Bjarke Ingels dedica il suo ultimo Domus all’immateriale

Dalle facciate disegnate da Jean Nouvel, passando per i progetti “figurativi” di Herzog & de Meuron fino alle architetture digitali di Refik Anadol: con il numero di novembre Bjarke Ingels conclude il suo percorso come guest editor di Domus 2025.

Questo è il mio numero conclusivo come guest editor di Domus. Il 2025 è stato un anno di odissea materialista nell’architettura, nell’arte e nel design. Un promemoria del fatto che la società prende forma dai materiali che raccogliamo e manipoliamo per creare il mondo in cui vogliamo vivere. Il nostro viaggio è partito dalla pietra e dalla terra, passando per il metallo e il vetro fino al legno e al tessuto, per arrivare al materiale vegetale e a quello riciclato. Come tappa finale abbiamo scelto l’immateriale, in controtendenza con l’intero anno, con progetti svincolati dal loro supporto fisico.

L’antitesi di materiale solido è astrazione immateriale. Parlando di oggetti indipendentemente dal loro supporto fisico e dalla loro origine, questo numero esplora il massimo livello di astrazione, dove esso viene estromesso da ogni tipo d’espressione. Come l’uso dell’iconografia di Jean Nouvel, che sostituisce intere facciate e superfici con immagini. Un processo progettuale che migra in Photoshop, con l’immagine come origine, invece che come rappresentazione, e con il processo architettonico che diventa la traduzione materiale dell’immagine originaria in realtà. Nella loro fase di sovrapposizione delle immagini, Herzog & de Meuron, riducevano la forma di un edificio al minimo indispensabile per convertire le facciate in figurazioni che mettevano sullo stesso piano vetro e calcestruzzo: una tela da iconografia d’arte. Jeffrey Kipnis, nel suo articolo The cunning of cosmetics (1997) la definisce architettura anoressica.

BIG, assonometria della struttura del padiglione della Danimarca all’Expo di Shanghai, BIM, 2010. Courtesy BIG – Bjarke Ingels Group

L’immateriale può anche essere inteso come elemento senza sostanza del mondo naturale, come la luce, il suono, la temperatura, la gravità o lo spazio. Artisti come Olafur Eliasson e Studio Drift scoprono il modo di rendere evidenti luce, colore e temperatura, oppure di catturare e riprodurre l’impatto percettivo degli stormi di storni o delle foglie portate dal vento. Infine, l’immateriale può essere inteso come progetto e intelligenza applicati, nella loro forma più pura, alla sfera del virtuale. Mio figlio Darwin questo mese compie sette anni e, nel quadro della sua crescita cognitiva, ha trasferito la sua passione per il Lego al mondo virtuale scoprendo Minecraft che, secondo me, è quanto di più vicino abbiamo a un mondo speculare desiderabile e abitabile. Insegna alle giovani menti come tutto ciò che diamo per scontato richieda di essere finanziato o scava-to, raccolto, trattato e ricombinato per diventare strumento e tecnologia utile. In quanto tale, richiede dedizione, sforzo, pazienza e perseveranza – per non parlare di intelligenza – in misura tale da far apparire i giochi da computer della mia infanzia come dei Pac-Man, in confronto a quello che mio figlio e la sua generazione riescono a manipolare nella loro mente.

L’antitesi di materiale solido è astrazione immateriale. Parlando di oggetti indipendentemente dal loro supporto fisico e dalla loro origine, questo numero esplora il massimo livello di astrazione.

Sarebbe quasi anacronistico far passare un’intera stagione di Domus senza interpellare la più recente protagonista della scena del design e dell’arte mondiali: l’intelligenza artificiale. Mentre tutti noi fatichiamo a scoprire il nostro ruolo di progettisti – e anche di Homo sapiens – in un mondo crescentemente guidato da un’IA sempre più potente e diffusa, mi capita di considerare il mio personale percorso evolutivo di architetto sulla falsariga di ciò che ci aspetta tutti nel prossimo futuro.

Da ragazzo, disegnavo con matite e acquerelli. All’Accademia di Belle Arti ho dovuto imparare a farlo con righelli e linee precise. Ho perso certe sensazioni che provavo con le matite, ma mi si è aperto un mondo di possibilità per costruire prospettive multiple e assonometrie misurabili. Poi sono passato al computer e ho imparato a disegnare con il mouse. Ho perso la tattilità della penna fisica sulla carta, ma ho scoperto modelli 3D, mappature dei materiali, scelte di illuminazione naturale, trame delle superfici e spazio.

Oggi disegno con 700 brillanti belle persone. Ho perso il controllo della mano sulla matita, ma ho guadagnato un universo di possibilità interagendo con tutti i miei esperti e attenti creatori di forme. Ci ho messo 25 anni a riunire una squadra di progettisti dotati di intelligenza naturale. Oggi ogni giovane laureato ha a portata di mano il potere produttivo e creativo di un colosso mondiale di progettisti, ingegneri, registi, ricercatori e via dicendo, dotati di intelligenza artificiale. Benché sia difficile continuare a credere nel perdurare della nostra importanza, non c’è dubbio che l’IA prometta una nuova uguaglianza, una in cui la capacità creativa non sia vincolata a ricchezza, età, cultura e nemmeno intelligenza.

Domus 1106, novembre 2025

In apertura del numero, Tobias Rees analizza la computazione quantistica e la coscienza. David Sheldon-Hicks racconta come le celebri narrazioni del grande schermo descrivono il futuro.
Abbiamo poi incontrato Olafur Eliasson per parlare dei suoi lavori che rendono tangibile l’immateriale. 
Matt Shaw descrive Sphere di Populous come specchio di una sorta di fase finale dell’architettura, in cui ogni superficie viene sopraffatta dal contenuto effimero. AquaPraça di Höweler + Yoon e Carlo Ratti Associati è una piazza galleggiante che materializza l’intangibilità dell’innalzamento del livello delle acque. Casa Camiral di Fran Silvestre Arquitectos è antitettonica, immateriale e rende la costruzione indistinguibile dalle rappresentazioni astratte, sfumando la distinzione tra narrazione e fattualità. La casa Yuputira di Mariko Mori fonde candide finiture astratte e geometrie curvilinee, dissolvendo forma e sostanza. Carlos Bañón e Daeho Lee sono tra i primi pionieri dell’esplorazione del potenziale estetico dell’IA come fonte di autorialità, mentre Delfino Sisto Legnani documenta la realtà fisica delle sue infrastrutture.

La materializzazione del mondo virtuale di Refik Anadol rappresenta la futura frontiera dell’architettura, dell’arte e del design. Si passa dal quarzo ai quanti.

Nendo riduce al minimo l’impiego dei materiali arrivando ai loro limiti fisici. Il progetto di Retinaa per il nuovo passaporto svizzero esplora invece la complessità grafica al servizio della sicurezza. Humans since 1982 fonde analogico e digitale nella creazione di opere d’arte che danno rilievo al tempo. Team-Lab sperimenta l’immersività con le sue opere d’arte abitabili, mentre Reuben Wu schiera dei droni per disegnare cattedrali di tempo e di luce. Con i loro Molecular Landscapes, Evan Ingersoll e Gaël McGill danno tangibile realtà meccanica ai complessi processi interni delle cellule viventi. Zimoun usa materiali ready-made per materalizzare l’udibile e Anton Repponen distende il tempo in istantanee, alla Mondrian, di momenti quotidiani. Ralph Nauta e Lonneke Gordijn analizzano il carattere ossimorico della loro opera, all’incrocio tra libertà e controllo, natura artificiale e massa senza peso. Infine, Refik Anadol dà forma materiale al digitale con il suo libero flusso di composizioni generate dall’IA. Nella sua copertina, usa gli LLM, i modelli linguistici di grandi dimensioni, per creare artificiali costellazioni corali che ci rammentano le somiglianze tra gli algoritmi naturali dei sistemi viventi e il calcolo digitale dell’hardware informatico. In un certo qual modo, secondo me, la materializzazione del mondo virtuale di Anadol rappresenta la futura frontiera dell’architettura, dell’arte e del design, e rende immateriale l’ovvio finale della nostra odissea dei materiali. Si passa dal quarzo ai quanti. Da quando faccio l’architetto, abbiamo compiuto grandi balzi in avanti grazie alla diffusione di CAD e BIM. Il grado di raffinatezza nella simulazione, nella modulazione e nella documentazione è migliorato continuamente.

Bjarke Ingels. Foto Claus Troelsgaard

Eppure, quando arriva il momento di costruire, nella maggior parte dei casi stampiamo ancora grandi cianografie destinate a chi lavora di martello. Il nostro progetto del Padiglione della Danimarca all’Expo di Shanghai è stato interamente disegnato e documentato in BIM, con tolleranze millimetriche, ma nonostante le rassicurazioni dei costruttori, quando venne il momento di realizzare la trave scatolare curva gli schemi a stampa vennero trasferiti a mano con il gesso sulla lamiera d’acciaio, e poi tagliati e saldati manualmente. La precisione e la raffinatezza dell’immateriale si disintegrarono al primo contatto con il mondo materiale. Una perdita di fedeltà che, infine, venne rimessa in forma a gran colpi di mazza. Oggi, a quanto pare, siamo al culmine della diffusione di agenti robotici nella vita quotidiana.

Herzog & de Meuron riducevano la forma di un edificio al minimo indispensabile per convertire le facciate in figurazioni che mettevano sullo stesso piano vetro e calcestruzzo: una tela da iconografia d’arte.

Auto Waymo senza conducente in California, Roomba e tagliaerba, Optimus di Tesla, stampanti 3D casalinghe di Icon. Quando la fabbricazione e la costruzione dei robot avranno raggiunto la scala adeguata, saremo in grado di spostarci senza soluzione di continuità dai dati alla materia, senza perdita di definizione nella traduzione. L’IA nel mondo dei materiali rimedierà anche alle sconcertanti carenze della sua attuale capacità di progettare e capire l’architettura. I modelli linguistici di grandi dimensioni sono brillanti solo quando hanno buoni dati. Un testo è il risultato finale di un testo, un’immagine è il risultato finale di un’immagine. La rappresentazione di un edificio sta però  all’insieme dell’edificio come la foto di una pietanza sta al cibo che raffigura: non dice nulla del gusto e della grana, del sapore e della soddisfazione di ogni boccone. Per comprendere un’opera d’architettura, vanno collegati tra loro la molteplicità dei punti dati, visivi e fisici, le piante, le sezioni, i modelli 3D, i campioni e le immagini dei materiali.

Gli LLM non dispongono ancora di dati coerenti, ma quando i nostri robot, bipedi e droni, percorreranno liberamente il mondo fisico, l’IA inizierà a capire il senso di architettura e urbanistica. Secondo me, è una delle più grandi frontiere che abbiamo davanti. In un certo qual modo, è la singolarità di Kurzweil per il mondo della creazione delle forme. Che cosa succede quando artificiale e virtuale prendono una dimensione fisica e hanno la possibilità di esplorare l’ambiente naturale e incidere su di esso? Portano l’immateriale nel mondo materiale. Immaterialismo. Essere guest editor del 2025 è stato un onore e un privilegio.
Grazie del vostro tempo e della vostra attenzione.
Bjarke Ingels per ora ha concluso.

Immagine di apertura: Bjarke Ingels Group per Artemide, lo spettro cromatico di Dusk, wall washer di BIG, 2025. Courtesy Artemide