Una cintura alberata che attraversa l’Africa da ovest a est

La Grande Muraglia Verde è il visionario progetto che punta a contrastare l’inaridimento del suolo con l’aiuto delle comunità locali e il supporto di importanti organizzazioni intergovernative.

Una cintura alberata di 8.000 chilometri, tre volte più estesa della Grande Barriera Corallina, attraverso l’Africa da est a ovest entro il 2030. La Grande Muraglia Verde (Ggwi), progetto guidato dall’Unione Africana con il supporto delle più importanti organizzazioni intergovernative al mondo, continua a essere il movimento più visionario del nostro tempo. Lanciato nel 2007, prevedeva inizialmente
la piantumazione continua di milioni di alberi su una striscia larga 15 km dal Senegal al Gibuti. Dal 2013 il progetto è stato integrato con un programma di gestione sostenibile dell’ecosistema e di miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni rurali colpite dall’inaridimento del suolo.

Gli obiettivi includono il ripristino di 100 milioni di ettari di terreno, la cattura e lo stoccaggio di 250 milioni di tonnellate di Co2 attraverso la vegetazione e la creazione di 10 milioni di posti di lavoro nelle aree rurali, contribuendo al contempo al fabbisogno alimentare in una delle regioni più malnutrite del mondo. Insomma, la Grande Muraglia Verde comprende ora anche diversi progetti guidati dalle comunità, in particolare nel campo dell’agricoltura rigenerativa.

Ma a che punto siamo con la piantumazione? A oggi, la Grande Muraglia Verde ha contribuito a piantare oltre 100 milioni di alberi e a ripristinare oltre 18 milioni di ettari di terreno, ma solo il 20% è stato realizzato. “Non c’è dubbio che i progressi e i risultati ottenuti nell’ultimo decennio potranno essere consolidati e incrementati solo attraverso un forte sostegno continuo”, ha dichiarato il Fondo mondiale per l’ambiente (Global Environment Facility, Gef), organizzazione che gestisce finanziamenti dedicati a contrastare la perdita di biodiversità,
i cambiamenti climatici e l’inquinamento, e che è un partner strategico della Ggwi.

Il Gef in passato ha riunito infatti in Germania i leader nazionali presso la sede della Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione, coinvolgendo la Banca Mondiale e altre organizzazioni internazionali, fornendo più di 800 milioni di dollari in sovvenzioni; questi investimenti hanno mobilitato altri 6 miliardi di dollari da parte di governi nazionali e partner di sviluppo. Secondo il Gef, la Ggwi è un progetto vincente perché utilizza un “approccio paesaggistico integrato» che consente a ciascun Paese di affrontare il degrado del territorio, l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici, la biodiversità e la selvicoltura nel proprio contesto locale.

Lo stress idrico, ovvero la carenza di acqua in certe aree del Pianeta, riguarda un terzo della popolazione mondiale.

La Grande Muraglia Verde sta mettendo quindi radici nella regione africana del Sahel, ai margini meridionali del deserto del Sahara, uno dei luoghi più poveri del pianeta. Più che in ogni altra parte del mondo, il Sahel è tra i più colpiti dal cambiamento climatico: milioni
di persone stanno già affrontando il suo impatto devastante. Siccità persistente, mancanza di cibo, conflitti per la diminuzione delle risorse naturali e migrazioni di massa verso l’Europa sono solo alcune delle conseguenze. Del resto, lo stress idrico, ovvero la carenza di acqua in certe aree del Pianeta, riguarda un terzo della popolazione mondiale. Dal 2000 le zone aride del globo sono aumentate di circa il 30%.
E tra il 1979 e il 2019 si possono stimare circa 650mila morti a causa della siccità nel mondo.
 


Jean-Marc Sinnassamy, esperto ambientale del Gef,
ha ribadito che la Grande Muraglia Verde è molto più che una semplice piantumazione di una striscia di alberi in tutto il continente africano: “Non è mai stata questa la nostra visione. In Niger, Mali e Burkina Faso la rigenerazione naturale gestita dagli agricoltori ha dato grandi risultati. Vogliamo replicare e incrementare questi obiettivi raggiunti anche altrove. È possibile ripristinare gli alberi e le pratiche agroforestali in un ambiente senza la piantumazione”. Sinnassamy ha sottolineato anche un’altra percezione errata che riguarda l’iniziativa. “Non stiamo combattendo il deserto. Nella maggior parte degli 11 Paesi coinvolti, esso non sta avanzando. Certo, ci sono alcune aree ai margini - ad esempio in Senegal, Mauritania e Nigeria - dove si verificano spostamenti di sabbia. Ma da un punto di vista geografico, nel tempo
il deserto è rimasto relativamente stabile in quest’area”.

“Ci sono molte meraviglie nel mondo, ma la Grande Muraglia Verde sarà unica e tutti potranno essere parte della sua storia. Insieme, possiamo cambiare il futuro delle comunità africane del Sahel”, ha dichiarato Dlamini Zuma, presidente della Commissione dell’Unione Africana, sottintendendo che i Paesi europei dovrebbero accelerare i processi di realizzazione dei propri impegni ambientali al fine di contribuire concretamente alla realizzazione della Grande Muraglia Verde.
Affinché non resti solo un grande sogno.

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