Tabu, il futuro zero sprechi del colore nel legno

L’azienda leader nella produzione di piallacci tinti racconta le caratteristiche della nuova collezione, sviluppata anche in collaborazione con designer giovanissimi, e il suo impegno verso l’applicazione di un modello di economia circolare.

Un’azienda brianzola giunta alla terza generazione porta avanti la sua missione di ingegnerizzare la colorazione del legno. Andrea Tagliabue, vicepresidente di Tabu, introduce a DomusforDesign le innovazioni di processo sviluppate dalla sua filiera, tra cui l’ambizione di riutilizzare il 100% del legno arrivato in fabbrica grazie alla creatività e alla tecnologia.

Quando nasce la vostra azienda e come evolve nel corso della sua storia?
Tabu nasce nel 1927 da un'intuizione di Achille Tagliabue, mio nonno. Partendo dalla sua esperienza di lucidatore, ha cercato una soluzione che permettesse di colorare il mobile non una volta finito, bensì colorando il piallaccio (i fogli sottili ricavati dalla tranciatura del massello, n.d.r.) in tutto lo spessore. Un’innovazione, questa, che ha permesso di garantire l’uniformità e la replicabilità del colore sul legno, trasformando un prodotto manuale in un processo più industriale. Oggi Tabu vanta una collezione di 555 colori standard per una ventina di specie legnose che esporta in 60 paesi nel mondo. Il cuore della sua attività rimane lo sviluppo di piallacci tinti per supportare le esigenze dei progettisti, permettendogli di creare ambienti dove il colore può essere gestito e controllato.   

La vostra ultima collezione si chiama “Rethinking the future”- Anthology One e si ispira agli obbiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite per il 2030. Come riflette il vostro impegno per un prodotto più sostenibile?

La collezione è nata all'interno di un percorso ben più complesso che impegna Tabu a realizzare dei prodotti che seguono il modello dell’economia circolare. Oggi quando parliamo di legno si tende a scegliere il legno più bello, escludendone magari certe tipologie perché la venatura non è dritta. Noi abbiamo scelto un legno un po' meno perfetto, rielaborandolo con il design e la tecnologia: se prima da un tronco riuscivamo a utilizzare il 50%, stiamo cercando di arrivare al 100% di quello che ci arriva in fabbrica. Un altro percorso importante riguarda l’utilizzo di tutto il legno che in precedenza veniva scartato perché sotto misura o di difficile lavorazione e che oggi stiamo proponendo in diversi formati. Per fare un esempio, nella collezione Biodiversity riutilizziamo fino a venti specie legnose nello stesso pannello.

 

Quali sono le ultime novità di prodotto lanciate con “Rethinking the future”?
La collezione è suddivisa in due grandi gruppi. Il primo è quello dei Graffiti, ossia tutti prodotti che vengono realizzati tramite intarsi industriali con diverse specie legnose. Quindi abbiamo la famiglia dei multilaminari di ultima generazione, legni dove previa incollatura di lamine sottili tinte singolarmente è possibile creare geometrie e disegni controllati. Ne è un esempio City Vibes, un prodotto ad “effetto barcode” per la scelta cromatica del bianco e del nero. A questi si aggiunge la linea dei piallacci naturali, dove invece la venatura è controllata da madre natura. 

Tondo Tondo
L'intarsio Tondo Tondo, di Nicola da Dalto, progetto vincitore del concorso IDEASxWOOD di Tabu per la categoria studenti, ora prodotto nella collezione Rethinking the future - Anthology One.

L’intarsio Tondo Tondo è l’esito della collaborazione con un giovane designer, Nicola da Dalto, vincitore del concorso IDEASxWOOD di Tabu dello scorso anno. 

Tondo Tondo è il vincitore del contest nella categoria studenti. In questo caso il designer ha capito il nostro concetto di utilizzare il legno di piccole misure, e ha creato un modulo intercambiabile ispirato alle ceramiche di Gio Ponti dell’Hotel Parco dei Principi di Sorrento. Il modulo è lungo 40 cm e quindi anche i legni che altrimenti non potrebbero essere utilizzati trovano qua il proprio sfogo. 

 

Punto Glitch
Il piallaccio multilamellare Punto Glitch, un progetto della designer Clémence Plumelet

Per il piallaccio multilaminare Punto Glitch avete invece collaborato con la designer Clémence Plumelet per trasporre in ambito industriale l’antica tecnica del mosaico di paglia.
Clémence Plumelet è partita dall’idea delle marqueterie per farci sviluppare un multilaminare dove il punto fosse rappresentativo di questa tecnica artigianale. Il glitch nella terminologia informatica è errore: quello che abbiamo cercato di rappresentare è infatti un grande errore di colore. Il prodotto è pensato anche in un’ottica di sostenibilità: i 20 colori base con cui è stato sviluppato non sono stati prodotti ex novo, ma scelti dalla designer tra le giacenze di magazzino.

Siete distribuiti in oltre 60 paesi. Quali sono i segnali più interessanti che vi arrivano dalle realtà con cui collaborate nel mondo?
I nostri piallacci possono essere utilizzati su tantissime superfici, dal mobile, ad una pannellatura, fino all’interno di un’automobile: gli interni della Tesla Model 3, per fare un esempio, sono tutti fatti da noi. Sicuramente il percorso che abbiamo intrapreso con il nostro concorso ci permette di intercettare gli spunti dei giovani progettisti, che spesso dimostrano una freschezza mentale illimitata. Per l’edizione 2020 del contest abbiamo raccolto oltre 460 candidature. L’anno scorso erano 183 e questa impennata rappresenta per noi una cosa importantissima: ogni progetto è un’occasione per intercettare lo sguardo di un designer, e per mettere un piccolo seme tra le possibili archistar del futuro.

Non è un grande momento per l’automotive e non solo. 

Il momento è certamente particolare. Noi ci rivolgiamo ad un mercato medio alto che sta soffrendo meno, ma la congiuntura resta difficile, bisogna prestare la massima attenzione e bisogna essere molto positivi. 

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