamentale per la struttura sociale di ogni ambiente urbano. Se le città devono fornire un ambiente fisico positivo, allora devono essere modelli d’inclusione. Devono essere pianificate con consapevolezza e il risultato dovrebbe essere determinato da motivazioni che oltrepassino l’aspetto finanziario. Questo perché l’alloggio non è un bene di consumo, ma è anzi fondamentale per la nostra identità. Eppure, le città di oggi sono divise socialmente ed economicamente come non mai.

Oggi gli alloggi di qualità a un prezzo accessibile non sono una priorità del mercato, né sembrano essere considerati una responsabilità pubblica . Il libero mercato ha la capacità di essere inventivo e intraprendente, eppure nel caso dell’edilizia residenziale rimane sciatto e conservatore. Gli anni del Dopoguerra hanno visto una grande innovazione nell’edilizia popolare – e in effetti in questo ambito è stata generata l’architettura più interessante. Certo, molti alloggi erano mal concepiti e costruiti o mantenuti, tuttavia altri esempi dimostravano idee al di là della semplice funzionalità. Ma le proposte coordinate che considerano l’abitazione come un diritto, nonché un elemento-chiave nella costruzione di una società migliore, sono state largamente disattese.

Quella degli alloggi è una delle maggiori sfide del nostro tempo: secondo le Nazioni Unite, oltre il 50 per cento della popolazione mondiale vive in città e di quel numero una percentuale inaccettabilmente alta vive in situazioni precarie. Questo problema non può più essere definito temporaneo, né è limitato ai Paesi “in via di sviluppo”. Questo mette alla prova le nostre idee convenzionali sulla città minacciando il diritto fondamentale all’alloggio dignitoso.

Come scrive Paolo Berdini riguardo la scena italiana (pagina 11), costruire un numero sufficiente di alloggi richiede ovunque una contrattazione continua tra le parti interessate, nonché soluzioni sensibili e basate sul contesto. Gli schemi abitativi di successo richiedono di tornare a riconoscere i valori fondamentali di luogo, ambiente e comunità. Sebbene ciò non possa compensare le questioni legate a salute, sicurezza o istruzione – tutti temi di cui i nostri politici e leader devono essere ritenuti responsabili – può almeno aiutare a costruire un senso di appartenenza.

La necessità di fornire alloggi e costruire comunità implica un confronto con le sfide ambientali che ci attendono. La costruzione irresponsabile di alloggi a bassa densità su terreni periferici e verdi è motivata dalla convenienza e dall’impresa transazionale a scapito delle risorse naturali

La necessità di fornire alloggi e costruire comunità implica un confronto con le sfide ambientali che ci attendono. La costruzione irresponsabile di alloggi a bassa densità su terreni periferici e verdi è motivata dalla convenienza e dall’impresa transazionale a scapito delle risorse naturali. Nel frattempo, nelle nostre città la costruzione sconsiderata di blocchi abitativi ripetitivi porta alle baraccopoli di domani. Le nostre soluzioni attuali non sono né appropriate né sostenibili.

Il settore privato, se lasciato libero di utilizzare i suoi strumenti, non si assumerà alcuna responsabilità per la pianificazione o per l’istituzione di tipologie che privilegino la coesione sociale. Inoltre, a livello planetario vediamo pochi segni del tipo dell’impegno e dello stimolo politico richiesti. Non possiamo però continuare solo a immaginare che tra la speculazione sugli investimenti di lusso e il riparo di fortuna si possano costruire case per le persone e nutrire le comunità sostenendo le risorse del pianeta.

Solo se affrontiamo seriamente la questione degli alloggi – e in particolare degli alloggi popolari – possiamo iniziare a misurarci con la doppia crisi della disuguaglianza sociale e ambientale. Come architetti, urbanisti e designer sappiamo che sia la progettazione del nostro ambiente sia quella dei nostri alloggi sono fondamentali per la nostra vita. Non serve ricordare che abbiamo un ruolo significativo in questo ambito. Per troppo tempo abbiamo assistito a tutto ciò da spettatori, esclusi dal processo a causa dell’isolamento politico o della complicità commerciale, convinti del nostro distacco impotente e senza speranza. Se non affrontiamo noi questa sfida, chi lo farà?

Immagine di apertura: Thomas Struth, Via Monte Cardonet, Rome 1988, dettaglio. Stampa su gelatina argento, 66 x 84 cm. Foto © Thomas Struth

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